P2P? Ultima risorsa per i cinefili

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Gli appassionati di cinema trovano opere italiane in digitale talvolta solo nei sistemi di scambio-file. Che senso ha parlare, allora, di pirateria sui film?
Gli appassionati di cinema trovano opere italiane in digitale talvolta solo nei sistemi di scambio-file. Che senso ha parlare, allora, di pirateria sui film?


Roma – Pochi giorni fa è venuto a trovarmi mio cognato, inglese, appena tornato da un anno di studio negli Stati Uniti. Trovandomi a parlare con lui di cinema, come al solito gli ho chiesto quali saranno le prossime uscite che avremo qui in Europa, visto che lì hanno circa sei mesi di anticipo sulle produzioni americane. Una parola tira l’altra e passeggiando siamo finiti in uno dei negozi di una catena nazionale di noleggio DVD. Lui era incuriosito dal fatto che il posto era stracolmo, strabordante direi, di film non italiani.

Mi ha chiesto se potevo prendere un film italiano con il supporto per la doppia lingua, dato che finora li aveva visti solo sottotitolati, come accade per i film italiani che si trovano normalmente negli USA. Bene, di tutte le sue richieste, nessun titolo era disponibile, né a catalogo né mai. Ci hanno detto che di quei filmetti (robetta come “Otto e mezzo” di Fellini, “Vacanze Romane” o “La dolce vita”) non esisteva alcuna copia in DVD.

Il mio amico ha dato un’occhiata a quello che c’era e ha notato “Il buono, il brutto e il cattivo”. “Bello – ha detto – ma avrei preferito “Lo chiamavano Trinità”. Ma naturalmente nemmeno quello era presente, come tantissimi altri che, a buon o cattivo merito, sono tra i più visti e conosciuti film italiani. Presso una biblioteca pubblica alla fine sono riuscito a scovarne una copia, in VHS, unta bisunta e triturata da chissà quanti malvagi videoregistratori dalla meccanica incerta.

Poi mi è accaduto, ieri, che un conoscente mi ha detto di aver registrato da satellite, in digitale, proprio “Lo chiamavano trinità”. Non solo. Mi ha spiegato che da quando lo aveva messo in “public share” mediante un software peer-to-peer la gente si affollava in coda al suo PC per prelevarlo e averlo in una qualità digitale preclusa ai più.

A quel punto ho fatto una ricerca.
Di tantissimi film italiani non esiste alcuna copia in DVD per la zona 2, ma esiste per la Zona 1. Così che ha preso piede, nei sistemi peer-to-peer, fare una copia mp3 della traccia italiana da VHS e sovrimprimerla nei formati video DivX distributi attraverso i medesimi canali, peraltro illegali.

Ma allora dove sta lo sbaglio? Dove e come chi fa queste operazioni commette un reato (contro la SIAE, la RIAA o chicchessia)?

Dopo aver legalmente noleggiato o comprato la mia copia VHS di “Otto e mezzo”, per esempio, perché non posso avere lo stesso film in DivX, restaurato e perfettamente godibile in digitale (tranne che per l’audio che, comunque, all’epoca era un modesto mono)?

Sono per questo un pirata, che distrugge i mezzi di produzione del cinema italiano? E lo sono ancor di più se, magari, mi venisse la barbara idea di iniziare a fare una collezione dell’opera di Fellini come quella che si puo’ comprare della collana completa dei film di Kubrick?

Di fatto a oggi c’è gente che ha la passione del cinema e che fa esattamente così. Compra il VHS, scarica in DivX e lo masterizza in proprio. Paga due volte il film, come VHS e come banda ai provider internet, e rimane in debito con chi negli USA ha magari avuto la pazienza di clonare un DVD regolarmente acquistato…

Di fronte a questo non capisco chi afferma che i sistemi peer-to-peer sono fonte di guai, di mancato guadagno, di totale distruzione del mercato cinematografico. Stamattina pero’ ho visto che era a noleggio “Vacanze di Natale”… Un gran passo avanti.

Ho pensato che il giorno che trovassi “San Giovanni Decollato” in DivX disponibile su un server americano allora gli manderei un messaggio: “Ué, paisà, me la apriresti un po’ di banda? Scambiamo con Toto Truffa preso da satellite? I sottotitoli in inglese li ho scritti personalmente”.

G.A.

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Pubblicato il 10 ott 2002
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