Ho perso un pezzo di me

Ho perso un pezzo di me

di Marco Calamari - Diamo per scontati diritti civili, libertà di espressione e di movimento, privacy... E poi con un clic ci accorgiamo di aver perso qualcosa per strada. A chi affidiamo tutto di noi stessi?
di Marco Calamari - Diamo per scontati diritti civili, libertà di espressione e di movimento, privacy... E poi con un clic ci accorgiamo di aver perso qualcosa per strada. A chi affidiamo tutto di noi stessi?

Giovedì su PI è apparso un interessantissimo racconto in prima persona di un utente Gmail che, probabilmente ad opera di un ladro di identità, si è trovato improvvisamente nell’impossibilità di accedere a tutte le sue informazioni, sia mail che molto altro, a causa anche di un uso intenso delle possibilità offerte da Google.

La cosa si è poi risolta felicemente (e ci mancherebbe altro!) grazie al servizio clienti di Google, ma una frase contenuta nel racconto mi ha colpito moltissimo. A causa di una certa difficoltà a trovare le parole giuste, mi sono trovato spesso a raccontare l’importanza dell’identità digitale e di tutte le sue componenti (reputazione, autenticazione, informazioni in Rete, privacy etc.) con buone descrizioni tecniche ma senza trovare le parole giuste per trasmettere certe sensazioni ed emozioni. Le ho trovate improvvisamente lì sullo schermo, chiare, anzi di più smaglianti, e belle come solo la verità riesce ad essere.

Come spesso accade nella vita di tutti i giorni non percepiamo più l’importanza di cose normalmente disponibili fino a quando non ne veniamo privati improvvisamente. Succede con l’acqua potabile, l’energia elettrica, il collegamento alla Rete ma anche per cose che non sono risorse ma diritti civili, come la disponibilità di notizie non censurate, la libertà di espressione e di movimento, la reputazione, la privacy e le informazioni personali.

Diamo tutte queste cose per scontate. Ce ne accorgiamo solo quando ci mancano. E se per recuperare le risorse basta aspettare che riparino il guasto o pagare la bolletta, recuperare i propri diritti, i pezzi della propria identità digitale, le proprie informazioni puo’ essere molto difficile od anche impossibile.

L’esempio della persona citata non riguarda (per sua fortuna) una perdita irreparabile di libertà, cosa che invece sta succedendo lentamente a tutti giorno dopo giorno ma che non è l’argomento di oggi.

Il nostro ha perso semplicemente (e solo per un periodo) una parte rilevante delle sue informazioni personali; ne ha perso in effetti solo l’accesso, ma parlare di “informazioni inaccessibili” è una contraddizione in termini, che lasciamo volentieri ai fisici teorici.

Le parole che usa per descrivere quel momento sono perfette; sono parole di chi ha vissuto, non di chi vuole esprimere un concetto.

“Io ho affidato molto della mia vita ad una società in America che effettivamente offre servizi fantastici, ma che alla fine diventa davvero un grande fratello che ti accoglie sotto le sue braccia protettive e al quale affidiamo la nostra vita. Ultimamente mi fidavo tanto che lasciavo tutte le mie email sul server visto che lo spazio c’era e visto che utilizzo diversi computer. (…) Poi però se qualcuno riesce a rubarmi l’identità digitale non sono più in grado di rientrarne in possesso. (…) Intanto mi sento nudo, senza identità in mezzo al niente.”

Molti, incluso me, hanno più volte scritto di quello che Google rappresenta nella vita in Rete, e di come certe cose fantastiche e gratuite che vengono offerte somiglino, per le dipendenze che creano e per il potere che utilizzandole od accettandole si conferisce ad altri, ad un patto faustiano. Anche chi non ha letto il Faust di Goethe saprà che questo aggettivo cerca di descrivere cose che sotto l’apparenza di vantaggi enormi ed indubitabili possono nascondere svantaggi ancora più enormi ed ancora più certi. Questa storia di patto con il diavolo tra un utente candido ed una società che ha come motto “Don’t be evil” sembra un ossimoro e puo’ far sorridere.
D’altra parte vale sempre la pena di sottolineare che Google è comunque “il meglio fico del paniere” e che si parla solitamente di Google proprio perché “è il meglio dei peggio” e perché è usato da tutti.

Come concludere? La perdita di quello che abbiamo puo’ spesso essere prevenuta, ed il racconto ci deve servire di lezione. Avere (su proprie risorse informatiche affidabili) il controllo delle proprie informazioni personali è indispensabile per non correre rischi inaccettabili.
Nel caso descritto bastano un pc, conservare la posta in locale, qualche dvd per il backup e la volontà di farlo. Fatelo. Vedi caso, giusto ieri sera ho cancellato 3 anni di posta che tengo in linea, ed ho avuto le vertigini per diversi secondi prima di ricordarmi che con la cadenza (lenta al limite del troppo lenta) dei backup che avevo fatto non avevo in realtà perso niente.

Ma quando cose importanti ed insostituibili come i diritti e le libertà sono in pericolo, ed il Gentiloni od il Frattini di turno ci raccontano le belle cose che faranno per il nostro bene, non bastano pochi minuti di backup: ci vuole impegno, volontà di mettersi in gioco, di perdere molto tempo per spiegare, raccontare, cercare di reagire nelle (pochissime) sedi istituzionali, convincere amici e parenti. Altrimenti un giorno non lontano anche noi ci sentiremo nudi e senza identità, in mezzo non al niente ma ad una “nuova” società che non avremmo voluto e della cui costruzione non ci siamo, colpevolmente, neppure accorti.

Ma di questo tema ci occuperemo ancora la settimana prossima.

Marco Calamari

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Pubblicato il
12 ott 2007
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