La Internet delle cose e i calzini di Cerf

La Internet delle cose e i calzini di Cerf

Un nuovo studio evidenzia le magnifiche sorti dell'ubiquitous computing e le meraviglie del mondo interconnesso che sta per venire. I rischi per la privacy e gli utenti? Materia ancora da esplorare
Un nuovo studio evidenzia le magnifiche sorti dell'ubiquitous computing e le meraviglie del mondo interconnesso che sta per venire. I rischi per la privacy e gli utenti? Materia ancora da esplorare

Verrà un giorno, dice una famosa citazione attribuita al creatore dello standard TCP/IP Vint Cerf, in cui due calzini saranno dotati di sensori RFID in grado di “parlare” tra loro, reagire alle condizioni ambientali e comunicare l’uno la posizione dell’altro. Il giorno in cui vestiario, elettrodomestici e ogni genere di dispositivo creato dall’uomo saranno connessi a Internet o a una rete locale discreta e pervasiva è sempre più vicino, avverte un rapporto appena distribuito da McKinsey & Company .

È la Internet delle cose che viene prepotentemente evocata dalla società di analisi nelle sue accezioni più positive, la supposta capacità di una rete di sensori capaci di interagire autonomamente – che coinvolge oggettistica quotidiana così come sofisticati apparati informatici – di facilitare i compiti di gestione dei sistemi complessi così come aprire scenari inediti di business incluso il mai satollo mercato dell’advertising personalizzato.

La Internet delle cose, l’ ubiquitous computing descritto da McKinsey è per certi versi attivo già oggi : microcamere a forma di pillole sono in grado di attraversare l’apparato digerente del paziente inviando di rimando migliaia di immagini per scovare eventuali malattie e degenerazioni, dice la società, mentre apparecchiature usate nei campi usano le informazioni raccolte dai satelliti per meglio gestire le coltivazioni.

La capacità di monitorare la presenza di specifico vestiario in un ambiente è naturalmente un’opzione che fa molto gola a chi fa advertising (basato in questo caso sulla presenza in loco del potenziale acquirente), e l’industria dell’automotive è pronta a sfruttare la Internet delle cose per anticipare le decisioni del guidatore (magari per evitare un impatto imminente) a velocità di reazione enormemente superiori rispetto a quelle dei sensi umani.

Nel computing ubiquo che McKinsey dà per certo di qui a breve, la variabile tuttora ignota rimane quella della privacy e delle conseguenze di una tecnologia che si prospetta estremamente pervasiva nella vita personale di ognuno. Tali conseguenze devono essere attentamente valutate dai gruppi industriali e dalle agenzie governative, suggeriscono gli analisti, in modo da prevenire e monitorare gli abusi resi possibili da un fluire infinito di informazioni sotto monitoraggio continuo.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 3 mar 2010
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