YouTube tenta il grande balzo in avanti

YouTube tenta il grande balzo in avanti

di G. Niola - Gli utenti sono sempre più manodopera da formare, da promuovere e da retribuire. YouTube veleggia verso un modello di business che sembra poter pagare
di G. Niola - Gli utenti sono sempre più manodopera da formare, da promuovere e da retribuire. YouTube veleggia verso un modello di business che sembra poter pagare

È circa un anno che YouTube ha cominciato a “fare sul serio”, cioè a premere senza remore sul pedale dei contenuti professionali, a fomentare la promozione a partner degli utenti più costanti e di successo e infine ad evangelizzare internet in materia di possibilità di guadagno attraverso la pubblicazione sulla piattaforma.
Nonostante sia sempre riuscita abilmente a non divulgare la minima cifra o il minimo dettaglio riguardo i metodi con i quali gli utenti partner sono retribuiti (diverse le voci in materia ma sostanzialmente ancora non sono di pubblico dominio criteri e cifre attraverso i quali YouTube paga i contenuti), il grande aggregatore sta spendendo tempo, idee e moltissime risorse in quella che è la più grande e più complessa transizione che il video per la rete deve operare, quella da UGC a basso tasso di fidelizzazione e remunerazione (anche quando di successo) a contenuti interessanti tanto per il pubblico quanto per gli sponsor.

Sempre di più sembra che la strada verso la riproposizione di contenuti presi da altri media (cinema o televisione) stia passando in secondo piano rispetto alla creazione di materia originale. I passi in questa direzione sono stati diversi e costanti nel loro deployment. Da quando infatti esiste il partner program YouTube ha avuto diversi problemi nella strutturazione di un sistema che aiutasse gli youtuber a migliorare la propria produzione.

Ad Insights (servizio che fornisce tutte le statistiche sull’andamento del proprio canale), Editor (una stazione di montaggio web based) e agli strumenti di controllo e gestione del copyright (sia relativo ai propri video che relativo a possibili contenuti appartenenti a terzi), recentemente hanno fatto seguito una serie di mosse ad ampio raggio utili a definire le strategie dell’azienda.
Prima è arrivato l’accordo con Next New Networks e quindi YouTube NextUp (concorso aperto a quasi tutti con 35mila dollari da consegnare a 25 vincitori per produrre contenuti destinati a YouTube stesso), una serie di conference in giro per l’Europa, e quella sorta di scuola di cinema per corrispondenza che è il Creator’s Institute e adesso la celebrazione della creatività dei partner (una pagina online e un PDF con 20 case history di successo), YouTube Playbook (un vademecum di buone norme per avere successo) e il redesign Cosmic Panda tutto improntato sulla fruizione di diversi video oltre quello in play.

YouTube vuole creare di fatto un modello di business e vuole farlo utilizzando come manodopera regolarmente retribuita gli utenti, per questo vuole aumentarne la competenza e l’abilità nel fare marketing dei propri prodotti. La sorpresa è che in questo nuovo modello sembra non esserci posto per quella che storicamente è stata la punta di diamante del grande aggregatore, ovvero i video virali. I viral video di certo non moriranno e anzi avranno sempre un posto fondamentale nel gradimento e nella circolazione, tuttavia non sono in grado di “fare sistema”, non sono producibili su scala industriale e YouTube lo sa, per questo cerca di direzionare i suoi utenti verso contenuti replicabili, video, serie, tutorial o quant’altro possa essere fatto da chiunque seguendo un modello.
Non si tratta di un tentativo di ammazzare la creatività e la fantasia (anzi, dando agli utenti più regole e paletti se ne fomenta la produzione divergente), quanto un modo di aumentare la qualità media di ciò che di fatto già viene uploadato o che comunque verrebbe uploadato.

A metà tra una scuola e una società di marketing ora YouTube vuole lentamente lasciare per strada (o meglio “isolare”) i contenuti non remunerabili, un’idea e una strategia che per il momento sembra pagare. Infatti secondo Tom Pickett, l’uomo a capo delle “content operations”, il raddoppio dei partner di YouTube ha portato a triplicare il numero di quelli che guadagnano almeno 1.000 dollari al mese, con alcune centinaia di questi in grado di arrivare a numeri a sei cifre in un anno. Come al solito la vaghezza sulle quote è d’obbligo ma il messaggio che viene mandato è più chiaro che mai: videomaker venite a noi, abbiamo i soldi.

Gabriele Niola

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Pubblicato il 1 ago 2011
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