Google non ha commesso crimini contro l'umanità

Google non ha commesso crimini contro l'umanità

BigG era stato accusato di cooperare con i terroristi e di violare i diritti costituzionali di un cittadino americano. Ma il giudice non ci crede
BigG era stato accusato di cooperare con i terroristi e di violare i diritti costituzionali di un cittadino americano. Ma il giudice non ci crede

Google non è parte della cospirazione, Google non è responsabile di crimini contro l’umanità né contro Dylan Stephen Jayne. Lo ha stabilito un giudice della Corte d’appello della Pennsylvania.

La denuncia Era il settembre 2007 quando Jayne aveva redatto una denuncia: con una grafia insicura, accusava i fondatori di Google di ledere i suoi diritti civili, garantiti dalla Costituzione. Aveva scoperto con indignazione e con orrore che il proprio Social Security Number, ribaltato e rimescolato, restituiva il marchio Google .

I fondatori di BigG sarebbero per questo motivo responsabili di crimini contro l’umanità , accusava Jayne, sarebbero responsabili di mettere in pericolo la sua persona e di violare il suo diritto alla riservatezza, sarebbero responsabili addirittura di favoreggiamento alle attività terroristiche, di mettere in pericolo gli Stati Uniti. “Una persona che volesse compiere atti terroristici, indipendentemente dalla sua razza o dalla sua religione – sosteneva Jayne – cercherebbe i numeri della previdenza sociale in primo luogo fra i database di uso pubblico”.

Google non avrebbe potuto negare il tutto ascrivendo il caso ad una coincidenza, tutto era cristallino nella mente di Jayne: i fondatori del motore di ricerca avevano ordito delle trame per mettere a rischio altri cittadini americani. Con queste confuse motivazioni Jayne chiedeva 5 miliardi di dollari di risarcimento.

In molti avevano definito l’affondo legale di Jayne un lucido delirio , gli esperti in materia avevano previsto che non ci sarebbe stata speranza per l’accusa: sarebbe stata impietosamente sbaragliata dai giudici, anche per il fatto che Jayne accusava Google sulla base della legge che tutela i cittadini dai comportamenti incostituzionali commessi dagli enti statali.

Così ha deciso il giudice incaricato di valutare il caso, così ha deciso il giudice della corte d’appello: Google, in primo luogo, è tutt’altro che un’emanazione dello stato, in secondo luogo non esistono prove del fatto che Brin e Page abbiano violato il diritto alla riservatezza dell’accusa rappresentando la propria azienda con un brand in codice .

Ma Jayne potrebbe non desistere, e redigere un’ulteriore delirante denuncia manoscritta: i documenti depositati presso il tribunale, completi della soluzione dell’enigma crittografico e di dati personali, compaiono fra i risultati offerti dal motore di ricerca. A disposizione dei terroristi di ogni razza e religione.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 20 feb 2008
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