Indagini di mercato web, maneggiare con cura

Indagini di mercato web, maneggiare con cura

Una discrepanza fra le ricerche di mercato di comScore e i dati offerti da Google innesca un terremoto azionario. Gli analisti avvertono: le indagini di mercato non sono affidabili
Una discrepanza fra le ricerche di mercato di comScore e i dati offerti da Google innesca un terremoto azionario. Gli analisti avvertono: le indagini di mercato non sono affidabili

Gli azionisti si affidano alle società di analisi, il loro umore è fortemente influenzato dai dati rilasciati dagli analisti delle tendenze del web, si lasciano sballottare da dati dissonanti emessi dalla aziende di cui stanno seguendo il comportamento sul mercato. Sono discrepanze e discordanze che sono emerse riguardo ai dati dell’advertising relativi a Google, incongruenze che hanno innescato un ingiustificato terremoto azionario . Le ricerche di mercato, lo dicono le stesse aziende che le realizzano, vanno prese con le pinze.

Oggetto del contendere, i paid click collezionati Google, un metro dell’interesse dimostrato dai netizen nei confronti delle pubblicità veicolate da BigG. Secondo i dati di comScore , i paid click sarebbero in crescita del 3 per cento rispetto al mese precedente, una crescita dell’1,8 per cento rispetto allo scorso anno. Quelli di comScore sono dati che sembrano confermare quelli rilasciati in precedenza, dati che suggerivano la tendenza ad una tiepida crescita dell’advertising veicolato da Mountain View, che avevano spinto gli analisti a raccomandare cautela nelle interpretazioni, ma che avevano avuto un impatto significativo sul valore dell’azienda.

I dati di Google invece dimostrano tutt’altro : l’azienda, comunicati i risultati relativi al primo quarto del 2008, racconta con entusiasmo che i paid click sono cresciuti del 20 per cento rispetto al primo quadrimestre dello scorso anno, del 4 per cento rispetto all’ultimo quadrimestre 2007. Ritornano a salire le azioni di Google, mentre quelle di comScore accusano il colpo lasciando sul campo l’8 per cento.

Dati in apparenza discordanti, si rivelano poi essere complementari: lo spiega lo stesso Andrew Lipsman, analista di comScore. Dati che possono apparire sintomo di insuccesso possono in realtà raccontare un successo se corredati di ulteriori informazioni: i dati comScore si riferiscono ai paid click fatti registrare sull’utenza USA e solo per quanto riguarda i risultati che Google fa comparire fra le ricerche, a pagamento. I dati Google, invece, si riferiscono all’intero settore dell’advertising di BigG e sono calcolati su scala globale.

Gli analisti non si sono dimostrati troppo disorientati: sono in molti a notare la discrepanza fra i dati forniti da Google e i dati estrapolati dalle elaborazioni comScore, ma sono altrettanti coloro che non si stupiscono del gap. Gli attori del mercato, spiega il Wall Street Journal , prendono in considerazione le ricerche delle aziende specializzate ma sono soliti trattarle con le pinze: sono consapevoli del fatto che si tratti di approssimazioni tracciate su campioni di popolazione , sono consapevoli del fatto che ricerche di mercato effettuate da aziende diverse possono offrire risultati diversi, proiezioni basate su parametri differenti . Ad essere oggettivi sono invece i dati offerti dalle aziende stesse: Google si sta avvicinando a sapere con certezza chi guarda cosa sul web.

La maggior parte degli attori dell’advertising diffida. Le agenzie pubblicitarie tendono a incrociare e confrontare i risultati delle diverse ricerche di mercato e a considerare queste analisi come semplici strumenti per orientarsi . Per determinare il valore degli spazi pubblicitari, preferiscono affidarsi a dati reali, ai dati di cui tengono traccia le stesse piattaforme pubblicitarie o ai riscontri reali che la campagna riesce ad ottenere: “Non guardiamo ai dati comScore per valutare l’efficacia del sistema di Google – spiegano da Ogilvy & Mather – guardiamo ai nostri parametri per misurare l’efficacia di una campagna”.

È però quando mancano tempo e dati oggettivi che stime e ricerche di mercato vengono prese per buone. Ciò vale soprattutto per i trader: nella febbrile ricerca di informazioni che possano dare il polso del mercato, che possano suffragare le proprie intuizioni, spesso finiscono per affidarsi a dati che le stesse società di analisi definiscono “materiale grezzo per effettuare dei confronti”.

Le società di ricerca, pungolate dai propri clienti, promettono dati capaci di rappresentare meglio la realtà, dati commentati in maniera trasparente, e rinnovano il monito a maneggiarli con cautela: a spiegarlo è un rappresentante di Quantcast, azienda specializzata in misurazioni web: “Nessuna fonte esterna alle aziende potrà mai sapere il 100 per cento di quello che sa l’azienda stessa”.

Gaia Bottà

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Pubblicato il 22 apr 2008
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