Bullismo cyber, responsabilità e soluzioni

Bullismo cyber, responsabilità e soluzioni

di V. Frediani (Consulentelegaleinformatico.it) - I comportamenti messi in atto attraverso l'uso delle nuove tecnologie perlopiù a scuola sono spesso reati che hanno delle conseguenze. Anche per le scuole. La Direttiva Fioroni
di V. Frediani (Consulentelegaleinformatico.it) - I comportamenti messi in atto attraverso l'uso delle nuove tecnologie perlopiù a scuola sono spesso reati che hanno delle conseguenze. Anche per le scuole. La Direttiva Fioroni

Il cyberbullismo – bullismo perpetrato con l’utilizzo delle nuove tecnologie – sta andando diffondendosi vertiginosamente, potendosi leggere sempre più frequentemente nelle cronache dei quotidiani, atti di violenza fisica o psicologica posti in essere da minori attraverso le rete internet o le risorse comunicative quali sms, mms, videoriprese. Lo scorso febbraio il Ministro Fioroni ha addirittura disposto l’attivazione di un numero verde a disposizione di minori, insegnanti e famiglie proprio per segnalare atti di questo genere: ebbene in un solo mese le chiamate sono state più di 600, e tutte contenenti segnalazioni di condotte piuttosto gravi. Gli esperti sul mondo dei minori lanciano un allarme più alle famiglie che alle scuole, perché le scuole sembrano purtroppo non riuscire ad arginare il fenomeno spesso sottovalutato proprio dal nucleo familiare, che anziché educare quasi giustifica la propria prole!

In tutto questo, il fenomeno di cyberbullismo è caratterizzato da un aspetto molto singolare, ovvero che la stragrande maggioranza dei reati commessi da questi minori viene perpetrato per il tramite del pc scolastico, andando a costituire uno strano parallelismo con la statistica che vuole che gran parte dei reati informatici siano commessi dagli adulti nei luoghi di lavoro, e non certo dalla postazione di casa: come dire che fuori dalle mura domestiche vi sia una maggiore spersonalizzazione della propria condotta consapevolmente negativa.

Lo scorso 15 marzo, il Ministero della Pubblica Istruzione ha emesso una direttiva specifica proprio per contrastare il cyberbullismo, ed è andato così a disciplinare l’utilizzo delle risorse informatiche e tecnologiche in generale, all’interno degli istituti scolastici. La direttiva ribattezzata Direttiva sul cyberbullismo è la dimostrazione di come il web e i mezzi di comunicazione a distanza, siano considerati strumenti essenziali dai giovanissimi nella vita di tutti giorni, essenziali anche per porre in essere violenze fisiche o psicologiche.

Anzitutto, la Direttiva dispone che sia trattato con estrema severità l’uso dei telefonini da parte di studenti (ma anche insegnanti) durante l’orario di lezione: è stato di fatto dimostrato come il videofonino in particolare sia strumento di enorme distrazione da parte degli alunni e costituisca quasi uno sprone a porre in essere atti eclatanti, mancando di rispetto agli insegnanti o facendo prepotenze ai propri compagni. Secondo la direttiva, in caso di violazione di questa regola (che per logica avrebbe dovuto vigere a prescindere dal Ministero!!!) le conseguenze devono essere irremovibili: sanzioni disciplinari sino ad arrivare anche ad un allontanamento dalla scuola stessa.

Secondariamente la direttiva propone la redazione di un regolamento interno alla scuola per disciplinare l’utilizzo delle risorse informatiche: e qui si apre un altro curioso parallelismo con gli adulti; è recente l’indicazione del Garante in materia di privacy circa la necessità, nel pubblico e nel privato, di redigere un regolamento informatico inerente all’utilizzo delle risorse informatiche (in particolare posta elettronica ed internet) da parte dei dipendenti all’interno della struttura lavorativa; in egual modo, il Ministero ha ritenuto doversi trattare l’utilizzo delle risorse informatiche messe a disposizione dalla scuola: entra così in gioco un primo aspetto prettamente giuridico della questione, ovvero l’obbligo di disciplinare da parte della scuola, il ricorso alla strumentazione, assumendosi così l’obbligo di vigilanza sull’idoneità dell’utilizzo .

