E ora vogliono blindare la tv digitale

E ora vogliono blindare la tv digitale

L'allarme lo lancia EFF che spiffera quello che l'industria dei contenuti sta architettando per l'Europa: con sistemi di DRM pervasivo intendono controllare l'innovazione e limitare le possibilità di scelta
L'allarme lo lancia EFF che spiffera quello che l'industria dei contenuti sta architettando per l'Europa: con sistemi di DRM pervasivo intendono controllare l'innovazione e limitare le possibilità di scelta

La longa manus hollywoodiana estende la sua ombra minacciosa sul mercato dei media europei, attaccando il futuro dei contenuti televisivi digitali e la libertà di fruizione degli utenti consumatori. Lo denuncia un rapporto appena pubblicato da Electronic Frontier Foundation , che ha avuto la possibilità di partecipare (pagando) ai meeting riservati del Digital Video Broadcasting Project , gruppo lobbistico-tecnologico di cui fanno parte tutti i grandi della tecnologia mondiale e i principali content provider del vecchio continente.

Il DVB, scrive EFF nel briefing del succitato rapporto, sta alacremente lavorando per inserire nei nuovi media digitali destinati alle case degli europei una serie di rigidissime misure DRM, grazie alle quali controllare le possibilità di accesso e di copia dei contenuti audiovisivi in formato binario e inibire l’innovazione , quella, almeno, non approvata a tavolino dai think tank delle grosse etichette e loro ben foraggiati rappresentanti. EFF segue ormai da anni i lavori del Project , che ora però stanno subendo una forte accelerazione.

“Secondo il volere degli studios americani – si può leggere sul portale dell’associazione per i diritti digitali – il Digital Video Broadcasting Project sta escogitando standard con cui assicurarsi che i dispositivi per la televisione digitale obbediscano ai comandi dei produttori di contenuti piuttosto che ai desideri dei consumatori. Queste restrizioni porteranno via i diritti e le possibilità per i consumatori di usare contenuti legalmente acquistati, in modo che ogni ri-utilizzo possa essere rivenduto a pezzi”.

Dopo aver provato a condizionare il Congresso americano per la cancellazione dei fair use, del buco analogico e per il rafforzamento legale delle restrizioni DRM, ora le mire di Hollywood si spostano su un target globale : il DVB è una organizzazione inter-industriale che realizza specifiche video-televisive adottate in Europa, Australia e in larga parte dell’Africa e dell’Asia.

Il progetto di questa super-DRM, a cui il consorzio sta lavorando sin dal lontano 2003, si chiama Content Protection and Copy Management ( CPCM ). CPCM intende superare l’attuale infrastruttura protettiva delle trasmissioni video digitali, che si limita ad inibire la ricezioni di segnali non autorizzati ma nulla fa per mettere becco tra le mura domestiche, una volta che i suddetti segnali sono arrivati a destinazione.

Al contrario, il nuovo schema prevede limitazioni di ogni sorta , a cominciare dall’applicazione di etichette ai flussi di dati trasportati dal segnale, grazie alle quali stabilire se un contenuto è copiabile e in che numero tali copie eventuali possono essere prodotte. In teoria, se gli studios volessero, potrebbero agilmente stabilire l’etichetta Non copiare mai per bloccare del tutto la replicazione degli show regolarmente acquistati.

Rafforzati anche gli attuali region lock , i limiti di fruizione imposti sui dischi DVD/HD-DVD/Blu-ray in relazione alla regione del mondo di appartenenza dei dispositivi di lettura: addirittura, si parla di inserire ricevitori GPS a prova di manomissione nei lettori per impedire il crack della regione (operazione banale con gli attuali dischi DVD e hi-def ). Limitabile con estrema facilità poi l’interconnessione dei dispositivi , con la possibilità di trasferire i contenuti acquistati su PC, lettori portatili o replicatori di rete strettamente regolamentata dal meccanismo di protezione.

Infine, lo schema CPCM prevede la possibilità di inibire la ricezione dei flussi digitali su dispositivi hardware non compatibili anche se recentissimi . I produttori di ricevitori non sarebbero necessariamente obbligati ad assecondare gli stringenti dettami del “nuovo mondo perfetto” che vogliono al DVB, ma l’adozione della tecnologia di protezione da parte dei produttori di contenuti taglierebbe di fatto fuori dal mercato i “riottosi”.

Come il clamoroso caso della revisione 1.3 della porta HDMI sta lì a dimostrare, i primi a rimetterci sarebbero gli utenti, che vedrebbero di colpo trasformare i televisori di nuova generazione in inutile ferraglia hi-tech . L’incompatibilità vorrebbe poi dire addio alla libera concorrenza, all’innovazione spontanea e alla diffusione di dispositivi compatibili prodotti da piccole ma promettenti start-up animate da poco capitale ma da buone idee.

Hollywood giustifica le nuove misure con la necessità di “proteggere e creare modelli di business”. Tutto falso, secondo EFF: la reale motivazione dietro CPCM è la volontà di preservare il loro antiquato modello di business , e incrementare le possibilità di “fare la cresta” agli utenti per costringerli a pagare per i medesimi contenuti ancora e ancora e ancora (come sta succedendo con i dischi in alta definizione, che riproducono né più né meno le stesse pellicole già distribuite in formato DVD).

Anche la presunta possibile conseguenza delle nuove DRM sulla “pirateria di Internet”, sostiene EFF, sarà poco più che un refolo di vento: come dimostra ampiamente il caso della protezione AACS , sconfitta prima ancora che Blu-ray e HD-DVD vengano adottati come standard dal grande pubblico, Internet continuerà a fornire un numero virtualmente illimitato di canali da cui potersi rifornire di contenuti non autorizzati.

“Nonostante i profitti record totalizzati negli anni recenti – si può leggere ancora nel rapporto – gli studios cinematografici e televisivi americani non hanno placato i loro lamenti sul fatto che le nuove tecnologie siano un pericolo mortale per la loro industria. Provarono a bloccare il VCR e il primo mercato di massa dei Digital Video Recorder (DVR) negli Stati Uniti e, dopo aver fallito nello schiacciare la registrazione dei contenuti con tali sforzi, si stanno dedicando sempre più alla creazione di standard tecnici restrittivi supportati dalla legge”.

Il rapporto completo, in formato PDF, è disponibile a questo indirizzo .

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
15 mar 2007
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