TecnoStress/ L'economia del sovraccarico informativo

TecnoStress/ L'economia del sovraccarico informativo

di Enzo di Frenna - Si diventa tecno-stressati se ingurgitiamo un torrente di informazioni per lungo tempo e a ritmi incalzanti. Oltre un certo livello, l'eccesso di concatenzioni neuro-associative affatica l'intera persona
di Enzo di Frenna - Si diventa tecno-stressati se ingurgitiamo un torrente di informazioni per lungo tempo e a ritmi incalzanti. Oltre un certo livello, l'eccesso di concatenzioni neuro-associative affatica l'intera persona

In questi giorni sto rispondendo spesso alla domanda: come si diventa tecnostressati? In seguito alla presentazione della prima edizione di No Tecnostress Days ho rilasciato numerose interviste e sempre ho risposto allo stesso modo: a stressarci sono le informazioni in eccesso, che dobbiamo gestire spesso in tempi rapidi. Dunque si diventa tecnostressati se “mandiamo dentro” un torrente di informazioni per lungo tempo e a ritmi incalzanti. Faccio un esempio: scriviamo al computer, arriva un chiamata skype, poi leggiamo dieci e mail e rispondiamo alla metà, poi passiamo ad aggiornare il nostro profilo sui social network e rispondiamo ai messaggi, infine diamo una lettura rapida a quotidiani on line e qualche blog, ma squilla il cellulare e lo cerchiamo trafelati e… è inevitabile che la mente subisca un sovraccarico. Purtroppo questo elemento contraddistingue l’economia moderna. Ci chiama a lavorare in un clima di sovraccarico informativo costante. Siamo in grado di reggere l’impatto? Il nostro cervello ce la farà ad adattarsi o siamo destinare a vivere in modo distratto?

In questi giorni in America Maggie Jackson , la giornalista del Boston Globe che cura una rubrica domenicale sulle vite tecnostressate, ha pubblicato il libro “Distracted”. Sottotitolo: l’erosione dell’attenzione e il Medioevo che verrà (edizioni Prometheus Books). È una visione un po’ oscura dell’economia futura, se non corriamo ai ripari con una “dieta mediatica”, ossia fare una vita più sana e scandita da ritmi naturali. Dice la Jackson: “Mangiamo come consumiamo informazioni: male e veloce”. La metafora è azzeccata: oggi mangiamo informazioni. Ci aggiriamo su Internet alla ricerca spesso spasmodica di news, messaggi audio e video. Trascorriamo la maggior parte del nostri tempo a scandagliare uno schermo fisso o portatile. E distrarsi è sempre più facile.

A simili conclusioni giunge anche lo studio di Brian Bailey , che ha fondato tra l’altro il gruppo di ricerca “Computer Human Interaction Design” con il quale da anni effettivamente studia gli effetti delle continue interruzioni determinate dagli apparecchi digitali (in particolare i device) e il modo in cui favoriscono l’insorgere del tecnostress. Insieme alla sua assistente Shmsi Iqbal, Bailey ha condotto numerosi esperimenti su varie tipologie di persone – soprattutto studenti universitari – utizzando vari apparecchi digitali e computer. Dividendoli in due gruppi distinti, ha chiesto loro di effettuare diverse operazioni, ma il secondo gruppo era sottoposto a interruzioni provenienti da cellulari, e mail, o semplicemente richiami vocali. Il gruppo A ha dato dimostrazione di effettuare le operazioni con un discreto grado di efficacia e velocità, il gruppo B ha commesso invece diversi errori e lamentavano – nei questionari che hanno poi compilato per ogni operazione – un calo della concentrazione e un generale stato di tensione, o stress.

Per comprendere in che modo l’information overload può “alterare” il funzionamento della mente, vorrei mettere a confronto gli studi di Ernest Wood (formazione scientifica al Manchester College of Technology (UK) e autore del libro “Concentrazione”, e quelli di Richard Bandler , psicologo, informatico e ideatore (con il linguista Jhon Grinder) della PNL (Programmazione neurolinguistica), che negli ultimi 30 anni ha influenzato notevolmente le teorie sul funzionamento della mente umana.

Wood ha descritto, intorno al 1930, il modo in cui la mente sviluppa le connessioni tra oggetti e soggetti diversi, interferendo, più o meno, sul grado di concentrazione. Appena pensiamo ad esempio ad una “mucca”, si formano diramazioni mentali per associazioni di idee, legate per la maggior parte alle nostre esperienze passate.

Nel 1975 Richard Bandler, formulando il metodo della PNL, ha scoperto che le mente possiede tre “memorie” (uditiva, visiva e cinestesica) e che gli occhi, proprio come il mouse del computer, si muovono in direzioni diverse, a secondo di dove si sta acquisendo il ricordo (per esempio nella memoria uditiva costruita, memoria visiva creativa, memoria cinestesica costruita, ecc). Quindi, ogni sollecitazione interna (un pensiero composto di immagini oppure suoni-parole) o esterna, può farci spostare di continuo verso le nostre varie memorie interne, attraverso “associazioni neurolinguistiche”. La PNL come metodo terapeutico ha rivoluzionato e cambiato l’approccio alla guarigione delle fobie o disturbi mentali, dimostrando che è possibile risolverle in poche sedute, invece che in anni di psicoterapia. Ma quello che voglio sottoporre alla vostra attenzione è il meccanismo naturale con cui il cervello produce neuroassociazioni, per cui se sottoposto ad un bombardamento di stimoli-informazioni, crea un grande numero di concatenazioni.

Oltre un certo livello, l’eccesso di concatenzioni neuroassociaative affatica il cervello. Dunque noi che viviamo nel corpo. In definitiva: non ho una risposta risolutiva su dove ci condurrà l’economia del sovraccarico informativo. Ma certamente so che adesso, per le nostre vite, serve un impegno di prevenzione serio della nostra salute. Imparare a staccare la spina e spegnere cellulari e tecnologia varia, anche solo per mezza giornata, come faremo ad esempio nel raduno benessere che ho organizzato il 26 luglio a Borgo Paola , a Bracciano. Se volete, ci vediamo lì.

Enzo Di Frenna
Runfortecnostress Network
enzodifrennablog

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Pubblicato il
22 lug 2008
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