UK, le cam totali funzionano

UK, le cam totali funzionano

Le forze di polizia considerano ottimi i risultati dei nuovi dispositivi di monitoraggio, compresi quelli mobili. Si fa largo un documento che si focalizza su roba vecchia, come il diritto alla privacy
Le forze di polizia considerano ottimi i risultati dei nuovi dispositivi di monitoraggio, compresi quelli mobili. Si fa largo un documento che si focalizza su roba vecchia, come il diritto alla privacy

Londra – Le forze dell’ordine del Regno Unito sono soddisfatte dell’implementazione degli occhi elettronici, che svettano vigili sul lato del copricapo di ordinanza. Le helmet cam hanno garantito un aumento dell’85 per cento degli arresti nell’area metropolitana di Plymouth. Il responsabile delle forze dell’ordine di Devon e Cornovaglia, Morris Watts, annuncia : la sperimentazione, che fino al mese di marzo doterà 250 bobby di un terzo occhio elettronico, rappresenta un deterrente che ha ridotto sensibilmente le attitudini più violente e riottose dei cittadini di Plymouth.

Leggerissime, le mini cam da 1800 sterline agganciate ai cappelli dei bobby , registrano fino a quattrocento ore di suoni e video: una fonte inestinguibile di testimonianze da impugnare in tribunale, assicurano le forze di polizia inglesi. Una mole di dati che va ad aggiungersi alle prove di flagranza che quotidianamente raccolgono gli oltre quattro milioni di telecamere a circuito chiuso che punteggiano ogni angolo delle città inglesi.

Se i tutori dell’ordine sono entusiasti dei nuovi strumenti di controllo che facilitano loro il lavoro, nel contempo si lamentano , sostenendo che l’autorità sull’Informazione, nel tentativo di regolamentare alcuni utilizzi delle videocamere nel Data Protection Act , rischia di nuocere al raggiungimento dell’obiettivo sicurezza.

Negli Stati Uniti, classificati nella graduatoria di Privacy International in una posizione appena più meritevole rispetto al Regno Unito per quanto riguarda la privacy, le acque si sono smosse proprio di recente . Nel momento in cui si è tentato di imporre un regime di sorveglianza che avrebbe fatto somigliare San Francisco alla Londra pullulante di occhi elettronici, due associazioni che si battono per la difesa dei diritti civili, Electronic Frontier Foundation e American Civil Liberty Union , hanno tentato di scuotere l’opinione pubblica. Un’opinione pubblica spesso “assuefatta” e inerte, che anche i ricercatori inglesi, da parte loro, stanno tentando di pungolare. Tra questi, Andrew Adams, della University of Reading : ha in programma di esporre il problema alla platea internazionale di Ethicomp , evento che si svolgerà a Tokio in primavera.

Il suo rapporto, Regulating CCTV , sta già circolando in questi giorni: è un’invettiva contro la gestione non oculata delle tecnologie di sorveglianza nel Regno Unito, tecnologie che stanno diventando sempre più invasive , divenendo tentacolo di una piovra automatica ma intelligente, dotata di mille risorse con cui tracciare i movimenti di ogni singolo cittadino, fino ad arrivare persino a prevederne i comportamenti. Un uso della tecnologia che facilmente rischia di scivolare in un abuso da parte delle forze dell’ordine, oltre a rappresentare una ghiotta occasione per i malintenzionati.

Quel che preoccupa il ricercatore inglese è la ” data shadow “, la data-immagine capace di marchiare il cittadini con una raggiante reputazione o con uno stigma indelebile. “L’esempio estremo del pericolo rappresentato da questa situazione si può ravvisare nell’episodio che ha coinvolto Jean Charles de Menezes, colpito mortalmente nella metropolitana di Londra a causa di informazioni errate, che lo catalogavano come terrorista”, chiosa Adams sulle pagine di The Register .

Inoltre, Adams nel suo report sottolinea come l’identità di ciascuno sia costituita dalla percezione che l’individuo ha di sé, incrociata con la percezione che gli altri hanno di lui, trasmessa nei feedback delle interazioni sociali. La data-immagine con cui lo Stato scheda i cittadini giocherebbe quindi un ruolo significativo, insinuandosi nelle dinamiche con cui gli individui intessono delle relazioni , e condizionando, essa stessa, l’autopercezione di ciascuno. Solo basandosi su questo presupposto, solo consentendo alle persone di negoziare la propria identità con il mondo che lo circonda, si possono definire i paletti per l’invadenza di una società che ha deciso di abbandonarsi alla sorveglianza continua.

Il ricercatore, dunque, invoca l’avvento di un CCTV Act per tracciare dei confini tra identificazione e monitoraggio, rendere consapevoli i cittadini della presenza di occhi elettronici, bilanciare e proporzionare motivazioni e usi delle tecnologie di sorveglianza nonché garantire ai cittadini l’inviolabilità dei database in cui sono immagazzinate le loro informazioni. Utopia?

Gaia Bottà

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Pubblicato il
5 feb 2007
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