USA, indagine sull'advertising di Google

USA, indagine sull'advertising di Google

Mountain View accantona 500 milioni per eventuali conseguenze dell'azione del DoJ: la Grande G è forse coinvolta per comportamenti messi in atto da suoi inserzionisti
Mountain View accantona 500 milioni per eventuali conseguenze dell'azione del DoJ: la Grande G è forse coinvolta per comportamenti messi in atto da suoi inserzionisti

Da un lato Google, dall’altro il Dipartimento di Giustizia ( Department of Justice , DoJ ). Sullo sfondo il settore dell’advertising online; al centro un bottino da 500 milioni di dollari.
È questo il quadro del nuovo confronto di Mountain View con le autorità.

Il DoJ ha aperto un’indagine sulle pratiche nel settore advertising di Google, che parla di “azioni nei confronti di alcuni suoi inserzionisti”. Potrebbe insomma trattarsi di situazioni di responsabilità indiretta sul genere di quelle avviate in Europa contro l’utilizzo di marchi registrati all’interno di pubblicità di terzi, conclusesi nel Vecchio Continente con l’assoluzione di Mountain View.

I 500 milioni di dollari rappresentano per Google una precauzione in vista di eventuali problemi con l’advertising: li ha messi da parte in vista della risoluzione dell’indagine DoJ e di possibili sanzioni. Questa, d’altronde, la spiegazione offerta alla Securities and Exchange Commission , l’ente governativo statunitense preposto alla vigilanza della Borsa e degli investimenti dei consumatori.

Precauzione o meno, la cifra pesa sul risultato netto di gestione dell’ultima trimestrale, che in conseguenza dei centinaia di milioni accantonati scende rispetto a quanto dichiarato in precedenti comunicazioni da 2,3 a 1,8 miliardi di dollari. Alla fine in calo rispetto al periodo precedente che aveva chiuso a 1,96 miliardi di dollari .

Il DoJ, nel frattempo, ha dato il via libera all’acquisizione da parte di Google della startup ITA (condizionato al mettere a disposizione della concorrenza il software QPX). L’operazione dovrebbe invece ancora ricevere l’avallo della Federal Trade Commission (FTC).

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
11 mag 2011
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