Game design, come iniziare a scrivere?

Game design, come iniziare a scrivere?

Punto Informatico ne parla con l'associate producer di 505games, Davide Racah. Il cuore di tutto sono i GDD, i Game Design Document. Ma cosa sono e come si scrivono? Dove portano?
Punto Informatico ne parla con l'associate producer di 505games, Davide Racah. Il cuore di tutto sono i GDD, i Game Design Document. Ma cosa sono e come si scrivono? Dove portano?

Quali sono le caratteristiche che deve possedere un videogioco di successo? Una buona trama, un buon protagonista, un buon gameplay e un buon sistema sonoro, tanto per cominciare. Per entrare nel mondo dei videogame non è sempre indispensabile conoscere tecniche avanzate di programmazione o saper realizzare un motore grafico, a volte è sufficiente un po’ di fantasia e una buona capacità di comunicazione. Oltre ad avere chiare le meccaniche di gioco.

Nell’ambito dei videogame, i Documenti di Game Design (o GDD – Game Design Document) rappresentano il lasciapassare fra il mondo delle idee e quello dei fatti. Si tratta di un tipo di documento il cui scopo è descrivere l’idea, il concept di un nuovo videogioco. Scrivere un buon GDD non è affatto banale: bisogna essere concisi e concreti. Fare attenzione a non eccedere in dettagli che non sono significanti e non tralasciare invece gli aspetti che vanno approfonditi. Ma quali sono i dettagli non significanti e quali sono gli aspetti che vanno approfonditi? Punto Informatico ne ha parlato con Davide “Dangaio” Racah , Associate Producer per la divisione italiana di 505games , a Milano.

Punto Informatico: Per iniziare, proviamo a spiegare con semplici parole che cos’è un documento di game design?
Davide “Dangaio” Racah: Un documento di game design, in sostanza, è un progetto che contiene tutte le informazioni e le indicazioni necessarie per trasformare una precisa idea in realtà.
Possiamo considerarlo alla stregua di un “blueprint” per la costruzione di un oggetto complesso in cui tutti i componenti necessari sono spiegati ed illustrati chiaramente o se preferisci lo si può considerare come una mappa che racchiude tutte le indicazioni per raggiungere un determinato luogo entro un determinato tempo: il concetto di base rimane praticamente lo stesso in entrambi gli esempi.
Questo documento permette di avere sempre sotto controllo lo stato di avanzamento dello sviluppo del gioco e soprattutto ci permette di affrontare la prima grande difficoltà con cui noi Game Designer ci dobbiamo scontrare: riuscire ad esprimere un’idea in modo chiaro e conciso a chi lo leggerà.
Possedere una buona fantasia, la capacità di proporre nuove idee e di risolvere i problemi, non basta se non si è in grado di esporre in maniera accurata il tutto.
Detto così potrebbe sembrare banale, ma riuscire ed esprimere una idea e fare in modo che chiunque legga questo documento (soprattutto chi finanzia il progetto) non si ponga domande o dubbi sui vari aspetti che vengono trattati è veramente difficile.
A ogni dubbio o domanda corrisponde quasi sempre un pezzo di informazione mancante o inesatta.

PI: Dentro, quindi, c’è sostanzialmente l’idea…
DDR: Il GDD contiene anche gli aspetti economici riguardo al gioco (i costi di sviluppo) e le tempistiche entro cui si può ottenere il prodotto finito e pronto ad essere commercializzato. L’aspetto economico è sicuramente la parte più noiosa in assoluto e spesso va aggiornata continuamente in base all’introduzione di nuove caratteristiche all’interno del gioco.
Infatti tutto quello che non era previsto nel GDD al momento dell’accordo con il team di sviluppo, ha un costo extra che si va ad aggiungere al costo iniziale del progetto e comporta una dilatazione del tempo necessario per ottenere il gioco finito.

