File sharing, parte l'offensiva americana

File sharing, parte l'offensiva americana

Indagati i gestori dei nodi dell'Underground Network, sistema di sharing basato su server centralizzati. Rischiano cinque anni di carcere. La RIAA applaude e annuncia 750 nuove denunce contro utenti del P2P
Indagati i gestori dei nodi dell'Underground Network, sistema di sharing basato su server centralizzati. Rischiano cinque anni di carcere. La RIAA applaude e annuncia 750 nuove denunce contro utenti del P2P


Washington (USA) – Sono cinque i nodi dell’ Underground Network che il dipartimento di Giustizia americano ha deciso di smantellare con l’operazione Digital Gridlock che nelle scorse ore ha portato al sequestro di computer e altri materiali informatici.

Il Dipartimento si è mosso sulla base delle denunce provenienti dalle major del cinema e della musica. Alcuni cybercop americani si sono infiltrati nel network per diversi giorni, si legge in un documento rilasciato dall’ FBI e dal Dipartimento, riuscendo a scaricare numerosi film di prima visione, musica di ogni genere, software professionali e giochi per consolle videoludiche.

L’operazione ha preso essenzialmente di mira i gestori dei cinque nodi del Network, al quale si ritiene facessero riferimento almeno 7mila utenti internet. Al contrario di quanto accade con le tecnologie peer-to-peer, il Network funziona come il primo Napster, con una serie di server centrali che mettono in comunicazione gli utenti che vi accedono. Al momento il sito di Underground Network sembra ancora attivo e funzionante.

Le perquisizioni della polizia federale americana si sono spinte da New York al Texas, al Wisconsin e hanno portato all’identificazione dei gestori dei cinque nodi principali del Network. Secondo fonti federali, dopo un primo esame delle prove raccolte attraverso l’analisi dei server che sono stati sequestrati è assai probabile che i gestori verranno incriminati. In quel caso si aprirà un procedimento che potrebbe portarli in galera fino a cinque anni e a sanzioni fino a 250mila dollari . Ulteriori azioni potrebbero poi essere intraprese contro gli utenti della rete di scambio.

Secondo il Dipartimento americano, i server potevano far girare ogni giorno una immensa quantità di dati. Per partecipare al network, sostengono gli investigatori, è necessario porre in condivisione almeno 100 gigabyte di dati .

“L’azione di oggi – ha dichiarato l’assistente procuratore generale Chris Wray – è l’ultimo passo nella strategia di lotta alla pirateria su Internet. Questa è la prima azione federale, per far rispettare la legge, diretta contro violazioni di copyright criminali che utilizzano i network di scambio e dimostra che intendiamo combattere la pirateria indipendentemente dai mezzi utilizzati per compiere questi atti illegali”.

Da parte sua Adrian “GuidoZ” Santangelo, uno degli amministratori della rete, ha fatto sapere che né i gestori né i proprietari del network sono in alcun modo responsabili per eventuali violazioni . “I gestori dell’hub – ha spiegato – non condividono né trasmettono materiale, protetto da copyright o meno. Si occupano soltanto di fornire un luogo di incontro per gli utenti, per chiacchierare e condividere quello che gli utenti decidono di voler condividere”.

L’operazione dei cybercop americani ha naturalmente riscosso gli applausi delle major. Jack Valenti , ancora per qualche tempo presidente dell’associazione degli studios, la MPAA , ha dichiarato che l’operazione Digital Gridlock dovrebbe “estinguere il mito secondo cui le attività illegali su Internet sono possibili perché non si può essere rintracciati”.

Oltre ad applaudire, l’associazione dei discografici RIAA ha anche confermato l’avvio di 744 nuove denunce rivolte contro altrettanti utenti che, a suo dire, avrebbero violato i diritti d’autore scambiando musica in rete, utilizzando network del peer-to-peer come eDonkey o Kazaa. Con queste denunce salgono a quasi 5mila gli utenti americani colpiti da un’azione giudiziaria della RIAA.

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Pubblicato il
27 ago 2004
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