Google Friend Connect, disseminare la socialità

Google Friend Connect, disseminare la socialità

Punti d'accesso ai social network in ogni sito, il proprio profilo sballottato in ogni pagina. Friend Connect mira a permeare il web di relazioni, dispensando codice pronto all'uso
Punti d'accesso ai social network in ogni sito, il proprio profilo sballottato in ogni pagina. Friend Connect mira a permeare il web di relazioni, dispensando codice pronto all'uso

Iniettare nei siti ordinari scosse social, incastonare funzioni per il networking per consentire ai netizen di instaurare relazioni sullo sfondo della propria finestra web: è quanto promette Google Friend Connect .

Il meccanismo del servizio Svelato fra le mura del Googleplex in occasione del Campfire One dedicato agli sviluppatori esterni, il servizio consentirà ai social networki di sconfinare, di infiltrarsi nelle ordinarie pagine web ; permetterà ai siti di schiudersi al dialogo, di creare un ambiente nel quale i propri utenti possano interagire mantenendo l’identità che impersonano di volta in volta su servizi come Facebook, Orkut e Plaxo.

Travasare contenuti sarà cosa di un attimo, promettono da BigG, fare del proprio sito un riflettore della propria personalità di rete e offrire ai propri utenti delle scorciatoie per fruire dei servizi che preferiscono sarà un gesto naturale: i gestori di siti e i tenutari dei blog potranno inserire fra le proprie pagine strumenti per la registrazione degli utenti e per il login sui social network, spazi in cui i netizen potranno inserire le proprie gallerie di immagini e i propri contatti e fruire di applicazioni di terze parti. Semplicemente copiaincollando stringhe di codice pronte all’uso.

Friend Connect, semplicemente, attinge ai dati depositati presso i social network, e li rappresenta, personalizzati, su ciascun sito che scelga di partecipare: i dati verranno presentati e fluiranno attraverso un IFrame , senza che i siti ospitanti vi possano interagire.

La sperimentazione è partita con una manciata di siti: hanno iniziato a implementare il codice sfornato da Google e a sperimentare con la socialità trasversale e diffusa garantita dal servizio e dal proprio pubblico variegato, sullo sfondo delle note della musicista Ingrid Michaelson e delle più intricate ricette per cucinare guacamole . Entro i prossimi sei mesi tutto sarà a disposizione di tutti, gratuitamente: tempo di tappare eventuali falle, tempo di semplificare le complessità. “Quello che prima era difficile e proprietario ora diventa facile, aperto – ha spiegato David Glazer, a capo della divisione di Mountain View che ha coordinato il progetto – Stiamo muovendo verso un web nel quale le persone potranno usare qualsiasi applicazione su qualsiasi sito, in compagnia di ciascuno dei loro amici”.

Friend Connect, così come le iniziative analoghe proposte da MySpace e Facebook nei giorni scorsi, si colloca nella tendenza all’interoperabilità delle tecnologie e alla progressiva portabilità dei dati in chiave social : aderire a standard quali OpenID , OAuth , Open Social , oppure avere la possibilità di accedere alle API di servizi sempre più numerosi consentirà di abbattere gli steccati, di innervare la rete di relazioni, di trasformare il web in una piattaforma votata alla socialità.

La frammentazione sarà la chiave di Friend Connect, ma Google intende agire come fosse il perno intorno al quale ruoterà l’intera dinamica sociale: “quando il web è in buona salute, quando tante persone hanno numerosi modi per intrattenersi online – ha spiegato Glazer – è il nostro business ad essere in buona salute”. Ma se le parole della Grande G restano avvolte dalla superficialità, gli analisti suggeriscono che la monetizzazione delle identità online è alle porte, che avvicinarsi al cittadino della rete sia il modo migliore per studiare i suoi comportamenti di consumo. “È una mossa intelligente quella di Google, che gioca ad interpretare il segretario generale della Nazioni Unite facendo in modo che tutti conversino amabilmente con tutti, maneggiando dati e partecipando ai progetti open standard – avverte Charlene Li, analista di Forrester – Google non fa nulla senza pensare e non pensa solo a come garantire benefici alla comunità degli utenti, ma anche a trarre benefici per sé”.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
14 mag 2008
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