NSA viola la privacy degli americani. Ma solo un po'

NSA viola la privacy degli americani. Ma solo un po'

Non è vero che l'NSA tiene conto della riservatezza dei netizen statunitensi: i numeri lo provano. Nel resto del mondo si continua a fare i conti con gli effetti dirompenti del Datagate. E si fermano innocenti
Non è vero che l'NSA tiene conto della riservatezza dei netizen statunitensi: i numeri lo provano. Nel resto del mondo si continua a fare i conti con gli effetti dirompenti del Datagate. E si fermano innocenti

Lo scandalo Datagate non va in vacanza nemmeno ad agosto, e le rivelazioni scaturite dai documenti forniti da Edward Snowden continuano a fuoriuscire copiose da grandi quotidiani d’oltreoceano. Le ultima soffiate – in ordine di tempo – arrivano dal Washington Post , e dimostrano come la NSA si eserciti sistematicamente nell’arte della menzogna quando si tratta di controllare il proprio operato – e fornire a soggetti esterni i risultati di tale controllo.

Nel tentativo di giustificare l’esistenza della dragnet di sorveglianza globale, la National Security Agency ha sempre negato l’esistenza di casi eclatanti di violazione della privacy dei netizen statunitensi: al massimo spiamo il resto del mondo ma gli americani no, non li sfioriamo nemmeno, ha sempre assicurato la NSA.
I documenti forniti da Snowden e consultati dal Washington Post forniscono ovviamente una prospettiva diametralmente opposta : il numero di violazioni in terra statunitense si contano in migliaia all’anno, dicono quei documenti, in un caso (nel 2008) la NSA ha intercettato un “grande numero” di telefonate originate da Washington per un baco nel software che ha scambiato il prefisso 202 per quello delle chiamate verso l’Egitto (20) mentre in un altro frangente (nel 2011) sono stati identificati 2.776 “incidenti” di violazioni della privacy a danno di cittadini USA .

I dati provengono da rapporti rilasciati dalla NSA per uso interno, ed evidenziano il secondo aspetto inquietante delle nuove rivelazioni sul Datagate: sovente l’intelligence si sente in diritto di non fornire dati e dettagli importanti alla corte FISC – la stessa corte segreta che dovrebbe fornire o ritirare l’autorizzazione per l’opera di spionaggio e che si dichiara impotente di fronte all’operato della NSA se l’agenzia decide di non comunicare certe informazioni ai giudici.

La NSA viola “anche” la privacy degli statunitensi, ma i responsabili dell’agenzia provano a minimizzare le nuove rivelazioni parlando di problemi e incidenti “minuscoli” se rapportati alla quantità totale di dati raccolti sulle reti digitali e sui network telefonici analogici.

Mentre negli USA si discute su quanto spiano e quanto mentono gli analisti della NSA, nel resto del mondo il dibattito prende una piega un po’ più pratica, e più preoccupante dal punto di vista del business e delle relazioni diplomatiche: se in Germania le autorità pensano a dichiarare la “legalità” delle azioni dell’intelligence statunitense e promettono improbabili accordi di non-intercettazione, nell’Unione Europea il Gruppo di Lavoro Articolo 29 avvia indagini , in Cina il governo annuncia controlli sui prodotti infrastrutturali forniti dalle grandi corporation statunitensi come IBM, Oracle ed EMC.

Lo scandalo Datagate non lascia tranquilli nemmeno i partner dei giornalisti che hanno avuto – e presumibilmente hanno ancora – accesso ai documenti di Edward Snowden, e nel caso di David Miranda si tramutano in una vera e propria persecuzione da parte della polizia brasiliana per sospetto terrorismo: il compagno di Glenn Greenwald – reporter del britannico Guardian e intervistatore della prima ora della talpa del Datagate – è stato fermato , trattenuto e torchiato per nove ore all’aeroporto di Heathrow senza alcuna giustificazione.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 20 ago 2013
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