PI: Perché scrivere un buon GDD è tanto importante?
DDR: Il GDD è la “bibbia”, il riferimento supremo a cui ci si rivolge sempre in caso di dubbi.
Più un GDD è scritto bene e si mostra “solido”, più facilmente i programmatori potranno svolgere il loro lavoro avendo ben in mente cosa realizzare e come farlo nei tempi previsti.
Se al suo interno non vi sono indicazioni precise e specifiche, spesso capita che ci si ritrova ad avere tra le mani un prototipo del gioco che presenta delle grosse discrepanze con l’idea di base che si voleva realizzare.
Giusto per fare un esempio in italiano:
“…il fantasma appare di colpo nella stanza e si avventa contro il giocatore. Il giocatore può respingerlo con una abilità”.
Non è molto preciso e si presta a una innumerevole serie di interpretazioni e di domande, dalle più semplici (come e dove appare?) fino a quelle più complesse (come si modifica la stanza in base a questo evento?)
Non occorre scendere a livelli di dettaglio maniacali (a meno che non si punti a un gioco di classe AAA), è sufficiente spiegare bene e in maniera semplice cosa succede e come va gestito il tutto.

PI: Come si crea un documento di game design? Quali strumenti sono necessari?
DDR: Un GDD non ha un formato specifico: generalmente una suite office (MS Office o OpenOffice) va benissimo per iniziare a creare il documento base, qualche grafico, un foglio di calcolo per tenere traccia delle tempistiche e dei costi correlati, una presentazione delle principali caratteristiche ecc.
A seconda del livello di complessità che ci si trova ad affrontare e di come si è scelto di esporre la propria idea, può capitare di utilizzare anche solo uno strumento.
Io personalmente da un po’ di tempo sto utilizzando un software chiamato Video Game Design Pro 2006 che per pochi dollari mi consente, grazie alla sua struttura quasi completamente modulare, di tenere tutto quanto organizzato in un unico file, di spostare una sezione da un punto all’altro del documento in un paio di click e all’occorrenza di esportare il mio GDD nei formati più diffusi (doc, pdf, rtf, ecc).
L’ordine in un GDD è importante! Facilita la lettura e rende più semplice capire se c’è qualche errore o se è possibile migliorare qualche punto in particolare.

PI: Quali sono i consigli che ti senti di dare a chi volesse scriverne uno?
DDR: Premesso che generalmente un GDD lo si scrive in inglese (raramente capita di poterlo scrivere in italiano) occorre evitare il primo errore più comune e banale: scrivere in italiano il GDD e poi tradurlo in un secondo momento (magari dopo qualche settimana) in inglese.
Le idee condensate nella prima stesura e le relative interpretazioni finiscono con il perdersi nei meandri del nostro cervello con il passare del tempo:-P
Conviene scriverlo direttamente in inglese cercando di utilizzare un lessico semplice e una struttura delle frasi che non lascino spazio alla personale interpretazione di chi leggerà questo documento.
Periodi brevi, ortografia presente e corretta, niente arzigogoli linguistici, niente termini ricercati e di uso non comune e infine scarso uso dei sinonimi che potrebbero finire per creare confusione.
L’uso dell’imperativo e del presente serve a indicare che tutto quello contenuto all’interno del GDD si farà esattamente come riportato.

PI: Qualche consiglio per chi inizia?
DDR: Per riuscire a scrivere un buon GDD consiglio di iniziare a scrivere tutto quello che viene in mente e poi di riordinare tutto quanto, suddividendolo in modo schematico e categorico.
In questo modo, durante l’ordinamento delle idee risulta molto più facile notare qualcosa che non torna nel contesto o un errore o una imprecisione.
Chi parte (come nel mio caso) con un background di scrittore è notevolmente avvantaggiato in quanto è già in grado di crearsi una struttura da seguire nell’esporre un concetto.
Ovviamente ognuno ha il suo modo di lavorare e il suo sistema nell’organizzare le proprie idee, l’importante è che si cerchi sempre di esporre il tutto in maniera semplice, ordinata e concisa.

PI: Come capire quanto peso dare ai singoli aspetti del gioco nel GDD?
DDR: Le prime 2-3 pagine del GDD dovrebbero essere dedicate a una piccola introduzione del gioco in modo da spiegare il tipo di gioco presente nel documento e poi una pagina dedicata alla lista dei punti chiave / di forza del gioco.
Per chi è alle prime armi con i GDD non bisogna farsi prendere dal panico, ma cercare di ordinare il tutto secondo una scaletta che semplificherà di molto il lavoro.
Un esempio di scaletta dei temi da trattare e organizzare da cui partire:
High Concept / Storyline / Gameplay / Game Mechanics / Gameplay Variables / Controls / Characters /Vehicles / Weapons / Environments / Camera Views / Sound / Playthrugh /
Tramite internet è possibile reperire anche il “ctaylor design template”: una struttura base veramente ottima per iniziare a scrivere un GDD.

