Il silenzio elettorale che non lo era

Il silenzio elettorale che non lo era

Nel giorno del silenzio elettorale su Facebook è un proliferare di campagne sponsorizzate di propaganda elettorale e chiamata al voto: tutto a posto?
Il silenzio elettorale che non lo era
Nel giorno del silenzio elettorale su Facebook è un proliferare di campagne sponsorizzate di propaganda elettorale e chiamata al voto: tutto a posto?

Il silenzio elettorale nasce come principio inviolabile per salvaguardare la serenità del votante almeno nelle ore antecedenti l’apertura dei seggi. Non dura molto: un giorno appena, un giorno che funga da membrana più o meno a tenuta stagna tra la tempesta della campagna elettorale e la sacralità del momento del voto. Il silenzio elettorale è stato più volte messo in discussione nel tempo e nell’epoca dei nuovi media anche il suo semplice rispetto sembra essere ormai cosa lontana. In queste ore ad esempio c’è su Facebook un moltiplicarsi di post sponsorizzati che, lungi dal rispettare il giorno del silenzio, continuano a popolare le bacheche degli utenti.

Post sponsorizzato

Eppure su questo aspetto l’AGCOM è stata chiara. Il principio dato è il seguente: “Nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni è fatto divieto anche alle emittenti radiotelevisive private di diffondere propaganda elettorale”. Si tratta di un fondamento che nasce nel 1956, che viene ampliato a livello legislativo negli anni ’80 e che oggi si trova però a fare i conti con nuovi strumenti e nuovi ritmi di comunicazione. L’Autorità ha ora esteso l’interpretazione di tale principio anche ai nuovi media:

La normativa vigente vieta di fatto ogni forma di propaganda elettorale (in tv e attraverso comizi pubblici) nel giorno del voto e in quello precedente. Sarebbe pertanto auspicabile che anche sulle piattaforme in questi due giorni fosse evitata, da parte dei soggetti politici, ogni forma di propaganda, per evitare di influenzare con pressioni indebite l’elettorato ancora indeciso.

Non è complesso verificare le violazioni: è sufficiente scorrere la propria bacheca. Ben più complesso è segnalarle, poiché Facebook non dispone di strumenti idonei (il tool consente solo segnalazioni di altra natura, fa sparire il post esclusivamente dalla propria bacheca e al contempo non prevede alcun filo diretto con il regolatore) e sul sito AGCOM non sembrano esserci strumenti dedicati per segnalazioni di questo tipo.

Eppure la verifica sarebbe molto semplice: così come ogni utente può verificare le singole campagne sponsorizzate (anzi, il consiglio è quello di verificarle: è istruttivo vedere con i propri occhi di quante migliaia di euro si tratta e come il proprio profilo sia stato intercettato), allo stesso modo potrebbe farlo l’AGCOM. Anche con una verifica ex-post, chiedendo i dati direttamente a Facebook. Evidente è inoltre l’assenza di controlli da parte della stessa Facebook, che abilita tali pubblicità in giornata di silenzio elettorale senza filtro alcuno.

I casi sono due: o si tenta di salvaguardare il principio del silenzio elettorale, o lo si cestina definitivamente. L’ambiguità di un post su Facebook sarà sempre complessa da regolamentare, ma non lo sono certo i post sponsorizzati o i messaggi di evidente propaganda. Tutto si risolverebbe facilmente con un semplice e basilare senso delle istituzioni, tale per cui il politico si astiene dall’eccesso ed una sanzione sociale punisce chi oltrepassa il limite. Ma siccome ciò non avviene e non è credibile possa avvenire, occorre fissare un limite.

Che ne sarà dei post sponsorizzati che stanno violando in queste ore il silenzio elettorale? AGCOM: batti un colpo.

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Pubblicato il 25 mag 2019
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