Unisys: Itanium non ha futuro

Unisys: Itanium non ha futuro

Il noto produttore di server recita una litania funebre per il mai decollato chippone di Intel. Sostiene che non offra più alcun vantaggio rispetto al cugino Xeon. Nel frattempo, si attende l'Itanium next-gen
Il noto produttore di server recita una litania funebre per il mai decollato chippone di Intel. Sostiene che non offra più alcun vantaggio rispetto al cugino Xeon. Nel frattempo, si attende l'Itanium next-gen

Nato poco più di dieci anni or sono come alternativa economica alle più note famiglie di processori RISC, quali Power e SPARC, Itanium non è mai decollato, rimanendo confinato ad una piccolissima nicchia del mercato hi-end. Tra i produttori di server che in questi anni lo hanno “scaricato” c’è Unisys , che oggi considera il chippone di Intel come un prodotto senza più futuro.

A scrivere l’epitaffio di Itanium è Colin Lacey, dirigente Unisys, che in una intervista pubblicata sul blog del giornalista americano Brooke Crothers, sostiene che oggi Itanium non offra alcun vantaggio rispetto al cugino Xeon. Sia dal punto di vista delle performance che da quello dell’affidabilità, Lacey afferma che l’ultima generazione di Xeon sia tranquillamente in grado di tenere testa, e talvolta superare, Itanium.

Il manager di Unisys ha fornito come esempio il suo nuovo server di classe enterprise ES7000 Model 7600R che, utilizzando i giovani Xeon a 6 core, è stato capace di segnare un punteggio record nel test per la valutazione del rapporto prezzo/performance del benchmark Transaction Processing Performance Council’s (TPC) TPC-H.

“Le performance di questo server dimostrano la crescente superiorità dei sistemi Xeon-based nel campo delle applicazioni mission-critical, quali la business intelligence, rispetto ai sistemi basati sui processori Itanium”, si legge in questo comunicato di Unisys.

Oggi i principali produttori di server che hanno in listino sistemi basati su Itanium sono Fujitsu, NEC, Bull, Hitachi, SGI e HP, ma quest’ultima – che è anche la co-sviluppatrice, insieme ad Intel, dell’architettura IA-64 – genera da sola la maggior parte del fatturato proveniente da questa piattaforma: secondo Gartner, nel 2008 il 95% dei sistemi Itanium venduti nel mondo portava il marchio di HP.

Nel 2007 Intel difese a spada tratta Itanium, affermando che questo processore “è qui per restare”. Oggi i produttori di server rimasti fedeli a Itanium appaiono però sempre più sfiduciati. Il motivo principale è dato dal grande ritardo accumulato dall’Itanium di nuova generazione, noto in codice come Tukwila : il lancio di questo chip quad-core, primo della sua famiglia ad adottare un processo produttivo a 65 nanometri, era inizialmente previsto per il 2007.

Tukwila dovrebbe portare con sé novità consistenti, quali l’implementazione del bus Intel QuickPath Interconnect e l’integrazione di un controller di memoria DDR3; ma il rischio, per Intel, è che queste innovazioni arrivino fuori tempo massimo, quando l’industria – ad eccezione di pochi fedelissimi – si sarà ormai definitivamente orientata verso le più convenienti e versatili architetture x86-64.

Ad Itanium non sorride neppure il settore dei supercomputer, che sulla carta dovrebbe essergli congeniale. Secondo l’ultima classifica pubblicata da Top500.org , tra i 500 sistemi di calcolo più potenti al mondo quelli basati su Itanium sono soltanto 9. Un numero che praticamente scompare se comparato ai 429 sistemi x86 (369 basati su Xeon e 60 basati su Opteron).

Nonostante tutto, Intel e HP sembrano nutrire ancora grande fiducia nelle potenzialità di Itanium. Paul Otellini, CEO di Intel, ha di recente definito IA-64 “un’architettura davvero fondamentale per noi” sostenendo che questa “negli ultimi cinque anni è cresciuta più di qualsiasi altra architettura per mainframe sul pianeta”. Cruciale il punto di partenza, si potrebbe obiettare.

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Pubblicato il 20 feb 2009
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