Waymo e Lyft, insieme per le auto senza pilota

Waymo e Lyft, insieme per le auto senza pilota

Le due aziende, contrapposte a Uber per motivi diversi, uniscono le loro forze per testare la tecnologia delle driverless car e rafforzare la loro presenza in un settore fortemente dinamico e competitivo
Le due aziende, contrapposte a Uber per motivi diversi, uniscono le loro forze per testare la tecnologia delle driverless car e rafforzare la loro presenza in un settore fortemente dinamico e competitivo

Lyft e Waymo hanno raggiunto un accordo di collaborazione sul fronte dello sviluppo delle auto senza pilota .

Anche se mancano ancora i dettagli dell’accordo, entrambe le aziende hanno confermato la collaborazione nel promettente quanto già affollato settore di ricerca delle driverless car: solo nella Silicon Valley sono già molte le aziende che stanno lavorando a progetti simili, da ultimo Apple che a inizio mese ha esordito con i test del proprio sistema di auto a guida autonoma utilizzando un Suv Lexus RX450h, ma si stanno impegnando su questo fronte anche produttori tradizionali come Peugeot, Volkswagen e BMW.

Waymo, spin-off dedicato proprio allo sviluppo di auto senza pilota frutto dell’alleanza tra Google e FCA, ha accordi in essere già con diversi produttori di automobili tra cui – oltre il gruppo italo-americano – Honda, e minivan Chrysler Pacifica in prova sulle strade dell’Arizona; Lyft, da parte sua, metterà a disposizione la sua rete di passeggeri e autisti per provare il sistema driverless sul mercato commerciale del car sharing.

L’accordo tra Lyft e Waymo, oltre che come strategica alleanza per non vedersi tagliare fuori in un settore di ricerca pieno e in continuo movimento, può essere vista anche in ottica anti-Uber, che è impegnata – nonostante qualche ritardo – sul fronte delle driverless car (su questo fronte ha in essere un accordo per esempio con Daimer) e che con entrambe le aziende ha un conto in sospeso.

Waymo aveva denunciato la startup di Elon Musk per violazione di segreti industriali e diritti brevettuali legati a radar, Lidar, telecamere ed il software necessario a sintetizzare tutte le informazioni così ottenute e metabolizzarle per il sistema di guida delle auto driverless: al centro del contendere la sua consociata Otto e in particolare l’ingegnere Anthony Levandowski, ex ricercatore di vertice di Google, passato a gennaio 2016 a Uber, che ora si è appellato al quinto emendamento (e quindi alla possibilità di non esprimersi sul caso per non autoaccusarsi in una possibile causa penale).

Lyft è invece l’app di car sharing che offre il servizio più vicino a quello di Uber e con cui Elon Musk si è trovato fin dall’inizio a scontrarsi: sembra per esempio che il programma “Hell” di Uber sia stato sviluppato proprio per sfruttare le vulnerabilità di Lyft e accalappiarne clienti e autisti.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
16 mag 2017
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