Un DMCA distrutto da un referendum?

Un DMCA distrutto da un referendum?

Se lo augurano gli svizzeri che stanno organizzando la rivolta contro una versione tutta alpina della direttiva sul copyright. Se l'Europa già soffoca con la EUCD, gli Svizzeri hanno già smesso di respirare
Se lo augurano gli svizzeri che stanno organizzando la rivolta contro una versione tutta alpina della direttiva sul copyright. Se l'Europa già soffoca con la EUCD, gli Svizzeri hanno già smesso di respirare

Con una petizione e 50 mila firme si tenterà di dare una stangata alla versione svizzera del complesso normativo statunitense chiamato DMCA , che tanti “figli” ha fatto in tutto il Mondo. Un “DMCA svizzero” che Parlamento e Consiglio Nazionale del governo locale hanno approvato ad ottobre. Senza perder tempo, la petizione è pronta , occorre solo sottoscriverla.

L’articolo 39a, comma 1, parla chiaro: “Le misure tecnologiche per la protezione di contenuti e altro materiale non possono essere aggirate”. Non bastasse, il comma 2 spiega: “Per misure tecnologiche si intende tecniche di controllo di accesso e di copia, distorsioni e altre elaborazioni progettate per, o intese a, limitare o prevenire l’impiego dei contenuti”. Chiude l’articolo il singolare comma 4, che in realtà mitiga il senso della blindatura: “La proibizione di aggirare la protezione non può essere applicata alle persone che la attuino per scopi legali”.

La “nuova” legge svizzera, invisa ai cittadini, criminalizza dunque l’atto di eludere i lucchetti digitali quali le tecnologie DRM e impedisce, negli altri commi, di riferire ad altri gli eventuali metodi impiegati per aggirare le protezioni. “Ciò significa”, spiega BoingBoing , “che anche se si ha il diritto di accedere a una canzone, un video, un libro o un documento, nessuno è autorizzato a spiegare come fare per accedere ai dati (superando la protezione, ndR)”.

Questo, grazie al comma 4, non impedisce di trasferire di propria iniziativa contenuti regolarmente acquistati, ad esempio, per iTunes, su sistemi diversi per proprio legittimo uso. Ammesso che il cittadino disponga delle competenze per farlo, senza che nessuno gli abbia riferito come fare. Resta però il quesito espresso nella petizione: “Come ci si può attendere che un consumatore faccia uso dei suoi diritti legittimi se nessuno può fornirgli indicazioni o aiutarlo a raggiungere legalmente lo scopo?”.

In rete, in queste ore, vi è molto fermento intorno alla vicenda. “Se raccogliamo 50 mila firme”, si spiega nella petizione, “possiamo chiedere il parere pubblico nazionale, che stabilirà se questa normativa avrà o meno efficacia”. Non resta che seguire gli sviluppi di questa singolare vicenda e, qualora il referendum dovesse avere l’efficacia che si attendono gli estensori della petizione, almeno sognare di poterla applicare anche… altrove.

Marco Valerio Principato

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Pubblicato il
4 dic 2007
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