Una folla di satelliti pronta a volare in orbita

Una folla di satelliti pronta a volare in orbita

Dal Giappone al Regno Unito, passando per l'Iran. I vettori spaziali affollano i cieli. La satellite-mania contagia proprio tutti
Dal Giappone al Regno Unito, passando per l'Iran. I vettori spaziali affollano i cieli. La satellite-mania contagia proprio tutti

C’è chi inneggia al monoteismo, chi agli affari, chi alla difesa militare, ma tutti sono d’accordo su un fatto: in orbita bisogna andarci , conviene allo stato e al business, soprattutto oggi che certe cose non se le possono permettere solo gli statunitensi col loro colossale buco di bilancio alimentato dall’agenzia NASA. D’altronde se persino Google è arrivato nello spazio , non si vede il motivo per cui chiunque altro non possa pensare di fare altrettanto.

A fare notizia è prima di tutto Omid (speranza), il primo satellite fatto in casa che l’Iran annuncia di aver lanciato in orbita con un razzo vettore Safir-2. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha confermato il successo dell’operazione, inframmezzando i proclami religiosi con l’orgoglio autarchico di chi è riuscito a “ottenere ufficialmente una presenza nello spazio”.

Lungi dall’essere indirizzato a operazioni e obiettivi militari, rassicura il governo iraniano, Omid è stato inviato nello spazio “con intenti assolutamente pacifici”, anche se tali rassicurazioni non sono state sufficienti a convincere granché i governi (come quello francese) preoccupati che l’Iran si possa servire delle sue nuove tecnologie balistiche per spingere in avanti i suoi progetti di sviluppo atomico .

In contesti diversi si parla di satelliti per motivazioni completamente differenti, e se l’India registra il fallimento della missione mista euro/indiana W2M , nel Regno Unito si pensa al reboot di vecchi progetti per scopi puramente commerciali.

Dopo 38 anni dall’abbandono del progetto governativo (tra l’altro coronato dal successo) Black Arrow , la società Surrey Satellite Technology Limited è al lavoro con la Virgin Galactic del miliardario Sir Richard Branson per sviluppare un nuovo “launcher”, un velivolo in grado di trasportare l’eventuale vettore satellitare nelle parti più esterne dell’atmosfera senza il dispendio di energia necessario a fare lo stesso lanciandolo da terra.

Come la partnership con il notorio spaziofilo Branson lascia intravedere, il launcher inglese sarebbe indirizzato prima di tutto a fare business : in contesti civili, militari o commerciali poco importa, l’importante è che frutti utili e si conquisti un mercato in cui non c’è poi tutta questa concorrenza.

Ultimo ma non ultimo, nello spazio vuole andarci anche il Giappone con il programma Optical, e con il lancio entro il 2014 di un satellite in grado di sfoggiare una risoluzione ottica che permetta di identificare oggetti con un diametro al di sotto dei 40 centimetri, ponendosi in diretta concorrenza con le (ignote) capacità degli strumenti di intelligence che il governo USA certamente possiede, ma che non pubblicizza.

Tenendo fede alla sua natura pacifica da post-seconda guerra mondiale, il Sol Levante intende usare Optical No. 5 (questo il nome del futuro satellite) per incrementare le sue capacità di raccolta informazioni, migliorando gli strumenti di indagine sulle postazioni militari di potenze straniere guerrafondaie o anche raccogliendo immagini estremamente dettagliate dai luoghi devastati da incidenti o disastri naturali.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
4 feb 2009
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