Francia, quell'IP non s'ha da rivelare

Francia, quell'IP non s'ha da rivelare

Ribaltata in appello una sentenza su due sharer. A quanto pare, gli investigatori non avevano adottato un metodo legale per individuarli. Ma non va altrettanto bene ai loro corrispettivi olandesi. Mentre in Argentina...
Ribaltata in appello una sentenza su due sharer. A quanto pare, gli investigatori non avevano adottato un metodo legale per individuarli. Ma non va altrettanto bene ai loro corrispettivi olandesi. Mentre in Argentina...

Gli indirizzi IP sono un dato personale, e per ottenerne uno occorre rivolgersi al garante della privacy . Questo il senso due sentenze di assoluzione pronunciate nei giorni scorsi da un tribunale francese di Rennes, in merito all’azione portata avanti nei confronti di due file-sharer d’oltralpe. Sono probabilmente responsabili dei reati ascritti, vista la loro condanna in primo grado, ma coloro che avrebbero dovuto indagare per scovarli non hanno seguito proprio tutte le regole. Causando quindi la loro assoluzione in appello .

A quanto pare, sia SACEM (l’equivalente della SIAE) che SCPP (alter ergo della FIMI) non avrebbero atteso le dovute autorizzazioni del CNIL – l’organismo francese che si occupa di privacy e informatica – prima di indagare su chi si celasse dietro gli IP che condividevano musica e video sui circuiti P2P. Il giudice ha in sostanza ribadito il valore come dato personale dell’indirizzo IP, in aperta contraddizione secondo 01net con una precedente sentenza di un giudice parigino.

Il pronunciamento in questo senso di un giudice francese in due diversi casi si pone in contrasto con l’accelerazione impartita dalla nazione transalpina in materia di dottrina Sarkozy , che ora ha cominciato anche un cammino che potrebbe portarla sino alla trasformazione in norma comunitaria per tutti i paesi UE. Ma proprio sull’identificazione dell’utente attraverso l’IP a lui associato si basa il principio dei “tre colpi”: la mancata possibilità di accedere a questi dati provocherebbe automaticamente il crollo del castello legislativo costruito attorno a questo dato.

Di diverso avviso, invece, un giudice olandese, che ha intimato ufficialmente all’ex-host del famoso tracker Demonoid di cessare ogni supporto a qualsiasi sito che offra il download illegale di file attraverso il protocollo BitTorrent. LeaseWeb, questo il nome del provider, dopo aver già caldamente consigliato ai siti di questo tipo ospitati sui suoi server di fare le valigie e trasferirsi altrove, come già fatto da Demonoid, ora si vedrà probabilmente costretto a chiudere quei domini entro pochi giorni.

Oltre alla chiusura, che equivale ormai essenzialmente alla messa al bando di ogni sito di questo tipo in terra olandese, LeaseWeb dovrà anche fornire al querelante – vale a dire BREIN, l’equivalente orange della SIAE – tutte le informazioni richieste sugli utilizzatori di questi servizi ospitati sui suoi server. La situazione per gli sharer nei Paesi Bassi, dunque, non è certo delle più rosee.

Altra nazione che storicamente era patria di pirati e pirateria ma che, negli ultimi tempi, sta tentando una significativa virata, è l’ Argentina . Nel paese sudamericano, infatti, un venditore ambulante di DVD è stato da poco condannato a 10 mesi di reclusione per essere stato trovato in possesso nel 2005 di 239 dischi contraffatti.

Basterà – a quanto pare – per garantirgli una permanenza al fresco ma, come sottolinea The Inquirer , il fenomeno è bel lungi dall’essere stato stroncato: nei primi tre mesi dell’anno, le autorità argentine hanno eseguito sette perquisizioni in altrettanti regolari negozi di DVD, sequestrando oltre 11mila copie contraffatte pronte per la vendita. Il fenomeno della pirateria, insomma, in Argentina non fa differenza tra i diversi canali di distribuzione.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
9 lug 2008
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