Vodafone Booster, femtocelle all'italiana

Vodafone Booster, femtocelle all'italiana

Il sistema che funziona da mini-ripetitore per i dispositivi situati in ambienti con scarsa copertura di rete mobile sbarca in Italia. Con qualche interrogativo su norme e net neutrality - UPDATE
Il sistema che funziona da mini-ripetitore per i dispositivi situati in ambienti con scarsa copertura di rete mobile sbarca in Italia. Con qualche interrogativo su norme e net neutrality - UPDATE

Update 19/04: Modificati quinto, sesto e settimo paragrafo con le informazioni gentilmente fornite da Vodafone.

Roma – Vodafone Italia presenta Vodafone Booster, dispositivo che sfrutta la tecnologia delle femtocelle sviluppata da Alcatel-Lucent, per assicurare una copertura della rete mobile all’interno di edifici, case, impianti industriali e zone parzialmente isolate dove il segnale mobile non arriva.

La tecnologia, già utilizzata nel Regno Unito, Giappone e Stati Uniti, mancava in Italia. Le femtocelle sono apparecchi che, una volta collegati a un modem o router di una connessione a banda larga, ne sfruttano il traffico per creare una mini-stazione radiobase fungendo da ripetitori: in questo modo la femtocella crea una cella domestica che sfrutta la stessa connessione per creare una rete privata , che copre i buchi di copertura estendendo la banda larga mobile per una copertura costante di voce e dati in un’area massima di 500 metri quadri.

Compatibile con tecnologia UMTS/HSDPA , il dispositivo di Vodafone sbarcherà nei punti vendita Vodafone dal 18 aprile.

Due i modelli previsti: Vodafone Booster V2.0c che per 169 euro offre una copertura fino a 90 metri quadri per un massimo di 4 connessioni contemporanee, e Vodafone Booster V1.5e che per 549 euro garantisce una copertura fino a 500 metri quadri per un massimo di 8 connessioni contemporanee. Oltre al prezzo per il dispositivo non dovrebbe essere richiesta nessun’altra spesa o tariffa, come invece fa per esempio AT&T oltreoceano. In assenza di colli di bottiglia l’utente riceve in cambio una connessione teorica a 14 Mbps (si tratta ovviamente di una stima ideale).

Sebbene le femtocelle non sia una tecnologia particolarmente recente, in Italia restano in ballo alcune questioni che fin qui non sono state risolte (e che non vengono del tutto chiarite dalla pagina di presentazione del prodotto). Fatte salve tutte quelle legate a radiofrequenze, emissioni, data retention (probabilmente gestite in fase di omologazione e con un log centralizzato), la prima è relativa alla localizzazione dell’apparecchio : Vodafone, in questo caso, specifica che è necessario comunicare l’indirizzo esatto in cui verrà installata l’apparecchiatura in fase di registrazione, e che funzionerà solo in quella zona; l’azienda conferma che per la localizzazione vengono fornite alcune informazioni dall’utente alla prima accensione, modificabili nel caso venga spostata, e che l’apparecchiatura provvede comunque a effettuare autonomamente delle verifiche di attendibilità delle informazioni fornite tramite triangolazione e identificazione della centrale.

La seconda questione, che discende direttamente dalla prima, è l’installazione stessa: alla luce del varo delle recenti misure che hanno dato vita all’ albo dei tecnici addetti all’installazione di dispositivi che si connettono alla rete pubblica, appare quantomeno improbabile ipotizzare che un apparecchio come questo, che funziona in radiofrequenza e per cui va creata una white list di utenti, possa venire installato in autonomia dal cliente. Vodafone, al momento, non ritiene la questione rilevante, né crede che sia necessario occuparsene nel futuro immediato.

Infine, c’è in ballo la questione della neutrality : “Lo scopo di Vodafone Booster è offrire una copertura continua per effettuare chiamate, inviare SMS e MMS e navigare in mobilità da una posizione eventualmente non coperta o scarsamente coperta dalla rete 3G” recita il sito Vodafone, appellandosi al principio cosiddetto dei servizi di emergenza per scovare la fessura entro cui far rientrare questi apparecchi nella norma italiana. Sebbene questo dovrebbe garantire, sul piano tecnico, la liceità della tecnologia, resta da capire se altri operatori (tutti quelli che forniscono ADSL in Italia, per esempio) saranno felici di accollarsi il traffico voce e dati mobile di Vodafone sulla propria rete: vale la pena ricordare, in questo caso, le frizioni che tutt’ora persistono tra un fornitore di servizi VoIP come Skype e Vodafone stessa. Se le altre parti coinvolte dovessero decidere di applicare criteri simili a quelli dell’operatore britannico, l’uso pratico delle femtocelle Vodafone potrebbe essere più complesso del previsto. In ogni caso, l’azienda fa sapere che non intende tenere un profilo aggressivo sulla vicenda, e sebbene i contratti in essere per la fornitura ADSL ai privati al momento non contengano clausole che impediscano questo tipo di utilizzo, l’opzione consigliata all’atto dell’acquisto della femtocella sarà sempre l’abbinamento a un contratto di fornitura di connettività della stessa Vodafone.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il 15 apr 2011
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