IBM e Sun, sfida nell'era Petaflops

IBM e Sun, sfida nell'era Petaflops

Big Blue presenta un più veloce mostro di calcolo, capace di triplicare le performance del suo predecessore e portare il supercomputing nel dominio dei petaflops. Sun risponde con un coso da 500 teraflops
Big Blue presenta un più veloce mostro di calcolo, capace di triplicare le performance del suo predecessore e portare il supercomputing nel dominio dei petaflops. Sun risponde con un coso da 500 teraflops

Armonk (USA) – Ora che un banalissimo PC da poche migliaia di dollari può fornire performance nell’ordine dei teraflops, per i supercomputer è arrivato il momento di sfondare il muro dei mille teraflops e di varcare l’ era del petaflops , ossia del milione di miliardi di operazioni in virgola mobile al secondo. La prima a tagliare il traguardo è IBM con Blue Gene/P , ultima incarnazione di una piattaforma di supercomputing che ormai da qualche anno sta dominando la classifica dei supercomputer più potenti al mondo.

Blue Gene/P è in grado di fornire performance di picco di 3 petaflops e di operare in modo continuato a 1 petaflops , una potenza più che triplicata rispetto a quella del suo predecessore Blue Gene/L: quest’ultimo è il sistema che lo scorso novembre ha conquistato la testa della famosa classifica stilata da Top500.org . Classifica che sarà per altro aggiornata proprio in questi giorni, in occasione della International Supercomputing Conference 2007 ( ISC07 ) di Dresda.

Stando ad IBM, il suo nuovo sistema è 100.000 volte più potente di un PC ed è in grado di elaborare più operazioni in un secondo della “potenza combinata di una fila di laptop alta circa 3 chilometri”.

Il traguardo del petaflops è importante soprattutto perché riflette la capacità di calcolo complessiva che i paesi più industrializzati hanno oggi a disposizione: una capacità ovviamente ripartita in modo assai differente tra nazione e nazione ma che in genere viene utilizzata nel campo della ricerca scientifica e militare, della meteorologia, dell’analisi finanziaria e della progettazione.

Blue Gene/P “Blue Gene/P consente di effettuare elaborazioni complesse, sia in campo commerciale sia in campo scientifico, e può contribuire a risolvere questioni vitali prima insormontabili come la simulazione di un intero organo di un individuo per determinare le sue interazioni con un farmaco”, ha spiegato IBM. “Ora i ricercatori potranno simulare gli esperimenti clinici su 27 milioni di pazienti in un pomeriggio usando solo una parte della potenza del sistema”.

Come i sui predecessori, Blue Gene/P è caratterizzato da un design modulare , composto da rack che possono essere aggiunti man mano che le esigenze aumentano. Su un solo chip di Blue Gene/P sono integrati quattro processori PowerPC 450 da 850 MHz a basso consumo, ognuno di essi in grado di eseguire 13,6 miliardi di operazioni al secondo. Una scheda madre da 60 x 60 cm contenente 32 di questi chip fornisce 435 miliardi di operazioni al secondo, rendendo questo supercomputer più potente di un classico cluster da 40 nodi con due processori principali. Ogni rack alto circa 1,80 metri è in grado di contenere trentadue schede madre e di macinare 13,9 trilioni di operazioni: per ottenere la stessa performance con un cluster di server x86 occorrerebbero, secondo i calcoli di Big Blue, circa 1.300 PC hi-end.

La configurazione di Blue Gene/P da un petaflops è costituita da 294.912 processori , alloggiati in 72 rack collegati a una rete ottica ad alta velocità. Per ottenere una prestazione di tre petaflops, Blue Gene/P è scalabile fino a 884.736 processori , alloggiati in 216 rack. Una configurazione Blue Gene/P standard ospiterà 4.096 processori per rack.

Blue Gene/L e Blue Gene/P presentano alcune differenze . Per quanto riguarda l’hardware, Blue Gene/P ha un numero maggiore di processori per chip (quattro rispetto a due) con una velocità superiore (850 MHz rispetto a 700 MHz), più memoria e una modalità SMP in grado di supportare le applicazioni multi-threaded. L’ultima versione di Blue Gene adotta anche una tecnologia di interconnessione più veloce, riducendo così i normali colli di bottiglia presenti nei sistemi informatici paralleli di grandi dimensioni. È infine migliorato anche il software, ed in particolare la gestione del sistema, l’ambiente di programmazione e il supporto alle applicazioni.

Il sistema operativo di Blue Gene è basato sul kernel di Linux , mentre le applicazioni sono scritte in linguaggi comuni come Fortran, C e C++ con protocolli di comunicazione MPI standard. Blue Gene/P è compatibile con le varie applicazioni attualmente presenti su Blue Gene/L, tra le quali la ricerca primaria nei settori fisica, chimica, biologia, aerospaziale, astrofisica, genetica, scienza dei materiali, cosmologia e sismologia.

Presso l’ISC07 Sun ha invece annunciato Sun Constellation System (SCS), una piattaforma di supercomputing che, similmente a quella Blue Gene, è modulare e basata su rack. A differenza di quella di IBM però, SCS supporta tre differenti tipi di processore: l’UltraSPARC T1 della stessa Sun, l’Opteron di AMD e lo Xeon di Intel. Il sistema è attualmente in grado di gestire fino a 48 server blade per rack ed un totale di 63mila processori, per una potenza complessiva di circa 500 teraflops.

Sun afferma che la sua nuova architettura di supercomputing, sviluppata in collaborazione con l’ Università del Texas , si basa su componenti e tecnologie flessibili e su componenti riusabili.

SCS arriverà sul mercato il prossimo ottobre, e si preannuncia come il più diretto rivale di Blue Gene. Per maggiori informazioni si veda questa pagina del sito di Sun.

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Pubblicato il
27 giu 2007
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