Africa in rete, tempo di cambiare pagina

Africa in rete, tempo di cambiare pagina

Punto Informatico ne parla con il coordinatore di un progetto che ha portato Internet nei villaggi tra Gabon e Congo. La rete è la via ad un nuovo presente per il continente nero. Il gap digitale si abbatte lavorando sul campo
Punto Informatico ne parla con il coordinatore di un progetto che ha portato Internet nei villaggi tra Gabon e Congo. La rete è la via ad un nuovo presente per il continente nero. Il gap digitale si abbatte lavorando sul campo

Roma – Computer nel centro dell’Africa come strumento per affrancarsi. Sembrerebbe un paradosso nel continente che muore di fame ed invece… C’è un progetto che ha spento già la seconda candelina, avviato e rodato, che sta raccogliendo frutti enormi tanto da aver creato un organismo capace di interloquire e negoziare con i governi locali. Il progetto è noto come Africa in Rete e vede , a diverso titolo, la partecipazione di numerose associazioni e Ong come Amici della Terra , Pro Africa , Gaia Onlus , Regione Lombardia e la locale BrainForest .

“Africa in Rete” è un progetto per battere il gap digitale tra paesi ricchi e paesi del sud del mondo, per connettere in Rete i villaggi, per condividere la cultura e la conoscenza, per sviluppare la formazione a distanza e la e-democracy .
Un progetto unico e innovativo che è partito da Milano e si è realizzato a Libreville (Gabon) ed in alcuni villaggi tra il Gabon e il Congo.
E non c’è digital divide più macroscopico che quello fra Africa e paesi sviluppati: i 400mila abitanti del Lussemburgo hanno più connessioni a Internet dell’insieme dei 760 milioni di africani (dati 2003).

Per saperne di più, Punto Informatico ha parlato con il responsabile del Progetto, Stefano Apuzzo , assessore al Comune di Rozzano (Mi), esponente dei Verdi e coordinatore di “Africa in Rete” per Amici della Terra, Gaia Onlus e Pro Africa.

Stefano Apuzzo e due colleghi della Brainforest Punto Informatico: Sfatiamo il primo falso mito: in Africa non manca il cibo…
Stefano Apuzzo: L’Africa è uno dei continenti più ricchi di materie prime e risorse naturali, tra cui la più preziosa che ci sia oggi al mondo: l’acqua. Qui si muore per guerre fatte con armi prodotte e vendute da noi occidentali per interessi delle nostre compagnie minerarie o petrolifere e per una miseria che è politica, ovvero indotta, strategica, non una iattura del destino. Il Bacino del Congo (Gabon, Congo, Cameroun etc.) dove abbiamo realizzato il progetto di trasferimento tecnologico “Africa in Rete”, non ha problemi di cibo, la foresta, i fiumi, la pesca e la caccia di sussistenza assicurano cibo a tutti.

PI: Quali sono allora i problemi?
SA.: La mancanza di medicine essenziali, igiene, istruzione, reti di trasporto, comunicazioni, infrastrutture ed economia. Il contenitore tecnologico ed il suo “medium” più veloce e diffuso (Internet) servono anche a colmare queste voragini.

PI: In che modo?
SA: Comunicazione e informazione sono essenziali all’Africa per esistere, per farsi sentire e vedere dal resto del mondo, per sviluppare la rete commerciale, la logistica, l’eco turismo, lo sfruttamento sostenibile e duraturo delle proprie risorse..,il commercio.

PI: Quando è nata “Africa in rete”?
SA: L’idea mi venne nel 2000, elaborai un progetto con l’aiuto di mio padre che è stato a lungo manager Olivetti e Smau e che quindi di informatica se ne intende, e con l’Associazione Amici della Terra presentammo alla Regione Lombardia la richiesta di finanziamento, questo fu concesso nel 2002. Nel 2003 è partito il progetto e la sua conclusione formale è datata 2005.

PI: Cosa è stato fatto con precisione?
SA: Dopo accurati studi sul terreno, il Progetto “Africa in Rete” ha attivato un Internet point a vocazione ambientale, “Cyber Vert” nella capitale del Gabon, Libreville, e un centro di formazione e educazione informatica, didattica e professionale nella città di Makokou. Le apparecchiature informatiche sono state installate e messe in rete nelle rispettive sedi, provvedendo all’attivazione della linea Adsl per Internet a Libreville. Sia nel centro di Libreville, sia in quello di Makokou sono stati realizzati corsi di formazione. il Progetto ha sostenuto per due anni i costi di abbonamento Internet e degli insegnanti che gestiscono la formazione.

