Quanta polvere sul mitico Bill Joy

Quanta polvere sul mitico Bill Joy

Ha detto cose che molti dicono da anni ma le ha dette lui che ha fondato Sun Microsystems. Nel suo articolo se la prende anche con l'uso passivo della fantascienza
Ha detto cose che molti dicono da anni ma le ha dette lui che ha fondato Sun Microsystems. Nel suo articolo se la prende anche con l'uso passivo della fantascienza


Roma – Del futuro occorre diffidare se non cambiano le cose, perché la conoscenza è a portata di tutti e strumenti di creazione possono essere trasformati in mezzi di distruzione da parte di piccoli gruppi o singoli individui: questo l’avvertimento che Bill Joy, cofondatore, tra le molte cose, del colosso Sun Microsystems ha voluto rivolgere al mondo dalle pagine di Wired.

Sono cose che hanno detto in tanti prima di lui, e certamente è significativo che un industriale e scienziato del suo livello decida di farsi promotore di preoccupazioni peraltro indubbiamente condivisibili. Ma da qui ad arrivare sulle prime pagine di tutto il mondo… Per quanto importanti, infatti, quelle che ha fatto sono considerazioni che in tanti hanno fatto prima di lui, e i media che oggi le sbattono in prima pagina forse ieri erano distratti…

Ma cosa ha scritto Bill Joy? In 20mila parole (“Why the Future Doesn’t Need Us”) spiega che “le tecnologie del 21esimo secolo, come la genetica, la nanotecnologia e la robotica, sono così potenti che possono dare luogo ad una classe completamente nuova di incidenti e di abusi. Soprattutto, queste tecnologie sono a portata di mano di singoli individui o di piccoli gruppi, spesso non richiedono strutture speciali per essere adoperate. La sola conoscenza di questi sistemi li rende utilizzabili”.

Secondo Joy il futuro delle tecnologie è oscuro, perché la loro evoluzione è guidata dalle necessità del commercio e non più da quelle militari, che in passato hanno controllato le applicazioni potenzialmente più pericolose.
Nei tre settori che ha citato, Joy vede sviluppi interessanti e pericolosi. Nella robotica (termine coniato da un altro scienziato e celeberrimo scrittore, Isaac Asimov), Joy parla di macchine molto più intelligenti degli uomini e in grado di competere con questi ultimi per le risorse. Nella genetica, Joy prevede lo sviluppo di “white plague”, ovvero infezioni create artificialmente in grado di uccidere selettivamente gruppi di individui. Nella nanotecnologia, lo scienziato teme il rilascio di meccanismi infinitesimali in grado di riprodursi e di portare a vastissime distruzioni (una teoria che ricorda “Ghiaccio nove”, volume di un celebre scrittore americano prestato alla fantascienza, Kurt Vonnegut).

Proprio sulla fantascienza, Joy ha qualcosa da dire: “Molti hanno guardato tutta questa fantascienza. E il risultato è che non prendono più sul serio quanto sta accadendo”. Ma il problema centrale, secondo Joy, è qualcosa di completamente nuovo: la capacità di “auto-replicazione tecnologica”.


“Mentre la duplicazione in un computer o in una rete di computer, scrive Joy, può rappresentare un vantaggio, l’autoreplicazione senza controllo in queste tecnologie d’avanguardia rappresenta un rischio molto maggiore: un rischio di danneggiamento sostanziale del mondo fisico”.

“Noi, spiega Joy, avremmo dovuto apprendere una lezione dalla storia della costruzione della prima bomba atomica e dalla successiva corsa agli armamenti. Non abbiamo agito al meglio in quell’occasione, e i paralleli con la situazione attuale sono sconcertanti”.

La soluzione di Joy a tutto questo è decisamente controcorrente: “L’unica alternativa realistica che vedo è un rallentamento: limitare lo sviluppo di tecnologie che sono troppo pericolose limitando la ricerca in certe aree della conoscenza”.

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Pubblicato il 14 mar 2000
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