L'Antitrust USA cala le braghe

L'Antitrust USA cala le braghe

Microsoft porta a casa una vittoria che non convince molti e fa arrabbiare Sun. La sentenza premia l'accordo di Microsoft con il Dipartimento della Giustizia. Gates vince anche sul middleware e incassa una sentenza storica
Microsoft porta a casa una vittoria che non convince molti e fa arrabbiare Sun. La sentenza premia l'accordo di Microsoft con il Dipartimento della Giustizia. Gates vince anche sul middleware e incassa una sentenza storica


Washington (USA) – “Buon pomeriggio. Riteniamo che la sentenza di oggi, che sostanzialmente convalida l’accordo che abbiamo stretto con il Dipartimento di Giustizia e i nove stati, rappresenti una risoluzione corretta di questo caso. Si tratta di una pietra miliare. Ringraziamo il mediatore, il governo federale e i nove stati che hanno contribuito a definire l’accordo e apprezziamo il lavoro approfondito svolto dalla Corte. Questa conclusione pone nuove responsabilità su Microsoft e noi le accettiamo. Ci rendiamo conto che saremo sotto lo scrutinio del Governo e dei nostri concorrenti. Noi impegneremo tempo, energia e risorse per rispettare le nuove regole. Sono personalmente dedicato al loro pieno rispetto”.

Con queste misurate parole il fondatore di Microsoft Bill Gates ha salutato il primo novembre la decisione d’appello che sostanzialmente grazia la sua azienda dopo anni nei quali un procedimento antitrust l’ha messa a durissima prova. Una sentenza che impone alcune novità al colosso di Redmond ma che, di fatto, toglie le castagne dal fuoco a Microsoft, lasciandola pressoché impunita per le condotte illecite di cui è stata riconosciuta colpevole tanto in primo grado quanto in appello. Non ci sarà smembramento dell’azienda, i codici sorgenti rimarranno proprietari né ci saranno versioni di un Windows “leggero”.

Ciò nonostante, esulta il procuratore generale degli Stati Uniti, John Ashcroft, secondo cui “la decisione della Corte è una vittoria per i consumatori e per le aziende, che possono immediatamente trarre vantaggio dalle decisioni finali”. Stando ad Ashcroft, il Dipartimento di Giustizia, da cui prima dell’elezione di Bush provenivano i maggiori pericoli per Microsoft, “intende con forza assicurarsi che Microsoft si adegui alla sentenza e continuerà a monitorare da vicino come Microsoft implementerà le richieste” della Corte.

Il dato più importante che emerge dalle 344 pagine presentate dal giudice distrettuale statunitense Colleen Kollar-Kotelly è dunque il rigetto di quanto avevano chiesto i nove stati americani che avevano continuato a perseguire Microsoft in questi mesi. Sostenuti in questo senso da una messe di grandi rivali dell’azienda di Gates, essi avevano infatti chiesto sostanziali “correzioni” alla posizione sul mercato di Microsoft ma anche pesanti sanzioni per il passato.

Non stupisce, dunque, se la decisione con cui si chiude la grande battaglia per la sopravvivenza condotta da Microsoft ha mandato su tutte le furie proprio i grandi competitor della softwarehouse. Sun Microsystems ha ricordato a tutti di aver aperto lo scorso marzo un altro fronte di battaglia chiedendo ai giudici di riconoscerle un miliardo di dollari di danni per le pratiche di mercato di Microsoft che l’avrebbero penalizzata. E ha sottolineato che per i nove stati che hanno visto respinte le proprie richieste ci sono numerosi spazi per continuare a combattere il colosso di Redmond.

Accanto a Sun c’è anche un gigante come AOL Time Warner nonché alcuni gruppi di consumatori, tutti soggetti che intendono battersi perché Microsoft sia pesantemente sanzionata per la condotta tenuta in questi anni.

