Adelaide (Australia) – Le “dipendenze” dalle tecnologie sembrano essere diventate il nuovo patema internazionale. Dopo quelle da videogioco , adesso la Flinders University di Adelaide suona l’allarme per quelle da Web. In un recente studio condotto su 114 scuole australiane, fra pubbliche e private, sono state riscontrate nella maggior parte degli studenti patologie da dipendenza psicologica dovute alla Rete.
Il Professor Mubarak Ali, docente presso l’università, ha evidenziato analogie fra la dipendenza da web-sfera e quella da gioco d’azzardo. “L’abuso di sostanze è visibile. Le dipendenze psicologiche, invece, sono più difficili da individuare. Sono causate dal desiderio di piacere e soddisfazione, come avviene nella vittoria con il gioco d’azzardo, quello videoludico o quando si vuole proiettare l’immagine preferita di se stessi nelle chat”, ha dichiarato Ali. La ricerca ha riscontrato che il 7% dei teenager, fra i 13 e 17 anni, ha la sensazione di “star per diventare dipendente dal Web” e il 26% ha ammesso di utilizzare quotidianamente la Rete come strumento chiave per la propria vita.
“I teenager hanno dichiarato di navigare online liberamente senza alcuna supervisione da parte dei genitori e senza alcun tipo di filtro software che limiti l’accesso ai siti con contenuti per adulti. E’ evidente un gap generazionale per quanto riguarda il Web. Meno del 7% dei ragazzi ha dichiarato che i genitori sono a conoscenza della loro frequentazione delle chat. Contro il 40% delle ragazze”, ha aggiunto Ali.
“Tutto questo avviene malgrado le chat siano un luogo anonimo dove tutte le debolezze umane possono essere espresse senza limitazioni, incluso il cyber-sex e lo scambio di pornografia. E’ uno stereotipo culturale considerare i maschi capaci di badare a se stessi. Non abbiamo riscontrato differenze di sesso nelle problematiche psicologiche che colpiscono gli adolescenti”.
Secondo Ali, sia i maschi che le femmine sono lasciati soli con le loro emozioni, e quindi spesso si rendono particolarmente vulnerabili all’abuso e allo stress del cyber mondo. All’inizio dell’anno l’ Australian Medical Journal aveva reso noti i risultati di un’indagine riguardante la fruizione dei media da parte dei teenager. Ebbene, un giovane australiano spende più di sei ore al giorno guardando televisione, navigando online e utilizzando funzioni di messaging.
Secondo numerosi esperti le stesse chat room ridurrebbero il livello di interazione fra i giovani e le famiglie, danneggiando la coesione e stimolando l’isolamento . Elementi che anticipano il possibile avvento di problemi psicologici, compresa la depressione.
Se i dati dell’indagine australiana vengono confrontati con quelli rilasciati dell’ Eurispes e di Telefono Azzurro non si possono che notare differenze sostanziali. Il 44,3% dei teenager italiani (12 – 19 anni) non si connettono al Web quotidianamente, il 9,7% lo fa dai 5 ai 30 minuti al giorno, il 10,2% da 30 minuti ad un’ora al giorno, il 7,5% da 1 a 2 ore al giorno, il 3,2% da 2 a 4 ore al giorno, il 4,3% oltre 4 ore al giorno. Anche nel consumo televisivo i dati sembrano non essere allarmanti: il 51,2% del campione guarda la televisione da 1 a 3 ore al giorno, il 19,3% invece per meno di un’ora, il 12,8% da 3 a 5 ore, il 10,1% non guarda la televisione tutti i giorni, il 5% la supera le 5 ore al giorno.
Tutto questo è un chiaro esempio di come il consumo “mediatico” sia correlato alle varie realtà nazionali, quindi sociali. In Italia forse il problema del digital divide non pone ancora i teenager “in pericolo”, come sostiene l’indagine della Flinders University, ma lascia aperto il problema della cultura digitale : ancora oggi c’è chi ritiene pericolose le nuove tecnologie e non mattoni fondamentali per la crescita di un individuo che voglia interfacciarsi con una società sempre più.. digitale.
Dario d’Elia