USA, stracciata la Net Neutrality

USA, stracciata la Net Neutrality

Come promesso, Trump cancella le regole sulla neutralità della Rete: sorridono i provider, mentre tutti gli altri si disperano. E promettono battaglia...
Come promesso, Trump cancella le regole sulla neutralità della Rete: sorridono i provider, mentre tutti gli altri si disperano. E promettono battaglia...

La Federal Communications Commission ha votato per smantellare le regole a stelle e strisce sulla Neutralità della Rete.

Da oggi in poi , dunque, la connessione ad alta velocità non rientrerà più per le autorità in un servizio di pubblica utilità come il servizio telefonico e gli Internet Service Provider non dovranno più garantire il medesimo trattamento a tutti i servizi online, ma potranno per esempio offrire una connessione prioritaria a determinati contenuti o renderne l’accesso potenzialmente a pagamento o limitatamente ad alcuni profili di abbonamento.

Per quanto gli osservatori generalisti – soprattutto in Italia – sembrano aver abboccato alla propaganda di Trump che parla di attacco ad Obama, la questione della Neutralità della Rete va oltre l’ex presidente democratico: è vero che le regole ora stralciate che la garantivano erano state approvate sotto la Presidenza Obama, ma erano soprattutto il frutto di un lavoro che era direttamente collegato alle evidenze emerse dalle nuove evoluzioni tecnologiche.

Per quanto infatti il partito dei sostenitori della cancellazione della neutralità della Rete afferma che Internet ha funzionato molto più tempo senza che con questa normativa – indicazione tecnicamente vera – che non rappresenterà pertanto la fine di nulla, si trattava di una realtà differente, in cui non si erano ancora modulate le diverse possibilità di piattaforme comprensive di diversi contenuti, in continua competizione tra loro sulla base di condizioni di base identiche. Insomma, quello che non viene sottolineato dalla nuova gestione di FCC è che è stata l’evoluzione della tecnologia a spingere principalmente le autorità ad adottare uno schema preciso e limiti per impedire che le migliori evoluzioni fossero intralciate indebitamente da parti terze e in particolare dai provider che possono controllare i rubinetti della connessione.

Le regole votate sotto l’amministrazione Obama e supportate dal precedente presidente della FCC Tom Wheeler erano – in questo senso – considerate uno dei cardini dell’Open Internet: ciò non è bastato a salvarli dalla rivoluzione Trump, anzi sono stati uno dei primi campi di battaglia della nuova amministrazione della Casa Bianca contro la precedente, tanto che proprio l’ostilità manifestata nei suoi confronti fin dall’inizio da Ajit Pai sembra essergli valsa la nomina al vertice FCC da parte del Presidente Trump: subito dopo la vittoria elettorale del tycoon, Pai scriveva in una lettera aperta al neoeletto Presidente USA come fosse necessario adoperarsi per lo smantellamento della net neutrality e si era inoltre distinto per il voto contrario a una normativa mirata a impedire agli ISP di condividere informazioni degli utenti (come l’utilizzo di dati e la cronologia di navigazione) senza esplicito consenso da parte degli stessi.

I provider potranno pertanto ora modulare liberamente i propri piani d’abbonamento nella più totale libertà, potendo per esempio chiedere tariffe aggiuntive più elevate per connettere gli utenti a determinati siti web o offrendo sconti per i dati necessari ad accedere a piattaforme ad essi collegati . Un vantaggio secondo Ajit Pai , che dice che gli utenti potranno beneficiare di una nuova grande varietà di opzioni di abbonamento. “Stiamo aiutando i consumatori e promuovendo la competizione -ha detto Pau – dal momento che i fornitori saranno maggiormente incentivati a costruire reti soprattutto nelle aree non servite”. D’altra parte nei suoi primi 11 mesi come presidente di FCC Pai ha anche adottato una serie di misure per allentare i limiti imposti ai fornitiori di servizio in merito al tetto massimo di fatturazione e tagliato i fondi per i programmi destinati a politiche per compensare il digital divide.

Sia prima che dopo la votazione decisiva non sono mancate le proteste (sia online che in strada e anche da parte di numerosi VIP ) che ora si riflettono nei commenti altamente preoccupati dei protagonisti del settore: Sheryl Sandberg di Facebook ha parlato di scelta “deludente e dannosa” e che “un’Internet aperta è di vitale importantza per garantire la sopravvivenza di nuove opportunità economiche e idee”; Netflix di grave minaccia per l’innovazione, così come Microsoft ed Amazon che ha promesso che continuerà a lavorare con i suoi partner per assicurare il rispetto dell’apertura ed equità di Internet e molte associazioni tra cui Public Knowledge ed EFF hanno già annunciato che ricorreranno alle vie legali, come stanno d’altra parte pensando di fare le coalizioni di categoria come Internet Association (che raggruppa le grandi aziende ICT tra cui Google e Facebook).

Pochi, insomma, non si sono fatti sentire contro la decisione: tra questi c’è tuttavia il gigante che detiene circa il 70 per cento dei contenuti del mondo occidentale, la Disney che – in concomitanza con il suo acquisto di Fox – ha parlato di “neutralità nei confronti della neutralità” e della convinzione che “nulla può davvero ipedire ai grandi contenuti di venir fuori”.

Per quanto la scelta di Trump sia limitata al territorio degli Stati Uniti, non si può peraltro escludere che non avrà conseguenze solo a livello domestico: essa rischia naturalmente di avere ripercussioni ovunque , questo perché i Paesi in via di sviluppo spesso si ispirano allo stato della normativa a stelle e strisce e perché numerosi contenuti cui accedono gli utenti anche europei provengono dagli Stati Uniti.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
15 dic 2017
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