Mt. Gox, no alla bancarotta

Mt. Gox, no alla bancarotta

Mentre il CEO Karpeles teme di essere arrestato se rimettesse piede negli Stati Uniti, l'azienda sembra pronta ad essere liquidata in Giappone una volta per tutte
Mentre il CEO Karpeles teme di essere arrestato se rimettesse piede negli Stati Uniti, l'azienda sembra pronta ad essere liquidata in Giappone una volta per tutte

Secondo alcune indiscrezioni Mt. Gox, l’exchange di Bitcoin giapponese nato in principio per il gioco di carte da collezione Magic The Gathering, sembra dover rinunciare al piano di ripartire dalla bancarotta ed essere costretto a chiedere ad una corte di Tokyo di essere liquidato .

L’exchange non è riuscito a rispondere tempestivamente agli incontrollabili sbalzi di valore dei Bitcoin scambiati sulla propria piattaforma dopo la scoperta del bug correlato con quella che viene chiamata “malleabilità delle transazioni”: così i suoi utenti giapponesi sono stati quelli che maggiormente hanno subito le conseguenze della vulnerabilità , finendo per perdere più di 850mila bitcoin (al cambio di quei giorni oltre 340 milioni di euro). Denari che Mt. Gox non è stato in grado di rimborsare.

Così, il CEO Mark Karpeles ha prima annunciato di voler “chiudere temporaneamente tutte le transazioni in modo tale da proteggere i nostri utenti” e ha poi avviato le procedure per la bancarotta sia in Giappone che negli Stati Uniti, dove si è avvalsa della procedura del Chapter 15 .

Secondo i documenti ottenuti da alcuni hacker che hanno violato i portafogli digitali degli utenti della piattaforma, nonché il blog del CEO Karpeles, il sito avrebbe mentito nascondendo un bilancio ancora con saldo positivo di 951,11 BTC e dichiarando, nonostante questo, la bancarotta che avrebbe comunque permesso di ripagare almeno in parte i debiti con i propri utenti vendendo beni mobili e immobili in possesso della società.

Mentre la procedura di bancarotta sembra essere esclusa dalle autorità giapponesi, costringendo l’exchange a passare per una più drastica richiesta di liquidazione (salvo salvataggi dell’ultima ora), il CEO Mark Karpeles resta lontano dagli Stati Uniti , suo paese d’origine, dove – pur non essendo ancora stato accusato di alcun crimine – rischia di essere arrestato per frode o di essere coinvolto tra gli indagati del caso che ha portato alla chiusura del mercato nero online Silk Road: Karpeles ha già rifiutato (contestando alcuni vizi formali nei documenti ricevuti) di rispondere ad una richiesta di testimoniare nell’inchiesta del Dipartimento del Tesoro sulla richiesta di bancarotta della sua azienda.

Claudio Tamburrino

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
18 apr 2014
Link copiato negli appunti