WebTheatre/ L'Italia, Babelgum e le serie semiserie

WebTheatre/ L'Italia, Babelgum e le serie semiserie

di Gabriele Niola - Cofondatore e CEO italiani, ma fuori dall'Italia: Babelgum produce contenuti originali e interessanti. L'esempio di Vamped Out, vita di un vampiro che nessuno crede tale
di Gabriele Niola - Cofondatore e CEO italiani, ma fuori dall'Italia: Babelgum produce contenuti originali e interessanti. L'esempio di Vamped Out, vita di un vampiro che nessuno crede tale

In Italia, si sa, non produciamo webserie degne di nota. No, non ne facciamo proprio, e laddove produciamo qualcosa si tratta di materiale che non è né audace dal punto di vista del linguaggio né talmente appetibile commercialmente da evangelizzare il pubblico all’esistenza di modalità espressive nuove. Eppure è solo all’interno del perimetro della penisola che non riusciamo ad essere realmente competitivi su questo mercato, perché esiste un’azienda diretta e fondata da italiani che invece si muove e bene nel mondo del video per la rete. È Babelgum .
 
Fondata da Silvio Scaglia e Erik Lumer e ora gestita dal CEO Vittorio Zingarelli, passata attraverso una crisi del proprio modello veicolativo (un software da scaricare proprio poco prima della nascita dell’era dello streaming video) che ne ha ridotto il personale e l’ha riconvertita in produttrice di contenuti, Babelgum non solo è sopravvissuta laddove la sua rivale più diretta ha fallito ( Joost , fondata e concepita dalle menti dietro Skype e KaaZaa), ma si sta anche facendo valere a livello espressivo.
Non è solo una questione di modelli tecnologici o scelte distributive. Babelgum ha deciso da tempo di puntare sul cinema e sul linguaggio audiovisivo, ha fatto baccano con il suo Film Festival presieduto da Spike Lee e poi con il Video Music Festival presieduto da Michel Gondry, si è posizionata con autorevolezza e si è aperta ai contenuti. Il risultato è che ora può vantare un parco serie interessante, divertente e con un taglio anche abbastanza personale. Su Babelgum si trova materiale diverso per contenuti ma simile per mood e ora anche un interessante esordio.
 
Si tratta di Vamped Out , webserie a sfondo ironicamente vampiresco ideata e diretta da Kevin Pollack , un caratterista americano comparso in decine di produzioni di altro profilo hollywoodiane (“di cui almeno 6 erano ottimi film” come ama dire), pellicole che vanno da Casino a Codice D’Onore fino a I Soliti Sospetti . Il tema dei vampiri è molto abusato e Pollack per il suo esordio alla regia punta proprio su questo: su quanto sia usurato parlare di una cosa del genere e su come possa sentire di conseguenza un vero vampiro.
Operando il movimento semiotico corretto da fare in questi casi (dal glamour al privato, dal grande al piccolo, dal clamoroso al banale) Pollack parla di un vampiro che è davvero tale ma a cui nessuno crede, un vampiro nel nostro mondo che si lamenta di come non venga mai preso a fare il vampiro nei film e di come molte cose che vede o sente nei racconti siano sbagliate. Per riprendere questa storia lavora con troupe leggera e pur avvalendosi di talenti di primissimo livello come Robert Legato (genio degli effetti visivi, premio Oscar per Titanic nel 1997 e qui in veste di direttore della fotografia e montatore), non rinuncia a quel taglio da web che aveva imparato a maneggiare in Kevin Pollack Chat Show , spettacolo sempre per la rete al quale aveva partecipato nelle vesti di autore e presentatore.
 
Vamped Out è una serie che conta sei episodi per la prima stagione (al momento siamo al quinto) e che sembra essere già pronta ad una seconda, sempre girata con il medesimo stile: il taglio del documentario usato per realizzare un finto-documentario, in cui l’autore, interpretato dallo stesso Pollack, si muove in un circolo para-hollywoodiano di agenti, attricette e ovviamente vampiri sotto mentite spoglie alla ricerca della fine del suo film. Oltre quindi al vero protagonista della serie (il vampiro intervistato) c’è anche il regista che intervista, il quale persegue un suo obiettivo per arrivare al quale deve rincorrere l’altro personaggio.
Vamped Out Ad una seconda lettura inoltre Vamped Out ha un modo di instillare dubbi e questioni in chi guarda che non è comune. Tutta la serie infatti gioca sul fatto che benché il protagonista affermi di essere un vampiro, beva sangue dai bicchieri e dica di sentirsi male senza di esso, poi in effetti non gli crede quasi nessuno perché non sembra un vampiro (in primis non è pallido) e ciò che il documentarista vuole appurare è proprio la vera natura di quest’uomo. Ad un livello più profondo quindi il finto-documentario di Kevin Pollack si interroga su quanto un vero documentario possa scavare la realtà e quanto sia in grado di smascherare la menzogna per restituire il vero. Spesso ciò che è finto riesce ad essere più vero di ciò che è reale e questo è il tema attorno al quale gira Vamped Out con non poca furbizia.
 
VAMPED OUT – EPISODIO 1
 

Gabriele Niola
Il blog di G.N.

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Pubblicato il 13 mag 2010
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