Il fair use è un gioco da bambini

Il fair use è un gioco da bambini

Torna in Rete il video del bimbo che si dimena con in sottofondo una canzone di Prince. E di cui Universal voleva la rimozione per violazione di copyright
Torna in Rete il video del bimbo che si dimena con in sottofondo una canzone di Prince. E di cui Universal voleva la rimozione per violazione di copyright

Il bimbo appassionato di Prince può rispolverare scarpine da ballo e telecamera della madre, tornare sul Tubo e fare la danza della vittoria : il tribunale ha ritenuto che l’utilizzo della canzone “Let’s go crazy” per il video amatoriale di cui era protagonista rientrasse nel principio del fair use .

I fatti risalgono all’estate del 2007, quando l’etichetta discografica Universal Music Group aveva contestato la violazione di diritto d’autore perché nei 29 secondi del filmato incriminato, ripreso dall’amorevole telecamera materna, il bimbo si esibiva con in sottofondo “Let’s go crazy” di Prince, allora artista della scuderia Universal.

La notifica da parte dell’etichetta aveva comportato la rimozione del filmato da parte di YouTube e l’apertura di un contenzioso: la madre, Stephenie Lenz, aveva ricevuto il supporto di Electronic Frontier Foundation che riteneva il caso emblematico delle forzature delle etichette rispetto al principio del fair use . In base a tale principio, previsto dal Copyright Act, è permessa la citazione o incorporazione di materiale protetto da copyright in un’altra opera, in casi da valutare rispetto ad alcuni fattori: la natura dell’opera protetta, se o meno la riproduzione avviene per fini commerciali, in quale percentuale il contenuto viene utilizzato e le eventuali conseguenze sul mercato potenziale dell’opera protetta. Situazioni in cui, per esempio, sussiste certamente il fair use sono il commento, la critica, le notizie e l’insegnamento.

Nel caso specifico la corte ha infine dato ragione alla donna, che continua ora l’azione legale intravedendo la possibilità di ottenere da Universal il pagamento dei danni oltre che delle spese legali. E rischia quindi di aprire un precedente scomodo per le visioni più restrittive del principio dell’uso legittimo di un’opera protetta da proprietà intellettuale.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
2 mar 2010
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