Seoul – Altro che piogge monsoniche, per Microsoft in Corea le precipitazioni sono a base di “tegole”. La prima è piovuta dall’anti-trust locale più di un anno fa – e il coagulo legale non si è ancora assorbito; la seconda è giunta dalla Corte Suprema coreana che ha riconosciuto l’azienda statunitense colpevole di aver violato un brevetto altrui.
Nello specifico, si tratta di una tecnologia che permette a Microsoft Office di abilitare un cambio automatico tra l’inglese e il coreano. La Corte ha confermato che nel 1997 il professor Lee Keung-Hae, della Hankuk Aviation University , ha depositato nel rispetto di tutte le norme il brevetto correlato.
L’azienda hi-tech P&IB, che ha portato in tribunale Microsoft su mandato del professor Lee, ha richiesto – nella causa civile parallela – un risarcimento danni di circa 75 milioni di dollari. “Microsoft ha adattato le nostre tecnologie al suo pacchetto Office senza coinvolgere il professor Lee, e ha continuato a sostenere che i brevetti non valevano in tribunale”, ha spiegato il presidente della P&IB, Kim Kil-hae.
Gli avvocati di Microsoft, infatti, sostengono che i brevetti potrebbero essere invalidati dimostrando che la tecnologia adottata è una prior art , ovvero era impiegata prima del deposito del brevetto. “Abbiamo recentemente individuato una serie di prove che confuteranno gli effetti dei brevetti, e quindi proseguiremo con un’altra causa per annullarli”, ha dichiarato il legale Chung Jae-hoon.
A questo punto bisognerà aspettare il prossimo pronunciamento del tribunale, ma se P&IB dovesse vincere, Microsoft potrebbe essere obbligata ad acquistare le licenze della tecnologia di Lee, riconoscendo anche i danni arrecati in questi anni.
75 milioni di dollari possono essere considerati una cifra accettabile per non rimanere fuori da uno fra i più importanti mercati mondiali. Ma secondo alcuni analisti, aggiungendo anche i 32 milioni di dollari comminati dalla Korean Fair Trade Commission , per la questione anti-trust , l’investimento comincerebbe ad essere troppo consistente. Il rischio, quindi, è che il peso delle ammende possa fare da catalizzatore persino per una veloce dipartita dal paese del colosso di Redmond.
Dario d’Elia