HP doma i nanochip

HP doma i nanochip

Nella corsa verso i chip molecolari HP rivendica un importantissimo traguardo. Obiettivo: produzione di computer più piccoli della punta di uno spillo
Nella corsa verso i chip molecolari HP rivendica un importantissimo traguardo. Obiettivo: produzione di computer più piccoli della punta di uno spillo


San Francisco (USA) – I chip in silicio andranno presto o tardi incontro a limiti invalicabili, ma per allora grossi chipmaker come HP e IBM contano di aver già messo a punto nanotecnologie che possano permettere di costruire computer molecolari capaci di essere “comodamente” contenuti nella punta di un ago.

Dopo i passi avanti compiuti da IBM, con la tecnologia dei nanotubi in carbonio, e da Bell Labs, con il recente annuncio dei nanotransistor più piccoli al mondo, HP sostiene ora di aver brevettato, insieme all’Università della California (UCLA), un modo per aggirare uno dei più grossi ostacoli alla creazione di computer molecolari.

La scoperta di HP potrebbe dare ai ricercatori un mezzo per controllare il flusso di informazioni in questi minuscoli circuiti e integrare in un singolo nanochip, attraverso la sua suddivisione in diverse aree di calcolo indipendenti, uno svariato numero di funzioni.

Lo scorso anno HP e l’UCLA hanno sviluppato alcune soluzioni per far comunicare circuiti di dimensioni microscopiche con il mondo esterno e per risolvere il problema delle imprecisioni che, con i metodi attuali, affliggono spesso le complesse trame di connessioni molecolari di un biochip.

Sebbene HP avesse risolto quest’ultimo problema attraverso un processo che costruisce connessioni casuali, le mappa come fossero strade cittadine e sceglie poi quelle “sane” attraverso uno specifico algoritmo, rimaneva aperto il problema di come riuscire a gestire il modo con cui i segnali viaggiano attraverso questo intrico di connessioni.

HP e l’UCLA hanno trovato ora la soluzione creando una sorta di semafori elettro-chimici in grado di interrompere la conduttività di certi punti della griglia: questo è possibile, secondo gli scienziati, attraverso l’uso di una serie di conduttori di lunghezza variabile che imitino i circuiti degli attuali computer. Questo permetterebbe anche la creazione di aree della mappa di connessioni in grado di operare indipendentemente dalle altre, pur rimanendo in comunicazione con le maggiori arterie.

“Non è tanto una questione di velocità — qui si viaggia sempre molto velocemente — ma una questione di quante cose si possono impacchettare insieme”, ha detto Phil Kuekes, scienziato di HP.

“Io penso che nel giro di 10 anni avremo certamente un circuito ibrido composto da molecole e silicio”, ha affermato Stanley Williams, lo scienziato di HP che insieme a Kuekes ed a James Heath dell’UCLA stanno lavorando a questo progetto. “Le molecole costituiranno il ‘motore pensante’ del sistema mentre il silicio sarà il dispositivo di input/output e il fornitore di elettricità”.

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Pubblicato il
25 gen 2002
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