PI: Puoi dirci di più riguardo i personaggi?
DDR: I personaggi rivestono sempre un ruolo fondamentale all’interno di un videogioco, a volte sono così caratterizzati da permettere a chiunque di ricordarsi un titolo (e del relativo brand).
Come non citare Mario Bros, Lara Croft, Samus, Solid Snake, Link, Sonic, Kratos, X e Zero, Ryu Ken e Chun-Li, tra i più famosi che mi sono appena venuti in mente e in ordine rigorosamente sparso:-P
Quando si creano i personaggi, si decide anche il loro ruolo e il livello di dettaglio che il giocatore dovrà percepire: il personaggio principale generalmente dispone di una storia piuttosto profonda alle spalle, in modo da coinvolgere il giocatore e permettere una sorta di “identificazione” virtuale con l’eroe o l’anti eroe che si sta utilizzando.
In questo caso non c’è molta differenza tra il definire un personaggio per un videogioco e il personaggio di un libro.
Una volta deciso il background del personaggio, si passa a decidere il livello di dettaglio che si vuole dedicare al personaggio in modo da mantenere coerente il tutto.

PI: Ci puoi fare qualche esempio?
DDR: Se per esempio il personaggio principale di un FPS è un mercenario dedito al solo accumulare soldi tramite i suoi lavori sporchi, sarà difficile vederlo mostrare qualsiasi sentimento durante lo svolgimento dell’azione: si tratta della perfetta macchina da guerra che pensa solo a completare la sua missione senza fare domande, basta pagarlo e tanto.
Un personaggio di questo tipo, può funzionare, ma è ancora troppo limitato: occorre introdurre qualche dettaglio in più che gli dia una maggiore “profondità”.
Se aggiungiamo un lato della sua vita privata posta al di fuori del suo “lavoro”, in cui vediamo il nostro terribile protagonista alle prese con le donne e scopriamo che è un imbranato cronico con loro a causa della sua incapacità nell’esprimere dei sentimenti, il personaggio acquista maggiore “spessore” e diventa più divertente da utilizzare.
Soprattutto se poi viene aggiunta una serie di minigame o una piccola sezione gestionale in cui il giocatore può cercare di risolvere (in parte o peggiorandoli) i problemi sentimentali del personaggio principale.

PI: Per dargli “spessore” è sufficiente questo? O c’è dell’altro?
DDR: Una volta definito il background del personaggio, la sua storia, le sue motivazioni e il suo carattere, si passa a definire il suo abbigliamento.
Abbigliamento che deve essere in tema con il personaggio e di cui si può trovare traccia della sua personalità e della sua storia: per esempio il nostro mercenario indosserà la tenuta da combattimento degli agenti della SAS, in quanto ha prestato servizio in quel corpo militare per molto tempo.
Utilizza una maschera da Hockey per nascondere il suo volto e la sua arma bianca preferita è il machete: questo perché il nostro mercenario è un fan sfegatato dei film di Venerdì 13.
Non credo che un abbigliamento composto da camicia hawaiana, bermuda ed sandali infradito sia adatto a questo tipo di personaggio, ma se inseriamo questo abbigliamento come bonus sbloccabile dal giocatore, allora si può differenziare in vari modi il suo aspetto senza creare delle incongruenze.

Fortunatamente non spetta a noi Game Designer disegnare i personaggi e per fortuna direi, perché a disegnare lascio molto a desiderare! Diciamo che sono un cultore degli “stickmen”:-P
A seconda dei fondi disponibili per il progetto a cui si sta lavorando, potrebbe capitare di avere a disposizione una o più persone dedicate solo al “Character Design” che in base alle informazioni del Game Designer, creano alcuni bozzetti di prova riguardo ai personaggi principali.
Bozzetti che poi verranno rivisti dal Game Designer e/o dallo staff del marketing prima di scegliere su quale personaggio puntare e la loro caratterizzazione finale.

