Contrappunti.it/ Il dopo Napster

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di M. Mantellini. Abbonarsi a Napster per un fee mensile? Seguire l'esempio di fairtunes? Lanciarsi su Idealive.com? Quale che sia il futuro della e-musica c'è da chiedersi quale valore aggiunto possano offrire le majors della discografia
di M. Mantellini. Abbonarsi a Napster per un fee mensile? Seguire l'esempio di fairtunes? Lanciarsi su Idealive.com? Quale che sia il futuro della e-musica c'è da chiedersi quale valore aggiunto possano offrire le majors della discografia

Roma – Da quando è esploso il caso Napster, con tutto quello che ne è seguito in termini di contenzioso giudiziario, ma anche di innovazione (l’idea stessa del file sharing) e di popolarità, abbiamo ascoltato in genere solo due tipi di discorsi.

Da un lato, numerosa ed agguerrita, siede la folta schiera degli utilizzatori di Napster per i quali poter continuare a scambiarsi mp3 è una nuova battaglia di liberazione dal potere. Dall’altro i discografici e gran parte degli artisti più famosi congelati dalla impossibile aspirazione di un ritorno ai vecchi tempi in cui la duplicazione digitale era tecnicamente impossibile. Si tratta di un dialogo fra sordi e, nonostante tutto ciò sia più che evidente, il confronto è stato fino ad ora evitato.

Eppure prima o poi si dovrà cercare una qualche composizione.

Come non è pensabile che la musica digitale possa in futuro circolarsene libera per la rete Internet in spregio a qualsiasi sistema di riconoscimento economico per coloro che l’hanno prodotta (in senso lato), analogamente appare del tutto improbabile che l’industria discografica possa mantenere l’enorme capacità di controllo e i grandi margini di guadagno che ha avuto finora.

I sordi dovranno in qualche maniera abituarsi all’idea di comunicare coi sordi.

Nella rivoluzione che verrà, in ogni caso, sembra inevitabile un ridimensionamento consistente del guadagno derivante dalla distribuzione musicale dagli intermediari verso gli artisti. Troppa strada hanno fatto ormai le tecnologie di registrazione digitale fino a rendere quasi inutili i vecchi e costosi investimenti per l’affitto di studi di registrazione, missaggio e stampa del materiale musicale.

La manipolazione digitale del suono ha raggiunto ormai su piccoli sistemi quasi casalinghi la medesima qualità ottenibile in famose e irraggiungibili sale di registrazione newyorkesi o inglesi e molte delle ragioni che le case discografiche presentavano a giustificazione dei costi da loro sostenuti non hanno più ragione di essere. D’altro canto rimane, nudo e crudo, il divario fra quanto della vendita di un CD raggiunge l’artista e quanto invece resta impigliato nella fitta rete dell’intermediario.

Perfino nei casi di cantanti famosi e stimati (si veda al riguardo quanto affermato da Courtney Love riferendosi al fallimento di Toni Braxton nel piccolo j’accuse alle multinazionali del disco scritto per Salon qualche mese fa) spesso i conti non tornano affatto.

Tutto questo gli industriali del disco lo sanno; per questo gran parte delle censure alla ricerca di una soluzione vengano proprio da loro.

Non sarà facile da accettare ma la diffusione di Internet e la distribuzione diretta di files musicali agli utenti che tale diffusione consente, lasceranno dietro di sé, in tempi brevi, un paio di cadaveri. Il primo di essi è l’oggetto CD inteso come raccolta di canzoni (alcune belle alcune, la maggior parte, meno) da acquistare obbligatoriamente per intero; il secondo è la funzione di mediazione fra l’autore e il suo pubblico così vigorosamente esercitata fino ad oggi dalle case discografiche che, quando non scomparirà, ne uscirà fortemente ridimensionata.

E allora come retribuire equamente gli artisti nel momento in cui i vecchi dischi di nero vinile diventano fasci di bit ?

Un esperimento interessante e assai seguito in rete negli ultimi mesi è quello pensato da alcuni ragazzi canadesi sul sito www.fairtunes.com .

Si tratta di un sistema di retribuzione diretta dell’artista su base volontaria. Un piccolo plug in sul lettore mp3 consente di inviare il proprio contributo in denaro a fairtunes che provvede, dopo aver trattenuto una minima commissione, a girarlo all’artista. E ‘ ovvio che questo sistema non risolve da solo l’enigma su come retribuire equamente il lavoro artistico nell’era digitale. Tuttavia, se alla contribuzione volontaria si aggiungono altri sistemi diversi, quali per esempio la partecipazione economica degli ascoltatori alla produzione discografica con un meccanismo di “prepagamento” che rende gli ascoltatori investitori, (si veda al riguardo www.idealive.com ) o altri meccanismi completamente differenti come quello di legare un brano musicale ad un prodotto commerciale che ne sostenga i costi in cambio di pubblicità, si otterrà un ventaglio di opzioni (ed altre se ne aggiungeranno di certo) che soddisferanno un numero sempre maggiore di artisti agli esordi o già noti.

Senza dimenticare l’ipotesi, circolata nelle ultime settimane, di rendere sistemi come Napster a pagamento consentendone libero uso ai suoi utilizzatori in cambio di un contributo mensile, utilizzando un meccanismo già in uso per esempio nella TV a pagamento.

Qualunque sarà la strada che si intraprenderà, come ha ben scritto qualche settimana fa Esther Dyson, una delle più ascoltate consulenti di Clinton in materia di Internet e gran capo di ICANN, rimane una domanda a margine di queste valutazioni che non è ozioso porsi: “Qual è il valore aggiunto fornito dalle case discografiche?”.

Già. Qual è?

Massimo Mantellini

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Pubblicato il
30 ott 2000
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