NSA, la guerra non dichiarata

NSA, la guerra non dichiarata

di Paolo De Andreis - Negli anni più bui dell'anti-terrorismo USA, l'intelligence ha fatto ricorso ad ogni strumento per dare seguito alle pressioni presidenziali. E le telco, ora, girano le spalle al Congresso
di Paolo De Andreis - Negli anni più bui dell'anti-terrorismo USA, l'intelligence ha fatto ricorso ad ogni strumento per dare seguito alle pressioni presidenziali. E le telco, ora, girano le spalle al Congresso

Washington – C’è negli States una guerra tra poteri che di giorno in giorno si ingrossa e ha tutte le carte in regola per aprire inedite crepe tra Esecutivo e Legislativo. Una guerra che trae origine dagli abusi ai danni dei cittadini nella società della comunicazione.

il parlamento statunitense L’ultimo atto si è consumato in questi giorni, quando alcune grandi telco americane, compagnie che generano fatturati stratosferici e che spesso gestiscono molti milioni di utenti, si sono presentate dinanzi al Congresso per affermare sic et simpliciter che non hanno alcuna intenzione di fornire al Parlamento americano dati riservati sulle intercettazioni di massa compiute negli anni più bui dell’anti-terrorismo per conto della polizia federale e dell’intelligence. Non vogliono confermare che quelle intercettazioni esistano, né smentire, né rispondere alle denunce che associazioni come Electronic Frontier Foundation e American Civil Liberties Union stanno portando avanti ormai da tempo.

Esemplari in questo senso le dichiarazioni di AT&T , la maggiore delle società convocate: “Purtroppo, viste le circostanze, non possiamo rispondere specificamente alle vostre domande. E questo perché su molti temi che sembrano essere per voi le preoccupazioni principali, qualsiasi risposta, se di risposta si può parlare, è responsabilità dell’Esecutivo.. Non solo, gli Stati Uniti, attraverso dichiarazioni giurate del Direttore della National Intelligence, hanno invocato formalmente il privilegio del segreto di stato per impedire ad AT&T di confermare o smentire fatti sulle eventuali operazioni e attività di intelligence che sono al centro della vostra inchiesta”.

Ma il problema non è solo il clamoroso niet quanto invece il fatto che se queste compagnie si permettono di alzare il bavero e girarsi dall’altra parte è perché l’amministrazione Bush, ormai ai minimi storici nel consenso, sostiene un giorno sì e l’altro pure che quelle società hanno cooperato contro il terrorismo, che le intercettazioni sono sacrosante e che se proprio si vuole cambiare la legge e ristabilire almeno alcune tutele minime, questo non può aprire la strada a processi contro società telefoniche . Bush si è spinto a dichiarare che porrà il veto su qualsiasi legge di modifica venga approvata dal Congresso che non contenga l’esplicita immunità per le telco. Una immunità che peraltro il Parlamento ha già deciso di non voler concedere .

Questa tensione tra Congress e White House si respira da mesi ma si è aggravata nelle ultime settimane, da quando il Legislatore statunitense ha iniziato a mettere mano, e a demolire, con la complicità peraltro di alcune sentenze favorevoli, il Patriot Act, il figlioccio di George W. Bush, il pargoletto normativo che gli ha consentito di dar vita alla Società del Controllo, inquietante lascito della sua tramontante presidenza. E ora, nella guerra fredda tra poteri dello stato, si infila la posizione delle telco, che decidono di farsi tutelare dall’amministrazione , disconoscendo così il ruolo centrale del Congresso nel tentativo di limitare i danni.

Chi legge Punto Informatico ha potuto seguire passo passo l’evoluzione di una vicenda che adesso parrebbe tenuta sotto controllo solo dalla freddezza dei membri della commissione Energia e Commercio della Camera dei Rappresentanti. Grazie agli sforzi del chairman, la Commissione dinanzi al rifiuto delle aziende ha deciso di non avvalersi di tutti i propri poteri, in virtù dei quali le telco avrebbero potuto essere costrette a svelare ai cittadini in che modo e soprattutto con quali numeri le intercettazioni sono state eseguite. La Commissione, almeno per ora, sceglie la via diplomatica del chiedere all’amministrazione Bush ulteriori informazioni. Una via molto diplomatica , visto che queste informazioni erano già state chieste e, per quanto concerne la Casa Bianca, sono anche già state fornite.

I mutati rapporti di forza al Congresso, che nel corso dell’ultimo mandato di Bush hanno reso più complicato il rapporto del Presidente con il Parlamento, non giocano a favore del mantenimento di un equilibrio formale. Di mezzo c’è anche l’opinione pubblica sconcertata all’idea che la National Security Agency possa aver utilizzato a proprio piacimento le infrastrutture TLC degli operatori, senza le tutele a cui era abituata fino al settembre del 2001, quando fu introdotto il Patriot Act, tre giorni dopo i sanguinosi attentati di New York e Washington. Senza contare la sempre più imminente competizione elettorale per la presidenza, che potrebbe far saltare gli atteggiamenti diplomatici e portare ad uno scontro diretto, a rivendicazioni sulla costituzionalità dei comportamenti che non sono al centro dei dibattiti politici negli States quanto lo sono, invece, qui in Italia.

Difficile dire cosa accadrà. Quel che appare più chiaro di giorno in giorno è che George W. intenda giocarsi su questo fronte, su questo scontro, tutte le ultime cartucce della propria presidenza. Una posizione che non mette al riparo le telco da future inchieste, ma di certo getta ulteriori ombre sui risultati ottenuti dall’attuale presidenza degli Stati Uniti.

Paolo De Andreis
il blog di pda

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Pubblicato il 18 ott 2007
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