PI: Come si progetta un gameplay efficace?
DDR: Iniziamo con il definire il concetto di “gameplay”.
Questa parola indica l’intera esperienza di gioco: in pratica l’insieme delle meccaniche di gioco e il contesto a cui sono applicate, unite alle sensazioni del giocatore.
Supponiamo per gioco di dover esplorare una vecchia villa abbandonata di notte assieme a due amici, muniti di una sola torcia elettrica e di giocare a un survival horror in cui dobbiamo esplorare una vecchia villa abbandonata con l’aiuto di due amici conosciuti online.
Nonostante le meccaniche di gioco siano praticamente le stesse, il contesto e le sensazioni provate dai giocatori sono differenti: il gameplay stesso cambia.
Progettare un gameplay efficace vuol dire per prima cosa creare delle meccaniche di gioco che permettano al giocatore di divertirsi e di immergersi nel mondo virtuale che abbiamo creato con il nostro videogioco.

PI: Anche qui possiamo rubarti qualche consiglio?
DDR: Un semplice trucchetto per creare una scena di gioco sufficientemente profonda ed “immersiva” è quello di proiettarsi all’interno della scena e annotare tutti i particolari che potrebbero tornarci utili. Nel caso della villa abbandonata da esplorare, dovremo inserire molti elementi per elaborare una ricostruzione virtuale in grado di far provare al giocatore le stesse sensazioni di una vera esplorazione.
Il rumore dei passi, il respiro degli amici, le parole degli amici, il loro tono di voce che passa dallo spavaldo allo spaventato, il cono di luce proiettato dalla torcia elettrica e i relativi giochi d’ombra, il vento che si insinua tra i corridoi e che fa muovere gli oggetti leggeri e che sibila quando trova una piccola apertura.
Tutti questi dettagli sono necessari per iniziare a creare una scena decisamente credibile in grado di far provare al giocatore quel senso di paura e di minaccia nascosta tra le tenebre che nella vita reale lo farebbero sobbalzare al primo rumore imprevisto o al primo movimento che avviene nella penombra.
In questo modo il gameplay, l’esperienza di gioco nella sua totalità, provata dal giocatore sarà decisamente soddisfacente.

PI: Come si sceglie il sistema di controllo adeguato e come si implementa?
DDR: Il sistema di controllo è croce e delizia per i giocatori quanto per gli sviluppatori.
Non è affatto facile implementare un sistema di controllo in grado di soddisfare le esigenze crescenti dei giocatori, mantenendo una curva di apprendimento sensata.
Alcuni giochi come Mario Kart Wii per esempio implementano differenti sistemi di controllo per venire incontro a tutti i possibili tipi di giocatori: dai fan irriducibili del pad del GameCube a chi preferisce utilizzare il “volantino” di plastica per avere un controllo più preciso.
Una volta deciso lo schema di azioni che il personaggio può compiere e come esso interagisce con il mondo, si comincia a pensare a quanti pulsanti sono necessari per gestire il tutto.
A volte capita di provare differenti sistemi di controllo prima di trovarne uno in grado di fornire un buon compromesso tra il numero di tasti utilizzati e le funzioni disponibili.
I gamepad delle nuove console per esempio offrono un set di funzioni particolari da poter sfruttare per ottenere un coinvolgimento maggiore del giocatore.
Prendiamo per esempio il gamepad della Wii: solo il Wii remote possiede 7 tasti (6 utilizzabili) e il suo Nunchuck possiede uno stick digitale e 2 altri tasti.
Oltre a tutti questi tasti e allo stick ci sono anche le funzioni di rilevazione di movimento, accelerometro, giroscopio, rumble e altoparlante. Praticamente un gioiello tecnologico dalle infinite potenzialità.
Spesso ci si fa prendere dalla voglia di utilizzare tutte le capacità e i tasti del gamepad a disposizione e di integrarle nel sistema di controllo, con il risultato di rendere qualsiasi videogioco praticamente ingiocabile. Da nessuna parte infatti vi è scritto che vanno utilizzati tutti i tasti e tutte le capacità del gamepad.
Se un gioco riesce ad avere un buon sistema di controllo con 4 pulsanti e due funzioni, perché rischiare di incasinare il tutto inserendo altre funzioni o tasti da usare?

