Micron, la Cina è vicina

Micron, la Cina è vicina

Un colosso tecnologico controllato da Pechino è interessato ad acquisire il chipmaker americano, un'operazione dal valore di decine di miliardi di dollari piena di incognite politiche e commerciali
Un colosso tecnologico controllato da Pechino è interessato ad acquisire il chipmaker americano, un'operazione dal valore di decine di miliardi di dollari piena di incognite politiche e commerciali

Indiscrezioni scaturite dalle fonti del Wall Street Journal parlano di un importante designer di chip cinese interessato ad acquisire Micron, azienda americana specializzata in memoria DRAM e fra i cinque principali produttori di chip al mondo: il costo dell’operazione sarebbe di 23 miliardi di dollari, una cifra notevole ma comunque non soddisfacente per il management di Micron.

A voler inglobare Micron sarebbe Tsinghua Unigroup Ltd., il più importante attore del business dei semiconduttori “fabless” della Cina, con collegamenti diretti con Pechino.
Dopo la diffusione delle indiscrezioni da parte del Wall Street Journal , il CEO di Tsinghua Zhao Weiguo ha in queste ore confermato la veridicità delle voci di corridoio dicendo di essere “molto interessato a cooperare” con Micron.

L’interesse di Tsinghua per la corporation statunitense è dettato dalla volontà di affrancarsi dalla dipendenza dai soggetti esterni per la produzione di tecnologie a semiconduttori, una volontà che deve comunque fare i conti con difficoltà non esattamente semplicissime da superare.
L’entità della presunta offerta per acquisire Micron, per cominciare, sarebbe superiore all’attuale valore di quotazione dell’azienda a Wall Street ma costituirebbe comunque una cifra molto lontana dalle aspettative del management.

Molto avrebbero da dire poi le istituzioni, in particolare il Committee on Foreign Investments in the United States (CFIUS), a cui spetterebbe il compito di valutare gli effetti di un’operazione destinata a trasformare in cinese un business cruciale per il sistema tecnologico americano e – presumibilmente – per la stessa “sicurezza nazionale” degli States.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il 14 lug 2015
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