Viviamo per produrre miliardi di gigabyte

Viviamo per produrre miliardi di gigabyte

Una ricerca stima l'immane quantità di informazioni in formato binario circolata nella Rete delle reti, ma non solo, nel corso del 2006. E avverte: in futuro potrebbe scarseggiare lo spazio per immagazzinare i contenuti di tutti
Una ricerca stima l'immane quantità di informazioni in formato binario circolata nella Rete delle reti, ma non solo, nel corso del 2006. E avverte: in futuro potrebbe scarseggiare lo spazio per immagazzinare i contenuti di tutti

I dati generati, immagazzinati e scambiati sui variegati binari della moderna società dell’informazione durante l’anno 2006 nel mondo hanno superato quota 161 miliardi di gigabyte , ovvero 161 exabyte .

Lo dice l’istituto di ricerca IDC : foto, video, email, siti web, instant messaging, chiamate vocali attraverso piattaforme di VoIP, tutto ha contribuito a mettere insieme la stima del fluire oceanico e senza freni dei dati digitali.

Dati per “visualizzare” i quali si tentano improbabili allegorie: è come mettere assieme 12 cataste di libri lunghe quanto la distanza tra la Terra e il Sole, 3 milioni di volte le parole contenute in tutti i libri mai scritti, 2 miliardi degli iPod dal taglio più capiente sul mercato ripieni fino all’orlo di MP3 e filmati: quello che una volta veniva definito il gigabyte overload è diventato exaflood , il debordare di exabyte al di là delle capacità di contenimento di infrastrutture e dispositivi di stoccaggio .

Che il mondo fosse malato di information overload lo aveva già stabilito una precedente stima dell’ Università di Berkeley , secondo la quale le informazioni digitali prodotte nel 2003 ammontavano a 5 exabyte. In quel caso, i ricercatori avevano messo in conto anche le informazioni non elettroniche come le trasmissioni radio analogiche e gli appunti da ufficio, sommando il consumo di spazio dopo la loro eventuale digitalizzazione .

IDC si è invece mossa su binari differenti: nel conto sono finiti i nudi dati in formato binario, oltre al numero di volte in cui essi sono stati replicati . Un file audiovisivo proveniente dalla tv digitale è stato ad esempio conteggiato quando è stato prodotto e anche ogni volta che gli utenti ne hanno fruito. Se si fossero limitati alla sola produzione delle informazioni, i ricercatori avrebbero dovuto fermarsi a 40 exabyte totali.

Un lavoro, quello di IDC, basato su molte delle analisi di mercato interne della società, e per questo difficile da riprodurre o da confutare/confermare . Due ricercatori dell’Università di San Diego, che utilizzeranno il metodo-Berkeley per un rapporto che verrà pubblicato in futuro, sostengono come lo studio vada preso con le molle, e purtuttavia “i numeri non dovrebbero essere eccessivamente fuori obiettivo”.

Fondamentale è capire quali fattori abbiano generato una tale valanga di info digitali, e perché essi siano cruciali per lo sviluppo delle infrastrutture future: i contenuti autoprodotti sono cresciuti in maniera esponenziale , e IDC prevede arriveranno al 70% del totale entro il 2010. Notevole poi l’inflazione degli archivi generati dalle aziende a seguito di un crescente utilizzo di sistemi di videosorveglianza e ritenzione dei dati.

Troppi dati, tanti da non sapere, in un domani non molto remoto, letteralmente dove metterli : nel 2006 la disponibilità di spazio è ammontata a 185 exabyte, e secondo le attuali stime di crescita sarà di 601 exabyte nel 2010. Peccato che, per lo stesso periodo, l’exaflood sarà balzato da 161 exabyte a 988 exabyte, misura molto vicina al fantascientifico zettabyte .

A parziale mitigazione di questa preoccupante prospettiva, il mercato dello storage va verso una progressiva ma costante riduzione del costo per gigabyte , senza considerare che non tutti i dati digitali generati vengono immagazzinati e archiviati. Basti pensare alle email cancellate, o alle chiamate su VoIP di cui non si conserva traccia. In questo caso, i ricercatori di IDC non mettono in conto eventuali progetti di sorveglianza globale che mantengano archivi immani di traffico digitale per ricerche future.

Sia come sia, la ricerca mette in luce la necessità di affidarsi, per gli anni a venire, a strumenti per la protezione, la ricerca e il recupero di informazioni sempre migliori per non perdere pezzi sostanziali dell’io digitale all’interno di questo evanescente ma pesantissimo universo di dati.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 7 mar 2007
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