No Logo/ Esprimersi significa guadagnare?

No Logo/ Esprimersi significa guadagnare?

di Mafe de Baggis - L'accordo tra Flickr e Getty Images fonde una community di amatori e un marketplace di professionisti. Un segnale del fatto che qualcosa sta cambiando sul serio
di Mafe de Baggis - L'accordo tra Flickr e Getty Images fonde una community di amatori e un marketplace di professionisti. Un segnale del fatto che qualcosa sta cambiando sul serio

Piccole rivoluzioni che non fanno rumore: il recente accordo tra Flickr e Getty Images è la conferma che anche se la qualità media dei contenuti prodotti dagli utenti è molto bassa, con tempi più o meno lunghi i pochi talenti presenti vengono riconosciuti anche dall’editoria tradizionale.

Getty Images, uno dei più grandi distributori di immagini fotografiche al mondo, si è accorto in fretta della crescita dell’utilizzo di foto amatoriali trovate su Flickr, sempre più spesso negli ultimi mesi acquistate e non semplicemente ripubblicate gratuitamente sfruttando il desiderio di riconoscimento di molti fotografi amatoriali.

L’accordo prevede la creazione di una “Flickr Collection” che Getty Images metterà a disposizione ai suoi clienti: sarà Getty a selezionare i fotografi che entreranno nella collection, mentre Flickr metterà a disposizione l’interfaccia per gestire sia il contatto sia gli accordi di licensing.

Si può discutere sui modi, sui gusti, sull’idea stessa di “partnership” tra una community di amatori e un marketplace di professionisti: sta di fatto che si moltiplicano i segnali di una tranquilla via di mezzo tra la libertà personale di espressione, non finalizzata a niente altro che il piacere di , e l’attività professionale vera e propria, spesso “sporcata” da esigenze di carriera o più semplicemente di sopravvivenza.

Internet non è il fulmine a ciel sereno che in uno zot cambierà il mondo, anche perché le persone che la abitano sono le stesse che hanno ridotto il mondo nelle condizioni in cui è: come tutti i media sta cambiando la società in modo lento, sottile, inavvertito, fino a far sembrare assolutamente normale che un editore scelga delle firme della rete invece che della carta stampata, che un distributore di foto metta in catalogo dei dilettanti, che un libro autoprodotto possa seguire dinamiche commerciali simili a quello lavorato da un editore.

Un giorno ci guarderemo indietro e ricorderemo come una stranezza vintage gli spot pubblicitari e le telefonate di vendita? Collezioneremo i banner ridendo al pensiero di quel periodo in cui Internet ne era piena? A me piace pensare di sì e che strada facendo non ci accorgeremo che qualcosa sta cambiando sul serio. Come adesso.

Mafe de Baggis
Maestrini per Caso

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Pubblicato il
11 lug 2008
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