PI: Come assicurarsi del risultato?
DDR: Il modo migliore per perfezionare il sistema di controllo, consiste nel giocare personalmente al proprio gioco e nel far giocare anche persone che giocano raramente ai videogiochi: spesso i suggerimenti migliori per semplificare un sistema di controllo e renderlo così più fruibile arrivano dai giocatori con poca esperienza.

PI: I suoni e gli effetti ambientali quanto sono importanti?
DDR: Suoni ed effetti ambientali rivestono un ruolo molto importante nel creare ambienti completi in cui il giocatore può venire coinvolto con maggior efficienza.
Una buona colonna sonora in grado di adattarsi dinamicamente agli eventi in corso, predispone maggiormente il giocatore ad affrontare punti particolari del gioco.
Esattamente come nei film, quando la musica inizia ad accelerare e il ritmo si fa più serrato è il momento in cui di solito accadrà un evento importante o ci sarà uno scontro con un nemico bello tosto.
L’audio 3D poi ci consente di avvolgere il giocatore in un campo acustico in cui, come nella realtà, il suono varia di intensità rispetto alla posizione del giocatore.
Per esempio, un proiettile che passa vicino al personaggio sul video, lascerà una “traccia” sonora che si muoverà come nella realtà dal fronte verso il retro.
Gli effetti ambientali servono a dare credibilità a una scena: per esempio, tra l’interno di una scuola senza rumori e l’interno di una scuola con tutti i rumori tipici che la caratterizzano (fax, stampanti, voci dei docenti e studenti, campanella ecc) è facile capire quale delle due scene sia quella che permette al giocatore di “vivere” meglio l’esperienza.
Un buon tecnico del suono spesso è in grado di fornire tutti i suoni necessari per creare un ambiente credibile. PI: Come si propone un concept ad uno studio di sviluppo?
DDR: La prima cosa da fare è controllare se lo studio di sviluppo ha delle posizioni aperte come Game Designer o Producer o se stanno lavorando a qualche titolo piuttosto “pesante” per cui sono in un momento di ricerca personale.
Una volta trovato uno studio nel momento favorevole è il caso di inviargli via posta elettronica una breve presentazione di sé e un paio di pagine di “High Concept Design”, in pratica 2 pagine in cui si spiegano i principi base del proprio gioco e si illustrano le caratteristiche peculiari, che fanno la differenza rispetto a ciò che è già presente sul mercato e che fanno vendere il proprio gioco.
Se l’idea piace, di solito si viene ricontattati in tempi brevi con la richiesta di consultare il GDD completo e si discute riguardo alla possibilità di creare il videogioco.
Il dono della sintesi e la capacità di esprimere chiaramente le proprie idee in poche parole, in questo caso tornano decisamente utili.
Teniamo sempre presente che nessuno è disposto ad investire risorse sulla fiducia: occorre mostrare di avere almeno una serie di competenze base e di essere in grado di ordinare le idee.

PI: Quali sono gli errori da evitare?
DDR: Uno dei più classici errori che si fanno è quello di considerare la propria idea talmente innovativa ed originale che nessun altro sul pianeta ci sia ancora arrivato.
Purtroppo, come dice il proverbio: grandi menti pensano simile! Una idea ancora inesplorata a livello di mercato può venire ripresa da varie persone e possono arrivare decine di GDD basati sulla stessa idea base con poche variazioni.

PI: Puoi farci un esempio?
DDR: Avrai visto in commercio tanti giochi per il Nintendo DS basati sull’allevamento di cuccioli virtuali come i gatti.
Bene, in nessuno di questi giochi c’è la possibilità di utilizzare la visuale “notturna” in prima persona del gatto e di scorrazzare in giro per la casa per fare danni senza farsi beccare dal padrone (praticamente quello che combina il mio gatto tutte le notti -_-)
Questa idea di usare un gatto dispettoso e la visuale in prima persona con effetto di luce amplificata potrebbe essere la base per crearci un gioco intorno.
Credo che nel giro di un anno e anche meno, usciranno in commercio dei giochi che implementeranno questa idea.
Una volta messe a punto le proprie idee è il momento di perfezionarle e soprattutto farle girare! Tenere le idee ferme in un cassetto non fa altro che danneggiarci, poiché qualcun altro con la stessa idea di base potrebbe prendere il nostro posto!

