Quel bisogno di privacy, la parola a Tim Cook

Quel bisogno di privacy, la parola a Tim Cook

Il numero uno Apple invoca una legge federale in grado di conferire agli utenti pieno controllo sui dati: Tim Cook e la sua visione sulla privacy.
Quel bisogno di privacy, la parola a Tim Cook
Il numero uno Apple invoca una legge federale in grado di conferire agli utenti pieno controllo sui dati: Tim Cook e la sua visione sulla privacy.

Il legislatore USA non perda altro tempo e si attivi al fine di definire una normativa federale strutturata in modo da garantire finalmente un adeguato livello di tutela della privacy. È l’appello di Tim Cook. Il numero uno di Apple si fa portavoce di una richiesta rivolta al Congresso che giunge poche settimane dopo la conclusione di un anno che verrà ricordato come disastroso per quanto concerne le vicende legate alla gestione dei dati personali.

Nel 2019 è tempo di combattere per il diritto alla privacy: la vostra, la mia, quella di tutti noi.

Privacy: l’appello di Tim Cook

Per il CEO di Cupertino non è troppo tardi: giungere a una soluzione del problema è possibile, ma solo se in modo coordinato e se la ricerca dell’innovazione viene accompagnata dall’esigenza di proteggere le informazioni. Lo si può fare mediante un approccio che segue l’esempio europeo: l’introduzione del GDPR nel vecchio continente, seppur incontrando più di qualche difficoltà in fase di attuazione, ha dimostrato come la questione possa essere affrontata in modo collettivo, nel nostro caso comunitario, senza lasciare che ogni singolo paese o stato legiferi sul tema contribuendo così a creare un contesto frammentato e compromettendo l’efficacia delle misure stesse.

Nell’intervento di Cook non si fanno nomi, ma tra le righe si possono leggere in modo piuttosto chiaro i riferimenti alle pratiche messe in campo da piattaforme come Facebook e ai tanti casi in cui i dati degli utenti sono finiti nelle mani sbagliate. La legge federale invocata per gli Stati Uniti dovrà, secondo la sua visione, soddisfare quattro requisiti:

  • impedire o quantomeno ridurre il più possibile la raccolta delle informazioni personali;
  • garantire agli utenti la possibilità di sapere quali dati vengono acquisiti e con quali finalità;
  • assicurare il diritto di accedere alle informazioni in questione oltre alla possibilità di modificarle o se lo si desidera di eliminarle;
  • innalzare l’efficacia dei sistemi posti a protezione dei dati.

Data Broker e regolamentazione

Un altro punto di fondamentale importanza che necessita un intervento è quello legato alla circolazione delle informazioni nei meandri di un ecosistema spesso invisibile agli occhi dell’utente finale. Un’intera economia che si basa sul valore dei dati, che trasforma un’interazione sulle bacheche dei social network o l’acquisto di un prodotto su un portale di e-commerce in un record da monetizzare, il tassello di un puzzle che contribuisce a creare il nostro profilo ombra, comprato e venduto a nostra insaputa da realtà ascrivibili alla categoria dei Data Broker che fondano il proprio business su queste dinamiche di compravendita.

Una legge federale sulla privacy non solo dovrebbe offrire agli utenti il pieno controllo sulle loro informazioni, ma anche far luce su chi manipola i nostri dati dietro le quinte.

L’appello è rivolto in questo caso alla Federal Trade Commission affinché vengano messe nero su bianco regole più stringenti e severe per chi opera in questo territorio, che oltreoceano risulta essere ancora oggi poco regolamentato. Cook invoca dunque un approccio collettivo (federale) alla gestione di un problema che si fa via via sempre più pressante, anche in considerazione di un volume di dispositivi connessi che cresce in modo esponenziale, con un occhio rivolto all’esempio europeo, che seppur perfettibile ha dimostrato come la definizione di norme condivise su larga scala sia una strada possibile e praticabile.

Fonte: Time
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Pubblicato il
18 gen 2019
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