UK, il futuro del tecnocontrollo

UK, il futuro del tecnocontrollo

Le aziende dovranno collaborare a decifrare i contenuti a cui le autorità chiederanno accesso, gli operatori dovranno conservare cronologie delle attività online degli utenti, mentre si consolidano le basi legali delle attività dell'intelligence. Lo prevede l'Investigatory Powers Bill
Le aziende dovranno collaborare a decifrare i contenuti a cui le autorità chiederanno accesso, gli operatori dovranno conservare cronologie delle attività online degli utenti, mentre si consolidano le basi legali delle attività dell'intelligence. Lo prevede l'Investigatory Powers Bill

Il Regno Unito è fermamente determinato ad erigere nuove difese contro quelle che vengono percepite come minacce: terrorismo, cyberattacchi, pedopornografia. Per farlo, ha avviato la discussione della Investigatory Powers Bill, proposta di legge presentata nelle scorse ore al Parlamento dal segretario di stato per gli Affari Interni Theresa May, che già nel 2012 si era fatta latrice della proposta Communications Data Bill, tanto controversa da essere soprannominata Snoopers’ Charter, per l’invasività delle sue previsioni.

Fallito l’iter della precedente proposta, il Regno Unito ha tentato di agire su tutti i fronti. Lo ha fatto con leggi di emergenza incoerenti con il quadro normativo europeo come quella sulla data retention, presto decaduta al vaglio della giustizia. Lo ha fatto coinvolgendo il settore privato con la leva di dichiarazioni politiche ad effetto, per ottenere filtri contro il terrorismo e contro le sconcezze che possono corrompere i minori, e sistemi per contenere la pedopornografia . Lo ha fatto con tonanti proclami inneggianti all’abbattimento della cifratura nel nome di una nuda trasparenza a favore delle indagini della autorità incaricate di tutelare la sicurezza nazionale. Il tutto, in attesa che le istituzioni tornassero a cristallizzare le proprie promesse di sorveglianza in una proposta di legge.

È l’Investigatory Powers Bill la nuova creatura con cui Theresa May tenta di ritagliare il raggio d’azione delle forze dell’ordine in un clima sociopolitico da regime del Terrore, dopo lo spartiacque del Datagate . Le 300 pagine con cui la bozza legislativa è stata presentata promettono di distaccarsi completamente dallo Snoopers’ Charter, ma non rinunciano all’obiettivo di dotare “coloro che sono incaricati di proteggerci” dei poteri necessari ad “assolvere ai compiti sempre più complessi di questa era digitale”.

La data retention resta un cardine fondamentale della strategia britannica: i fornitori di connettività dovranno conservare per un anno gli “Internet Connection Record”, dati generici relativi alle sessioni online dei cittadini , sia mediate dai browser che dalle diverse applicazioni. I dati relativi alle attività online non comprenderanno le singole pagine visitate, i termini di ricerca immessi o i contenuti gli scambi intrattenuti con terzi ma solo i domini a cui si è avuto accesso e le applicazioni che si sono impiegate: May ha paragonato questa conservazione di dati a quella prevista per il traffico telefonico, che non investe i contenuti delle conversazioni. Questi dati non saranno accessibili alle autorità locali ma solo alle agenzie investigative centrali e una pena di due anni di carcere è prevista per coloro che ne abusino.

Il dibattuto nodo della cifratura , vessillo delle aziende IT e principio istituzionalmente riconosciuto dopo il Datagate, si scioglie con una rassicurazione: la proposta di legge non proibisce la cifratura, come facevano temere le dichiarazioni del Premier Cameron, ma nella bozza ci si attende la collaborazione delle aziende locali, obbligate ad “adottare misure ragionevoli” per rispondere alle richieste di accesso ai contenuti cifrati eventualmente emesse dalle autorità e autorizzate dalla giustizia.

Anche il regime dei mandati e delle autorizzazioni cambia: salvo eccezioni previste in un regime di estrema urgenza, un primo via libera per le intercettazioni deve essere garantito dallo stesso Segretario di Stato per gli Affari Interni, poi vagliato dai giudici della costituenda Investigatory Powers Commission .

Non è invece necessaria autorizzazione ulteriore per il GCHQ : dopo le rivelazioni di Snowden l’intelligence britannica, in patria e all’estero , avrà la libertà di rastrellare metadati relativi alle comunicazioni e “interferire” con i sistemi informatici, senza timore di contravvenire alla legge .

“Viviamo in un mondo digitale. La tecnologia sta avendo un profondo effetto sulla società. I computer sono al centro della nostra vita quotidiana. I big data stanno cambiando il modo in cui viviamo e lavoriamo. Internet ci ha offerto grandi opportunità per crescere e interagire con gli altri” ha dichiarato May nella relazione di presentazione . Evidentemente, sottolineano associazioni di attivisti come Open Rights Group e Liberty anche le autorità non hanno intenzione di lasciarsi sfuggire queste opportunità.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 5 nov 2015
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