PI: È possibile valutare il vostro impatto? Cosa è cambiato dopo la partenza del Progetto?
SA: Prima del nostro intervento avevamo a Libreville una associazione ambientalista amica, Brainforest, molto attiva, ma in perenne crisi finanziaria, organizzativa ed operativa: intelligenze e risorse ridotte al minimo delle potenzialità, per mancanza di mezzi.
Il nostro intervento ha restituito ossigeno agli ambientalisti gabonesi, tanto che oggi il centro di “Africa in Rete” a Libreville è il perno organizzativo di buona parte delle ONG attive nel sociale e nella difesa dell’ambiente, nella capitale gabonese.

PI:….in questo modo il vostro centro è divenuto un punto di riferimento e aggregazione…
SA: Sì un centro multimediale, pluriculturale, con una sala per la formazione, una sala lettura, una piccola biblioteca, la possibilità di incontrarsi, scambiare e riprodurre documenti. Gli internet point commerciali esistono a Libreville, come in tutte le capitali africane, ma, oltre ad essere meramente centri commerciali, hanno anche dei costi inaccessibili alla maggior parte dei giovani. Il centro di “Africa in Rete” a Libreville e quello a Makokou sono dei centri giovani a tutti gli effetti. PI: Come avete gestito i fondi e di che risorse parliamo?
SA: Abbiamo fatto di tutto per risparmiare le poche risorse disponibili, ottenendo i massimi risultati. C’è stato molto volontariato e anche buon senso nell’utilizzo delle risorse. Io personalmente ho verificato la corretta esecuzione di tutti gli obiettivi del progetto. Una parte del finanziamento lo ha messo a disposizione la Regione Lombardia, il resto Amici della Terra e Gaia Onlus.

PI: Ora che il progetto ha concluso questa prima fase, si fermerà ciò che avete messo in piedi?
SA: I centri continuano la propria attività. Ora sono alla ricerca di aziende e istituzioni internazionali che aiutino economicamente i due centri a proseguire, a non morire. Ci sono le spese della linea, dell’affitto delle sale, dei due insegnanti….

L'interno del net-point PI: Che lavoro fanno i ragazzi che frequentano gli internet point che sono nati grazie a voi?
SA: La maggior parte sono studenti, molte sono ragazze e donne. Ma ci sono anche professionisti e lavoratori adulti che trovano tariffe più convenienti ed un ambiente decisamente più “friendly”, aperto, stimolante.

PI: Cosa c’è ancora da fare?
SA: E’ necessario portare tecnologie e Internet in tutta l’Africa, mettere in rete i villaggi, le scuole, gli ospedali, le ONG, usare i sistemi satellitari, radio e “cellulari”, abbattendo i costi di navigazione e di trasmissione delle informazioni. Occorre che in Africa non arrivino macchine “incatenate” a software proprietari, che rendono schiavi inconsapevolmente gli utenti. E’ necessario trasmettere conoscenza, cultura, idee e informazioni libere, aperte, interattive, anche attraverso l’utilizzo di software liberi e non appartenenti alle solite multinazionali. Il continente nero ha bisogno di libere voci e queste, oggi, passano da Internet e dalle nuove tecnologie.

PI:Chi può avere interesse ad appoggiare veramente uno sviluppo di questo tipo in Africa?
SA: Purtroppo, oggi nessun Paese occidentale o potenza economica emergente, come la Cina, ha interesse ad un’Africa libera, indipendente e forte: altrimenti non potrebbero rapinare per pochi spiccioli risorse vitali all’economia mondiale, come il coltan, l’oro, il petrolio, i diamanti, il legno, l’uranio…

L'interno del net-point PI: Cosa farete nel prossimo futuro?
SA: Stiamo cercando risorse e piccoli finanziamenti, da parte di aziende e pubbliche amministrazioni per continuare a garantire il sostegno a questi due progetti e per poter ampliare la rete di centri di cultura-internet point nel Congo e in alcuni Comuni della Palestina.

PI: Dica qualcosa in tre righe per convincere un imprenditore privato a finanziare il vostro progetto
S.A. La Social Accountability, la responsabilità sociale d’impresa, la detrazione degli investimenti sociali e delle donazioni, l’immagine pulita e benefica dell’impresa, il contributo a salvare un mondo ed un ambiente, senza i quali non c’è più neanche il mercato, l’ambizione di lasciare ai propri figli un mondo vivibile, la consapevolezza di essere fortunati e il dovere di aiutare chi lo è stato meno…..
E’ sufficiente?

a cura di Alessandro Biancardi

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Pubblicato il 2 dic 2005
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