In mezzo a tutto questo ci sono i ricorsi che la stessa Sun ed altri hanno portato innanzi all’Unione Europea che, come noto, da tempo sta analizzando la posizione di mercato di Microsoft. Va detto però che sono in molti a ritenere che le decisioni assunte dall’antitrust americano siano destinate ad influenzare significativamente quelle che verranno prese in terra d’Europa.


L’altro elemento che riguarda anche quanto avviene in Europa è il sostanziale fallimento delle più recenti tesi accusatorie contro Microsoft, quelle tesi con cui i nove stati speravano di poter arginare la presenza dell’azienda sul fronte del multimediale, dell’integrazione tra computing fisso e mobile, nel computing applicato alla domotica e in tutti quei settori in cui l’azienda di Bill Gates da tempo sta puntando moltissimo.

Secondo il giudice, infatti, “sembra chiaro che le sanzioni promosse dall’accusa cerchino di convertire alcuni aspetti legittimi del modello di business o dei metodi di produzione di Microsoft in qualcosa che ricordi quello degli altri player dell’industria semplicemente allo scopo di cambiare lo status quo”. Kollar-Kotelly ha affondato la lama poi sulle richieste dei rivali dell’azienda: “Certi competitor di Microsoft sembrano essere quelli che maggiormente desiderano queste misure e, allo stesso tempo, sono quelli che beneficerebbero di tali decisioni”.

Ciò di cui si sta parlando è appunto il “middleware”, cioè il fronte degli applicativi che in primo e secondo grado sono stati descritti come software che “gira” sul sistema operativo e che l’accusa avrebbe voluto estendere anche ai servizi web, ai player multimediali, al software interattivo e via dicendo. “La tecnologia relativa ai device hand-held – ha scritto il giudice – non sembra avere la possibilità di funzionare in un modo simile ad un middleware”.

In questo senso l’unica concessione che il giudice sembra aver voluto offrire all’accusa sta nel fatto che la tesi di Microsoft, secondo cui mai nulla di sbagliato nel middleware è stato fatto, stride decisamente con alcuni dei suoi comportamenti. Ma questo, ha anche tenuto a specificare Kollar-Kotelly, non è sufficiente a spingere la Corte a punire l’azienda con una operazione che sarebbe “ingiusta”.

“L’accusa – ha scritto il giudice – ha ragione nel dire che Microsoft ha la tendenza a minimizzare le conseguenze delle proprie condotte illegali. Ma anche questa minimizzazione, sebbene frustrante, non richiede una sanzione che avrebbe l’effetto di superare di gran lunga persino una visione enfatizzata della condotta illegale”.

Quello del middleware “allargato” è un elemento essenziale perché, com’è ovvio, proprio sui software di questo tipo si giocherà una parte consistente del mercato in cui Microsoft e i suoi competitor sono attivi. Non essere riusciti a “tirar dentro” questo problema nel procedimento rende ora tutto più difficile per gli altri player.

Questo aspetto della decisione del giudice ha fatto sì che alcuni analisti sottolineassero ancora una volta come tutto il procedimento antitrust contro Microsoft, a causa dei suoi lunghi tempi di svolgimento, fosse fin dall’inizio destinato a non sortire effetti significativi su un mercato in continuo cambiamento.

Ma ecco alcune reazioni di amici e nemici di Gates e soci alle novità.


Quali sono i sentimenti di analisti, esperti e leader dell’industria a poche ore da una decisione destinata non tanto a cambiare Microsoft quanto a dare maggiore solidità all’azienda, sostanzialmente graziata dai giudici?

“Quanto accaduto – sostiene uno dei principali analisti di International Data Corporation, Roger Kay – dimostra che non c’è modo di violare la cittadella di Microsoft. Semplicemente non ci si può entrare. Microsoft possiede il desktop e ora potrà spingersi a possedere anche il salotto”.

