Ecommerce, in Cina funziona così

Ecommerce, in Cina funziona così

Tutti i volontari hanno dovuto cedere dopo qualche giorno a causa dell'impossibilità di potersi sostentare solo tramite transazioni via internet
Tutti i volontari hanno dovuto cedere dopo qualche giorno a causa dell'impossibilità di potersi sostentare solo tramite transazioni via internet


Cina – Dal nostro corrispondente – Ieri, secondo giorno di contrattazioni del nuovo millennio nel mercato borsistico americano, il Nasdaq è crollato sull’onda delle voci sul possibile rialzo dei tassi di interesse americani. All’interno del Nasdaq sono pure crollate le mie azioni, comprate un po? per la curiosità di provare l’ebbrezza dell’e-commerce, ma sulle quali stavo cominciando pure a fare guadagni interessanti.

Qualcuno tra i miei pochi lettori potrà chiedersi come mai io, che abito in Cina, vado a giocare sulla borsa di New York. L’osservazione è pertinente e merita una risposta con alcuni esempi sullo stato dell’e-commerce in Cina.

Qualche tempo fa, qui in Cina, dei volenterosi giovanotti si sottoposero ad un esperimento per testare lo stato attuale del commercio via web chiudendosi in stanze isolate dal mondo esterno, tranne che per una connessione ad internet ed avendo a disposizione carte di credito con cui pagare le transazioni effettuate.

I risultati sono stati alquanto demoralizzanti; tutti i volontari hanno dovuto cedere dopo qualche giorno a causa dell’impossibilità di potersi sostentare solo tramite transazioni
via internet. Uno dei volontari ha commentato che sembrava un incubo, avere soldi da spendere liberamente senza riuscirvi. Il risultato dell’esperimento non mi ha stupito, considerata la ancora scarsa diffusione in Cina di internet e dei mezzi di pagamento come la carta di credito.

Un analogo esperimento ha avuto luogo a Taiwan con risultati leggermente migliori. Senza entrare nella diatriba politica se Taiwan sia una regione separata dalla Cina oppure uno stato indipendente, bisogna comunque dire che sia lo stato di alfabetizzazione informatica che la diffusione delle carte di credito sono maggiori che nella Repubblica Popolare Cinese.

Nonostante le migliori premesse, solo uno dei volontari è riuscito a concludere l’esperimento, uscendone con la barba sfatta, lo sguardo allucinato e dimagrito di cinque chili.

Per questi motivi, l’unico sistema che avevo per provare l’e-commerce era attivarmi su siti americani, e così sono andato ad accrescere il parco buoi degli investitori on-line della borsa americana.

Le cose anche qui stanno cambiando, anche se lentamente e con caratteristiche cinesi. Sulla stampa di qualche settimana fa avevo per esempio letto della possibilità di giocare in borsa tramite internet. Dopo un po? di ricerche, sono riuscito finalmente a trovare i siti sui quali si potrebbero fare tali transazioni. Decido così di informarmi ed inizio a contattare i numeri di telefono riportati nei siti web.

Primo problemino, bisogna recarsi di persona con i documenti e riempire della modulistica (i vari broker americani generalmente permettono l’invio dei moduli via internet e, per le firme, via posta). Telefono per informazioni al servizio clienti di alcuni broker, con esiti scoraggianti. Il primo risponde che il servizio è di nuova concezione, al momento il sito funziona solo come diffusione di informazioni, e non si sa quando sarà possibile fare transazioni via internet. Il secondo risponde che stanno aspettando le approvazioni per le linee dedicate necessarie al servizio. Linee dedicate? Ma una connessione via modem non va bene? Chiedo incuriosito.

Dopo un po? mi rendo conto che la persona non sa bene di quel che stiamo parlando, pur essendo del supporto tecnico, e lascio scoraggiato. Ma forse tutto il male non viene per nuocere, come rifletto quando, tornato davanti al mio computer dopo questo giro di telefonate, lancio di nuovo un’occhiata a quanto sono scese le mie azioni.

Wang Xiaobo

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Pubblicato il
7 gen 2000
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