Uberpop, conferma di stop

Uberpop, conferma di stop

Il tribunale di Milano conferma l'illegalità del servizio con autisti amatoriali e ne decreta il fermo, dopo la sospensione provvisoria. Ed anche UberBlack torna in garage
Il tribunale di Milano conferma l'illegalità del servizio con autisti amatoriali e ne decreta il fermo, dopo la sospensione provvisoria. Ed anche UberBlack torna in garage

Il tribunale di Milano ha confermato il blocco in tutta Italia della app Uberpop , respingendo il reclamo nel merito presentato di Uber, e ha altresì sancito l’obbligo per gli autisti di UberBlack di tornare in garage tra una chiamata e l’altra.

Si tratta del terzo no ricevuto dalla startup a stelle e strisce: il primo è quello dello scorso 26 maggio con il quale il tribunale ha deciso – a seguito dell’accoglimento del ricorso da parte dei tassisti – il blocco dell’app e del relativo servizio dedicati alla condivisione di passaggi a bordo di auto di guidatori non professionisti in quanto giudicati colpevoli di concorrenza sleale nei confronti dei servizi offerti dai taxi; il secondo è stato ricevuto da Uber come risposta alla richiesta di revoca di tale inibitoria in attesa della decisione in merito al suo ricorso. Il terzo no, appunto, è conseguente al ricorso nel merito.
Per il tribunale di Milano mancano nell’offerta di UberPop i requisiti di trasparenza e sicurezza: “Nel suo complesso il sistema dei prezzi non ha regole predeterminate e trasparenti” e per questo, secondo i giudici, “non va a vantaggio dei consumatori”.

Inoltre, nonostante Uber certifichi che i suoi piloti amatoriali abbiano una patente da almeno 3 anni ed una fedina penale pulita, e riferisca di avere un’assicurazione a copertura del servizio offerto, “appare di interesse pubblico primario tutelare quella delle persone trasportate sia tramite garanzie di efficienza delle autovetture utilizzate, sia tramite garanzie di idoneità, serietà ed equilibrio dei conducenti, sia tramite adeguate coperture assicurative”.

Infine, si legge nelle motivazioni, il servizio “approfitta della fiducia dei giovani” e “non vale a limitare in alcun modo l’inquinamento o la concentrazione del traffico” dal momento che secondo i giudici i suoi utenti in mancanza delle auto Uber si rivolgerebbero ai mezzi di trasporto pubblico.

In Italia, dunque, il servizio che era attivo da Maggio 2014 a Milano, Genova, Torino e Padova continua a restare fermo ai box, ma non rinuncia alla battaglia: via tweet conferma la propria offerta UberBlack e dice di continuare a “voler la mobilità del futuro”.


Più nel dettaglio Benedetta Arese Lucini, general manager di Uber Italia, afferma di aver “cercato di dimostrare che un’apertura del mercato gioverebbe a tutti, operatori e consumatori. Oggi abbiamo visto l’ennesima interpretazione delle norme di una legge del 1992 che governa ancora il sistema della mobilità italiana. Quelle stesse norme che sia per l’Authority dei trasporti che per quella per il Mercato e la Concorrenza andrebbero aggiornate”.

Sulla stessa linea, sostanzialmente, si era schierata Altroconsumo, ritenendo il servizio di Uber di interesse per il mercato ed i consumatori. Anche per questo l’associazione in difesa dei consumatori ha condiviso il testo di un documento che vorrebbe rappresentare una sorta di manifesto per lo sviluppo del mercato della sharing economy.

Ciononostante Uber si trova a dover affrontare problemi anche con il suo servizio UberBlack : esso prevede l’auto con conducente professionista ed è stato considerato al pari di UberPop “abusivo” e “in concorrenza sleale” nei confronti dei taxi dal momento che non parte da un garage come prevede la normativa che regolamenta i servizi NCC (Noleggio con Conducente) cui è assimilata, ma permette che le auto si trovano già per strada nel momento in cui l’app Uber smista le chiamate. L’intermediazione dell’applicazione finirebbe dunque per farlo coincidere con il servizio dei radio-taxi per cui le auto non hanno licenza adeguata.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
10 lug 2015
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