“Ci attendiamo – ha invece attaccato il presidente della SIIA (Software Information Industry Association), Ken Wasch – che Microsoft utilizzi molte delle stesse tattiche che le hanno consentito di ottenere il dominio sul desktop e sui browser per ottenere il dominio anche in altre aree”.

Duro anche Edmund Mierzwinski, direttore dei programmi dei consumatori dello US Public Interest Research Group, secondo cui “i rimedi proposti non fermeranno Microsoft dallo spingere fuori dal mercato i suoi concorrenti e monopolizzare la scelta dei consumatori. Una decisione che vuol dire che nulla cambia per Microsoft, e vuol dire che i consumatori avranno meno scelta, meno innovazione e prezzi più alti, e che il monopolio di Microsoft crescerà e basta”.

Tra gli esponenti dell’industria va segnalata anche la posizione del CEO di Liberate Technologies, Mitchell Kertzman, che ora nei set-top box troverà in Microsoft una avversario più aggressivo. Secondo Kertzman non va sottovalutato il momento politico: “Quando si guarda al peso di tutto questo e al tenore dei commenti del giudice si ha la sensazione che Microsoft abbia ottenuto il jolly liberatutti dall’amministrazione Bush”.

Ma molti si sono espressi a favore della decisione del giudice. “Si tratta di buone notizie – ha spiegato il celebre professore del Cato Institute Robert Levy – diluite dal fatto che questo caso non avrebbe mai dovuto avere luogo fin dall’inizio”.

Ma ecco quali sono gli obblighi e le restrizioni che Microsoft ha ora dinanzi.


Quanto deciso dal giudice, di fatto ricalca l’accordo che Microsoft aveva già raggiunto con il Dipartimento di Giustizia e nove stati federali, aggiungendovi alcune novità senza peraltro stravolgerne il senso. Sul piano legale ora queste novità verranno integrate nell’accordo e nei prossimi giorni la versione “riscritta” verrà definitivamente approvata dalla Corte.

Al primo punto dell’intesa c’è il divieto per Microsoft di imporre o fare pressioni sui costruttori di computer affinché privilegino il software dell’azienda a quello dei suoi competitor. In altre parole, Microsoft non potrà modificare gli accordi di licenza per Windows con questi soggetti per dare un ruolo centrale ai propri altri software. In questo senso Microsoft dovrà attenersi ad un accordo di licenza uniforme valido per tutti i costruttori e che non potrà essere modificato per ottenere indebiti vantaggi di mercato.

All’azienda si richiede anche un nuovo livello di trasparenza. D’ora in poi, infatti, Microsoft dovrà rilasciare ad alcuni soggetti autorizzati, come i costruttori, la documentazione e le API necessari a consentire alle softwarehouse rivali di costruire middleware che possa integrarsi con Windows esattamente come avviene per quello Microsoft.

Microsoft dovrà anche consentire ai soggetti riconosciuti dal tribunale come aventi diritto, tutte le informazioni necessarie a garantire interoperabilità e capacità di comunicazione con Windows affinché sia possibile realizzare software che giri in modo nativo nel sistema operativo Microsoft.

L’azienda inoltre non potrà stringere alcun accordo che possa ostacolare la possibilità per i soggetti aventi diritto di sviluppare, utilizzare, distribuire o promuovere qualsiasi software che competa con la piattaforma Microsoft.

Agli utenti finali Microsoft dovrà garantire la possibilità di rimuovere qualsiasi prodotto Microsoft residente su Windows nonché di eliminare qualsiasi funzionalità automatica legata al funzionamento di prodotti Microsoft in Windows. Agli utenti, Microsoft dovrà anche garantire la possibilità di utilizzare come “predefinito” software prodotto da terzi in sostituzione di quello proposto da Microsoft.

Tutto questo, secondo la sentenza, dovrà essere garantito anche dall’attenta supervisione sulle operazioni Microsoft che sarà svolta dai rappresentanti dell’accusa.

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Pubblicato il 4 nov 2002
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