Lavoro IT, Gates vuole più immigrati

Lavoro IT, Gates vuole più immigrati

Li cerca qualificati, e ne cerca di più: gli Stati Uniti dovrebbero abbattere le frontiere. Ma nel Regno Unito si teme per il mercato del lavoro nazionale
Li cerca qualificati, e ne cerca di più: gli Stati Uniti dovrebbero abbattere le frontiere. Ma nel Regno Unito si teme per il mercato del lavoro nazionale

Gli Stati Uniti hanno fame di lavoratori qualificati, sete di talenti esteri da impiegare per mantenere una posizione competitiva nei confronti del mercato globale. A farsi portavoce delle aziende USA che operano nel settore IT è un Bill Gates dimissionando: è apparso di fronte al Congresso per chiedere che le istituzioni statunitensi rimuovano gli ostacoli che impediscono all’industria di settore di alimentarsi delle capacità dei tecnici reclutati in tutti i paesi del mondo.

Lavoro IT, Gates vuole più immigrati<br /> “> </a> “Sono ottimista riguardo al fatto che il potenziale della tecnologia possa aiutarci a migliorare la vita delle persone e ad affrontare sfide importanti –  <a href= ha spiegato Gates – sono meno ottimista riguardo al fatto che gli Stati Uniti possano rimanere i leader globali nell’innovazione tecnologica”. Per questo motivo Gates è tornato ad invocare l’intervento del legislatore. Non basta offrire percorsi scolastici unici e di valore, non basta che le istituzioni investano nelle università , né sono sufficienti le agevolazioni concesse a chi fa ricerca: gli Stati Uniti hanno bisogno di forza lavoro , di un numero di specialisti IT che il mercato nazionale non è in grado di offrire.

Se i poli universitari statunitensi sono in grado di calamitare studenti che provengono da ogni angolo del mondo, le aziende americane sono impossibilitate dalla legge ad esercitare lo stesso tipo di attrazione. Il quadro normativo che regola l’immigrazione negli Stati Uniti è troppo severo, ha criticato Gates. L’ outsourcing non è una soluzione per tagliare sui costi, non è una strategia per cavalcare condizioni che favoriscono la produttività ma è una strada obbligata : “molte aziende USA, Microsoft inclusa, sono state costrette a dislocare il proprio staff in paesi che accolgono con favore i lavoratori qualificati che vengono dall’estero per fare quello che avrebbero potuto fare sul suolo degli Stati Uniti se non fossero in vigore le nostre controproducenti policy sull’immigrazione”.

Il tetto limite di 65mila visti destinati ai lavoratori che provengono dall’estero, a parere di Gates è stabilito in maniera arbitraria e non ha alcuna correlazione con le reali necessità dei datori di lavoro USA: “Lo scorso anno – ha esemplificato Gates – Microsoft non è stata in grado di ottenere i permessi per un terzo dei lavoratori stranieri altamente qualificati che avremmo voluto impiegare”.

Ma oltreoceano c’è chi osserva la questione in maniera completamente diversa. Nel Regno Unito reclutare lavoratori all’estero è una pratica comune e costantemente in crescita: sono quasi 40mila i permessi concessi a lavoratori IT non europei , un afflusso di personale aumentato del 14 per cento rispetto all’anno precedente. Nella maggior parte dei casi ciò è dovuto a trasferimenti di dipendenti da una sede all’altra delle aziende che operano in outsourcing, dipendenti qualificati che ricoprono in molti casi posizioni di medio livello.

Si tratta di una politica poco lungimirante, a parere della Association of Technology Staffing Companies ( ATSCo ): “Ci preoccupa il fatto che la forza lavoro locale impegnata nell’IT venga scavalcata dai lavoratori immigrati e che questo possa danneggiare la competitività a lungo termine dell’industria IT del Regno Unito.”

Ma Gates sembra poter snocciolare una soluzione anche per il Regno Unito. I lavoratori molto qualificati che vengono dall’estero non insidiano il mercato del lavoro del paese che li ospita, ma lo rendono dinamico: “Per ogni lavoratore estero molto qualificato che Microsoft assume è necessario reclutare quattro persone che gli facciano da staff”.

Gaia Bottà

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Pubblicato il
13 mar 2008
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