PI: E come si propone un gioco ad un publisher? Anche qui, quali errori vanno evitati?
DDR: Per prima cosa occorre disporre di un gioco almeno in fase alpha in cui siano presenti alcuni livelli completi, il motore grafico sia stabile, i personaggi siano già caratterizzati e che il GDD e il TDD siano accurati e precisi.
A questo punto per proporre un gioco a un publisher è buona norma per prima cosa contattare il publisher a un indirizzo e-mail e presentarsi, allegando nella e-mail anche il link per dove scaricare la versione demo/alpha del vostro videogioco e la relativa documentazione.
Non allegate file pesanti, bloccare la posta elettronica di chi dovrà valutare poi il vostro lavoro non è mai un buon inizio.
Può essere molto utile allegare una piccola scheda di presentazione del gioco in pdf che comprende:
il titolo, il team di sviluppo, 3 o 4 immagini, genere del gioco, età minima del giocatore richiesta, una breve descrizione della trama e una lista di punti di forza che caratterizzano questo gioco.

PI: E dal punto di vista economico? Cosa aspettarsi?
DDR: Se è il primo videogioco che si è creato a livello professionale, suggerisco di cercare un accordo economico che comprenda le royalty in modo da rendervi più appetibili agli occhi del publisher e ridurre in questo modo per il publisher le spese nel caso il videogioco non venda.
I publisher, come ogni azienda, sono orientati al profitto: una pretesa di 150.000 euro + le spese di sviluppo è meno allettante di una pretesa di 90.000 euro + le spese di sviluppo + le royalty per un titolo sfornato da un gruppo di programmatori sconosciuti.
A seconda del target che si vuole raggiungere con il videogioco, può anche essere utile prendere in considerazione i canali Xbox Live, PS Network e Wii-Ware per pubblicare i propri titoli.
Riuscire a far conoscere il proprio nome e a mettere in commercio il primo videogioco è difficile, ma questo costituisce anche l’unica barriera di ingresso in questo mercato.
Il talento, quando c’è, viene riconosciuto abbastanza rapidamente e viene sempre premiato.

PI: Ci sono segreti per il successo in questo campo? Segreti da svelare, evidentemente…;)
DDR: I segreti per il successo? Secondo me, la logica KISS (Keep It Simple, Stupid) può essere una chiave per raggiungere il successo: non ha senso proporre idee così complesse e complicate che neppure il miglior team di programmatori sarà mai in grado di realizzare.
Le idee alla base di un videogioco devono essere semplici e il divertimento dell’utente deve essere sempre messo in primo piano.
Prendiamo per esempio “Geometry Wars”: idee semplici, grafica minimal e tantissimo divertimento per il giocatore!
Un giocatore contento sarà anche un videogiocatore che parlerà bene del vostro videogioco con altri videogiocatori su internet, blog ecc creando così un forte interesse intorno al vostro prodotto.

PI: Ci sono altri consigli che ti senti di dare?
DDR: Credete nella bontà delle vostre idee, parlatene con altre persone e siate disponibili nel raccogliere il loro parere.
Spesso gli amici sono fonte di validi consigli e di altre idee: mostrate a loro le vostre idee e chiedetegli di fornirvi un parere il più possibile sincero.
Prendete nota delle loro osservazioni e concentratevi sul perché è stata fatta quella osservazione.
In questo modo vi sarà possibile capire se siete sulla strada giusta o se c’è qualcosa da cambiare.
Ricordate che un’idea può essere fantastica sulla carta, ma può diventare orribile una volta trasformata in un videogioco.
Non demoralizzarsi di fronte a un fallimento, ma fare tesoro dei propri errori per migliorare e creare qualcosa di meglio.

A cura di Enrico “Fr4nk” Giancipoli

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Pubblicato il
18 lug 2008
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