Ad esempio, i computer messi a disposizione dei minori non dovrebbero essere liberamente accessibili per connettersi, ma la connessione dovrebbe comunque essere subordinata all’utilizzo di credenziali di autenticazione: né di più né di meno della regola prevista in caso di prestito dalla biblioteca scolastica, per cui per prendere un libro occorre preventivamente identificarsi ed assumersi una “responsabilità” di buon uso di quel testo. Già con l’utilizzo delle credenziali di autenticazione si ridurrebbe certamente quel concetto di spersonalizzazione che spinge molti minori ad utilizzare la rete scolastica per inserire via web riprese di atti vandalici, scaricare musica in violazione della legge a tutela del diritto d’autore, e magari divenire pure vittime di atti di pedopornografia: anche quest’ultimo aspetto poco “raccontato” dai media ma molto diffuso è sottovalutato, difatti molti minori subiscono il fascino della rete confidando nella “marcia in più” che ritengano possano avere gli adulti che navigano, instaurando spesso rapporti malati con soggetti che attraverso la rete reclutano minori per scopi tutt’altro che leciti.

Tutti questi aspetti non solo incontrerebbero un deterrente nell’obbligo di autenticarsi alla rete da parte del minore, ma certamente consentirebbero a chi mette a disposizione le risorse informatiche, di monitorare eventuali illegalità perpetrate da o su minori in rete. L’omissione da parte della scuola di un controllo del genere, inutile dire che genera indubbiamente una responsabilità giuridica per mancato controllo ed eventuali responsabilità anche in caso di danni civili, avendo messo a disposizione risorse a minori che devono comunque essere sorvegliati nelle attività realizzate nell’ambiente scolastico.

La direttiva introduce inoltre il cosiddetto patto di corresponsabilità spronando le scuole ad istituire con le famiglie un canale diretto per poter reciprocamente prendere atto dello sviluppo che il cyberbullismo sta vivendo, dovendo scuole e famiglia cercare insieme una soluzione o comunque avviare una “cura” per questa problematica. I genitori difatti sembrano rimanere soggetti un po’ ai margini della questione, che spesso derogano intermente alla scuola l’obbligo di educazione e correzione, e che sottovalutano nettamente le potenzialità negative dei figli in materia di cyberbullismo.

Questo sembra in molti casi trarre origine dall’ analfabetismo in campo informatico dei genitori : rappresentare ad un genitore che non ha dimestichezza con la rete, che un messaggio denigratorio pubblicato dal figlio su un blog in dispregio di un altro minore, non apparirà mai con la gravità effettiva, essendo spesso ritenuta la rete un mondo a sé con scarsa interazione con quello reale. Niente di più sbagliato. Chiedete ai genitori quanti monitorano le navigazioni dei figli verificando magari lo storico dei siti a cui i minori si sono connessi o comunque parlando dei pericoli della rete e cercando in qualche modo di educare all’utilizzo di internet: le statistiche ci dicono che i casi sono pressoché rari. Si va dal genitore che non se ne intende proprio, a quello che si fida troppo del figlio per controllarlo, a quello che internet non lo mette in casa, “così evitiamo il problema”.

Inoltre, i genitori spesso non si rendono conto che oltre al danno educativo, sono titolari della responsabilità giuridica per le condotte dei figli : se un minore pubblica su un blog dei commenti offensivi o immagini lesive della dignità di un minore, non si tratta di un gioco tra ragazzi, ma di reati, che in rete peraltro assumono una gravità ampliata dal mezzo comunicativo. Stesso concetto per l’mms inviato agli amici dove magari sono ripresi atti particolari tra minori: quante volte abbiamo sentito parlare di messaggi girati all’interno di una scuola e lesivi dell’onore, della dignità ed anche della sessualità di ragazzi e ragazze, che subiti atti del genere hanno poi serie difficoltà a reintrodursi nella vita scolastica: eppure raramente si pensa alle conseguenze che dovranno affrontare i genitori chiamati a rispondere degli atti dei figli.

Insomma, sembra proprio doversi prendere atto che il diritto e l’informatica non si incontrano più solo per disciplinare un contratto di licenza d’uso software, per transare su un dominio, per perseguire una truffa on line: ora le danze si aprono anche in materia di minori, di istituti scolastici tenuti a vigilare sfruttando le potenzialità delle risorse informatiche, di genitori che non possono permettersi di dire “non ci ho capito niente” quando si parla di internet o computer.

Non sarà certo una soluzione proibire il ricorso alla rete o fare terrorismo psicologico sui minori, ma certamente sarebbe consigliabile cominciare a capire che si sta assistendo a dei cambiamenti generazionali , dovendo prendere coscienza che da una parte occorre rispondere ai minori sulla base dell’obbligo educativo che hanno genitori ed insegnanti, e dall’altra bisogna rispondere alla società con gli obblighi giuridici che gravano sugli adulti.

avv. Valentina Frediani
Consulentelegaleinformatico.it

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Pubblicato il 3 lug 2007
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