IBM mescola nanotubi e DNA

IBM mescola nanotubi e DNA

BigBlue ancora al lavoro per i computer del futuro. Mescolando matrici biologiche e circuiti sintetici
BigBlue ancora al lavoro per i computer del futuro. Mescolando matrici biologiche e circuiti sintetici

L’evoluzione procede a piccoli passi, ma il superamento della legge di Moore – profetizzato solo pochi giorni fa da National Science Foundation – potrebbe non essere tanto lontano. IBM ha infatti annunciato di aver sviluppato una tecnica di produzione di circuiti a nanotubi di carbonio basata su matrici organiche , capace di ordinare ed ottimizzare la disposizione dei microcircuiti per la produzione di strutture complesse. No, non si tratta di semiconduttori organici , bensì di una possibile anticamera alla realizzazione degli agognati computer quantici .

Quello che gli scienziati di Armonk hanno pensato è un sistema per sfruttare la tecnologia dei nanotubi in carbonio da loro stessi introdotta . Greg Wallraff, uno dei ricercatori che lavora al progetto, spiega che si tratta di “nanostrutture di DNA, che si autoassemblano in forme predefinite”: grazie a queste strutture geometriche, è possibile utilizzare questo substrato organico come una bread board su cui realizzare circuiti veri e propri , composti da “nanotubi, nanoconduttori di silicio e punti quantistici”.

Una volta completata la costruzione del circuito il frammento organico può essere rimosso , lasciando intatta la parte inorganica di carbonio e silicio: quest’ultima potrebbe diventare una memoria di nuova generazione dalla capacità sorprendente, oppure una unità di calcolo super veloce. L’attuale ordine di grandezza di queste strutture è di 2 nanometri , mentre il processo industriale più raffinato per la produzione di microprocessori è fermo sulla soglia dei 45 nanometri.

Secondo Jennifer Cha, biologa IBM, si tratta di una soluzione che al momento non ha alternative : l’assemblaggio dei nanotubi costituisce l’ostacolo principale alla realizzazione di macrostrutture funzionali, ma la natura prevedibile della catene di aminoacidi che formano il DNA, e delle reazioni chimiche coinvolte nel processo, consente di realizzare una “impalcatura” sulla quale iniziare lo sviluppo degli elaboratori a nanotubi .

I problemi non mancano. Cha cita ad esempio la necessita di mescolare e fondere materiale organico ed inorganico : “Realizzare queste infrastrutture di DNA non è un procedimento scontato, poiché è necessario che il materiale biologico riconosca e interagisca con qualcosa che non esiste neppure in natura”.

I progressi tuttavia sono tangibili e fanno ben sperare: Big Blue confida in questa invenzione per dare una svolta al settore della computazione che da qualche tempo inizia ad intravedere i limiti della tecnologia attuale , vale a dire frequenza e consumo energetico. Forse si dovrà attendere anche meno dei 15 anni indicati da IBM stessa come tempo necessario alla realizzazione di computer basati sul carbonio.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
22 feb 2008
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