Mobile, l'unione fa la forza?

Mobile, l'unione fa la forza?

Cambiano gli scenari della telefonia cellulare italiana. Ora tutti i quattro operatori sono accoppiati con un loro pari. Per risparmiare e per aumentare la copertura
Cambiano gli scenari della telefonia cellulare italiana. Ora tutti i quattro operatori sono accoppiati con un loro pari. Per risparmiare e per aumentare la copertura

Roma – Luglio deve essere un mese proficuo per gli accordi commerciali. Dopo quello tra 3 Italia e TIM, che avevano annunciato l’avvio di una collaborazione per quanto attiene la rete e le infrastrutture ( co-siting ), Vodafone e Wind – l’altra metà del cielo – hanno fatto lo stesso in queste ore. Tutto per semplificare la gestione delle procedure burocratiche e di costruzione di nuovi siti che amplino la copertura, o per consentire l’installazione delle apparecchiature in strutture già esistenti.

A differenza di quello TIM-3, della durata di “soli” tre anni, quello tra Wind e Vodafone di anni ne durerà sei (rinnovabili): a quanto è dato sapere sui dettagli, invece, le modalità di attuazione saranno identiche. Verranno condivisi i siti, le strutture passive – ovvero pali, cavi, alimentazione, raffreddamento e altre infrastrutture civili – ma non l’elettronica (le BTS), ovvero quanto fisicamente fa funzionare le reti GSM e UMTS.

In questo modo, soprattutto per operatori come 3 e Wind, diviene possibile aumentare drasticamente la copertura del territorio con un risparmio sensibile di tempo e denaro: non occorre individuare i siti e ottenere le licenze necessarie ( site acquisition ), non ci sono tempi di attesa per la costruzione di eventuali strutture che debbano ospitare antenne e trasmettitori. Basta, laddove possibile, inviare una squadra a montare le apparecchiature e in quattro e quattr’otto ecco aggiunto un nuovo tassello alla propria mappa di copertura.

Sebbene i siti vengano condivisi, resteranno comunque di pertinenza dell’operatore originario: questo significa che, qualora l’accordo non dovesse venire rinnovato o fosse terminato prima della sua scadenza, le apparecchiature dell’ospite dovrebbero essere rimosse o spente. Inoltre, non condividendo le BTS permarrà una differenza prestazionale (laddove esistente) tra i diversi servizi: se ad esempio uno dei due operatori non offre in una certa zona segnale di terza generazione, anche dopo l’avvio della condivisione dei siti la situazione resterà identica.

Gli operatori ribadiscono, nel comunicato che presenta la novità, i vantaggi per i consumatori , e non fanno mistero anche di quelli per le aziende: “L’accordo prevede la condivisione dei siti sulla base di un principio paritetico, così come abbiamo già fatto in passato con altri operatori – sostiene Alberto Ripepi, direttore delle Tecnologie di Vodafone – è una intesa che porterà benefici ai clienti che usufruiranno di servizi migliori, all’azienda, in termini di riduzione dei costi infrastrutturali di gestione, e all’ambiente e al territorio, in quanto si conseguirà un significativo risparmio energetico e una riduzione del numero complessivo di installazioni”.

Argomentazioni analoghe a quelle di TIM e 3, che avevano chiamato in causa la “riduzione dell’impatto ambientale”, l'”efficienza”, la “riduzione dei costi di locazione dei siti”. Vincenzo Novari, AD di 3 Italia, aveva poi anche parlato di “punto di svolta nel perseguimento di più elevati livelli di concorrenza”: un’affermazione motivata dalla possibilità, abbattendo i costi e facendo squadra , di allagare la propria copertura (soprattutto per un operatore come 3) a zone fin qui non raggiunte dal segnale e con costi tutto sommato contenuti.

L’idea della cooperazione per ottimizzare e snellire gli investimenti infrastrutturali negli ultimi tempi pare essere divenuta una sorta di trend nel settore delle telco: anche nel Rapporto Caio , quello sullo stato della banda larga in Italia commissionato dal Governo, l’ipotesi di una confederazione di volenterosi era indicata come una delle possibili strade per lo sviluppo di una rete di nuova generazione (NGN).

Per il momento, tuttavia, la lungimiranza degli operatori mobile non sembra aver contagiato quelli della rete fissa: occorrerà forse attendere l’autunno per conoscere quali siano le reali intenzioni di incumbent e concorrenti rispetto alla fibra e al suo impiego sul territorio. L’auspicio è che i ritardi siano ridotti al minimo per non complicare il quadro e non restare indietro rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
31 lug 2009
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