Criticano pure il cellulare usa e getta

Criticano pure il cellulare usa e getta

di Alessandro Longo. C'è da rimanere perplessi di fronte alle critiche piovute sul cellulare Hop-On Wireless, un telefonino usa e getta che ora finisce nell'occhio del ciclone perché potrebbe addirittura favorire il terrorismo
di Alessandro Longo. C'è da rimanere perplessi di fronte alle critiche piovute sul cellulare Hop-On Wireless, un telefonino usa e getta che ora finisce nell'occhio del ciclone perché potrebbe addirittura favorire il terrorismo


New York (USA) – America, tempo di dibattiti e polemiche sulle nuove tecnologie: parte dell’opinione pubblica le teme, vorrebbe controllarle, paventa che dietro la garanzia dell’anonimato possa annidarsi il male, il terrorismo, ultima nemesi del mondo occidentale. È accaduto di nuovo quando la società Hop-On Wireless nelle scorse ore ha annunciato l’uscita del cellulare usa e getta, ora bersaglio di critiche da parte dell’opinione pubblica, accusato di poter diventare un facile strumento per i terroristi. Un cellulare che si usa e dopo si getta via potrebbe meglio garantire l’anonimato, dichiara qualcuno.

Questi cellulari sono dotati di un numero finito di ore disponibili per le telefonate, esaurite le quali vanno rimpiazzati; la prima versione di questo modello di cellulare può solo inviare chiamate, ma presto arriverà anche una versione più completa che permetterà anche la ricezione. Naturalmente, i telefonini usa e getta sono sprovvisti di tutti gli elementari servizi, di norma presenti anche sui cellulari più economici. Il prezzo di lancio previsto è di 30 dollari: i primi terminali usa e getta arriveranno negli Stati Uniti entro questo mese.

Si tratta di un prodotto, di cui si parla con ben altri toni già da molto tempo, che ha avuto la sfortuna di uscire in un periodo che non ha nulla di convenzionale: dopo le stragi di New York e Washington sembra che nulla possa più tornare come prima. Così il procuratore generale John Ashcroft e il direttore dell’FBI Robert Mueller, davanti al pubblico del TV Show “Face the Nation”, hanno puntato il dito contro i cellulari usa e getta: possono minacciare la sicurezza nazionale.

Pronta è giunta la risposta da parte dei produttori dei telefonini usa e getta: “Se Ashcroft ha detto che questi cellulari non sono buoni per il nostro paese, cosa dovremmo dire dei servizi di email gratuite o delle schede telefoniche? Se qualcuno vuole davvero celarsi al controllo del governo, userà una scheda prepagata in un telefono pubblico”. Questa difesa sostenuta dal portavoce della società offre il fianco a una replica: usare un telefonino usa e getta è certo più comodo, per chi vuole rimanere anonimo, che trovare una cabina pubblica.

Ma il punto della questione è in realtà un altro: in questi giorni è tornato attuale uno dei grandi problemi politici di tutti i tempi, ossia il rapporto conflittuale tra libertà (gli americani preferiscono chiamarla privacy) e la sicurezza.

L’FBI ha annunciato che cercherà di aumentare la sorveglianza sul traffico internet, imponendo un programma backdoor (chiamato Carnivore) sui server dei provider, utile a meglio monitorare le comunicazioni online; questo provvedimento ha un’eco anche in Italia, per voce del commissario dell’Autorità TLC italiana Alessandro Luciano, che ha dichiarato che il cyberspazio può essere controllato dalle istituzioni per favorire la tutela della sicurezza nazionale.

Il problema della difesa della libertà su Internet, sostenuta da pensatori come Stallman (padre del progetto GNU) e Barlow (fondatore di Electronic Frontier Foundation), investe temi ben più ampi; mettendo in discussione, infatti, la legittimità della libera espressione del soggetto, esercitabile anche attraverso tecnologie che ne tutelino l’anonimato e proteggano il contenuto del messaggio da ogni tipo di controllo, si può mettere a repentaglio la stessa libertà politica, sociale e morale dell’uomo.

Può la sicurezza fisica essere una ragione sufficiente per il sacrificio della libertà personale? Uno schiavo protetto vive meglio di un uomo libero esposto al rischio?

Il problema ha radici profonde: lo stesso filosofo Hegel ha affrontato la questione attraverso la trattazione della dialettica del “servo-padrone”, in cui si afferma che lo schiavo è proprio colui che ha rinunciato alla libertà in cambio della sicurezza di avere salva la vita in ogni caso. Creature prive di responsabilità, serene nell’ignoranza di sé e della propria libertà: questo si rischia di diventare, qualora le ragioni della sicurezza prevarranno?

La Storia insegna che da sempre il potere politico ha approfittato dei momenti di crisi per giustificare un aumento del controllo sociale: spesso le grandi carestie, pestilenze, crack economici su scala nazionale o globale sono stati la premessa per l’imposizione di dittature, più o meno dichiarate. Il filosofo Nojman, in “Angoscia e Politica”, ha sostenuto che la premessa per l’avvento di poteri totalitari risiede proprio in un processo di deresponsabilizzazione di massa, conseguenza di una paura generalizzata che attanaglia la popolazione.

Un altro celebre filosofo, M. Foucault, ha affermato che il potere autoritario delle società moderne si presenta spesso sotto la maschera dell’offerta di protezione assicurata ai cittadini, da pericoli più o meno reali. L’urgenza di offrire protezione può diventare quindi un’occasione per controllare la vita della popolazione nei minimi dettagli.

Attualmente si rischia un pericolo simile?

Alessandro Longo

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Pubblicato il
19 set 2001
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