Roma – Per le cinque major del disco riunite nel consorzio Musicnet il sogno di una notte di mezza estate era quello di una grande nuova Napster, animata da migliaia di navigatori della rete disposti a scaricare file musicali a pagamento dalla rete Internet. Lo stesso bellissimo sogno sognato anche dalle altre due case discografiche rimaste fuori da Musicnet, Sony e Universal, si dovrebbe concretizzare attraverso una iniziativa analoga chiamata Pressplay nel giro di poco tempo. A differenza di Musicnet, che indica tuttora sul suo sito web per la fine estate l’apertura del servizio, più prudentemente Pressplay usa tempi meno precisi coniugati al futuro per annunciare il prossimo esordio del servizio. In molti ci siamo chiesti ultimamente se l’e-commerce travestito da file sharing della grande industria musicale (compreso il progetto di Bertelsmann sulla conversione di Napster, anch’esso in grave ritardo rispetto ai tempi previsti) partirà davvero e soprattutto se funzionerà.
Ha preso forma in questi giorni una divertente contrapposizione fra alcuni di questi grandi protagonisti dell’intrattenimento musicale su scala planetaria. Come sapete – PI ne ha dato notizia più volte – molti editori musicali stanno incorporando nei loro CD tecnologie antipirateria che vanno sotto il nome di DRMT (Digital Right Management Technology). Esse sono una altra faccia – meno nota – della lotta alla pirateria musicale su Internet. Da un lato si cerca di limitare il passaggio online di musica estratta da CD regolarmente acquistati, dall’altra si rendono disponibili in rete i medesimi brani a pagamento. Dentro questa manovra di aggiramento sono però rimasti impigliati alcuni grandi attori dell’intrattenimento online come Microsoft e Real Networks (che tra l’altro partecipano anche ai consorzi appena citati) i quali, nella loro veste di produttori di software che consentono la gestione e la riproduzione di CD audio su PC, vedono le tecnologie DRM come fumo negli occhi. Così in questi giorni sono in corso tentativi di composizione degli interessi di tutti, anche se qualcuno potrebbe sottolineare come, proprio le case di software appena citate, che oggi lamentano la messa in atto di meccanismi anticopia, siano fra i maggiori alfieri di tecnologie di streaming proprietarie che impediscono la la duplicazione abusiva dei contenuti digitali.
La tarda estate di Musicnet sta comunque diventando inverno pieno e benché sia Musicnet che Pressplay non perdano occasione per dichiarare che le loro piattaforme di vendita di file musicali su Internet sono pronte e a prova di intrusione, non c’è davvero la sensazione che una svolta epocale sia alle porte. Sarà per le statistiche che, sebbene mostrino una certo interesse dei navigatori della rete per i sistemi di distribuzione musicale delle major del disco, continuano a indicare nei sistemi aperti di file sharing la principale fonte di approvvigionamento di musica online (e piattaforme come Morpheus hanno avuto in questi mesi un incremento di utilizzatori davvero impressionante), sarà per una certa incertezza sui costi che l’utente di Musicnet e Pressplay dovrà accollarsi per singolo download (circolano cifre non confermate di prezzi di poco inferiori a 1 dollaro per brano) ma la sensazione è che la tanto attesa discesa online della industria discografica non inciderà troppo nel quadro generale della circolazione di musica su Internet.
Questo nella migliore delle ipotesi, perchè talvolta il sogno può anche trasformarsi in un incubo, specie se certe alleanze fra editori puri e software house tardano, come in questo caso, a mostrare i loro frutti. Wired scrive proprio in questi giorni che sia Yahoo che Microsoft che AOL stanno aggiungendo ai loro utilizzatissimi software di instant messaging nuove e più efficaci funzioni di file sharing.
Sarà quindi in futuro più semplice condividere con altri utenti i propri file, compresi ovviamente quelli musicali. Dopo un lungo periodo di incertezza legale (legata alla vicenda che opponeva Aimster alla RIAA) oggi i produttori di sistemi di messaggeria si sentono sufficientemente coperti per poter aggiungere tali opzioni di sharing senza rischiare beghe legali da parte dei detentori dei diritti di copyright.
Nella più classica schizofrenia dell’epoca digitale, i medesimi soggetti partecipano ad iniziative di segno del tutto opposto quasi che una unica morale non sia oggi più possibile ne conveniente in un mondo dove tutto si interseca e tutto è collegato a qualcosa d’altro. Certo, nel panorama digitale attuale esiste un abisso fra quante cose può fare un produttore di software come Microsoft AOL o Real Networks (gestire formati proprietari, partecipare ad e-commerce di contenuti esterni fornendone la base tecnologica, offrire piattaforme di condivisione digitale aperte per i propri clienti) e quanto può proporre invece un editore puro come una casa discografica o un editore di libri.
Questi ultimi soggetti sono nella poco invidiabile condizione di doversi appoggiare a chi possiede i contenuti tecnologici che consentano loro di vendere online quanto fino ad oggi stava appoggiato sugli scaffali dei negozi di dischi e libri. Nel momento in cui tali progetti non dovessero avere il successo sperato (ipotesi tutt’altro che remota) essi si troveranno in mano le solite vecchie e spuntate armi di un tempo: il ricorso alle vie legali per la tutela del propri diritti di copyright o la messa in opera di sistemi di protezione dei propri contenuti. La caducità di simili “contromisure” è sotto gli occhi di tutti da un paio d’anni a questa parte.
Anche una volta liberati dall’abbraccio di Morpheus e soci, il risveglio degli intermediari su Internet promette così di continuare ad essere un’esperienza tutt’altro che piacevole.