EFF: AT&T ha spiato per conto di NSA

EFF: AT&T ha spiato per conto di NSA

Decisa presa di posizione dei sostenitori della privacy che denunciano il colosso delle TLC americano, accusato di rapporti torbidi con l'intelligence statunitense. Al centro le solite intercettazioni di massa
Decisa presa di posizione dei sostenitori della privacy che denunciano il colosso delle TLC americano, accusato di rapporti torbidi con l'intelligence statunitense. Al centro le solite intercettazioni di massa


San Francisco (USA) – Che succede al paese che un tempo veniva considerato il più democratico del mondo? Se lo chiedono gli attivisti di Electronic Frontier Foundation , che comunque continuano a credere nelle istituzioni denunciando alla Corte Distrettuale di San Francisco AT&T il più importante carrier nazionale – per la violazione delle leggi federali sulla sorveglianza elettronica, sulle telecomunicazioni, e del Primo nonché Quarto Emendamento.

Dopo le battaglie riguardanti la privacy Web, la libertà di espressione e gli abusi sul copyright, la storica organizzazione non profit ha deciso di coinvolgere American Civil Liberties Union e Center for Constitutional Rights per fare chiarezza sull’ipotetica connivenza di AT&T con la National Security Agency (NSA). Le accuse sono gravissime: l’operatore telefonico avrebbe permesso all’ente governativo di spiare liberamente e senza mandato le conversazioni di milioni di utenti. AT&T dispone di uno dei database di classe ” Daytona ” più grandi del mondo, con più di 300 terabyte di informazioni correlate all’operato degli abbonati.

“Il programma NSA a quanto pare si distingue come la più grande operazione di spionaggio mai ravvisata, con lo scanning – giustificato solo da sospetti – di milioni di telefonate e mail di comuni cittadini”, ha sentenziato Kevin Bankston, avvocato dell’EFF che si sta occupando della causa. “In base ai rapporti pubblicati e dopo una ragionevole investigazione, pensiamo di aver scoperto che AT&T abbia lasciato alla NSA libero accesso al suo network”.

Si tratta certamente di una delle prime azioni legali contro un’azienda che ha agito per conto del Governo, ma i denuncianti sperano di poter far valere in tribunale qualche importante “precedente”. Fra i pochi va ricordato quello del 2004, quando un giudice della Virginia sentenziò che un provider – in quel caso America Online – poteva essere condannato per aver fornito informazioni personali di un abbonato alla polizia , senza la presenza di un mandato di perquisizione.

L’intercettazione delle comunicazioni è proibita negli Stati Uniti, a meno che non vi sia un ordine del giudice , che abbia valutato le finalità dell’azione. Insomma, la legge protegge il diritto alla privacy fino a quando non venga ravvisato un possibile reato.

La causa potrebbe diventare una class action, con conseguenze a pioggia sul gigante delle TLC. “Nel dicembre scorso – si legge sul documento depositato in tribunale – la stampa aveva rivelato che il Governo aveva istituito un sistema di sorveglianza che viola la Costituzione e ignora le indicazioni del Congresso. Questo programma, autorizzato dal Presidente nel 2001 e utilizzato dalla NSA senza alcuna approvazione giuridica, intercetta e analizza le comunicazione di milioni di americani. Prima di questa rivelazione i denuncianti e i membri della class action non avevano avuto la possibilità di scoprire l’esistenza di questa iniziativa o delle violazioni delle leggi ad essa correlata”.

Le prove attualmente in mano alla EFF sono il frutto di indagini giornalistiche realizzate da importanti testate, come il Los Angeles Times. La speranza è quella di ristabilire l’assetto democratico del paese nel complicato girone dei diritti alla privacy, messo sempre di più in discussione anche grazie alla “libera” interpretazione del ” Communications Assistance for Law Enforcement Act ” che sta accendendo gli animi di numerose organizzazioni e imprese. Da questa parte dell’oceano certamente la situazione non sembra migliore, tenendo conto che del centro di ascolto ” Super Amanda “, nessuno si è mai troppo preoccupato.

Dario d’Elia

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Pubblicato il 2 feb 2006
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