Linux cerca di farsi largo nelle istituzioni

Linux cerca di farsi largo nelle istituzioni

Il parlamento francese si prepara a migrare verso il sistema del pinguino, mentre in UK una interpellanza denuncia il presunto razzismo tecnologico dei consulenti governativi nei confronti dell'open source
Il parlamento francese si prepara a migrare verso il sistema del pinguino, mentre in UK una interpellanza denuncia il presunto razzismo tecnologico dei consulenti governativi nei confronti dell'open source

L’ accordo tra Microsoft e Novell ha portato, ora più che mai, l’open source al centro dell’attualità tecnologica: mentre la comunità del codice aperto dibatte sulle reali conseguenze di quello che molti considerano come una sorta di “patto con il diavolo”, nelle maggiori istituzioni europee ci si interroga sui reali vantaggi dell’adozione della piattaforma open e su quale sia la strada migliore da seguire per far migrare le infrastrutture informatiche verso Linux&co.

I francesi, come segnala Ars Technica , sembrano intenzionati ad installare Linux sulle 1.154 workstation del Parlamento: lo ha deciso l’Assemblea Nazionale che, in base ai risultati di uno studio commissionato alla società di consulenza tecnologica Atos Origin , cita tra le ragioni della scelta “un sostanziale risparmio economico nonostante i costi della migrazione e del tirocinio del personale” e la possibilità di affrancarsi dalla totale dipendenza di un solo fornitore.

Una notizia di notevole importanza per il mondo del Pinguino: per quanto non sia la prima volta che le organizzazioni statali francesi decidano di affidarsi al software free, l’importanza dell’istituzione coinvolta dà alla migrazione il sapore di un riconoscimento ai massimi livelli della validità del lavoro delle comunità di sviluppo pro bono che costituiscono la spina dorsale di molte delle iniziative open.

Nulla ancora si sa riguardo la build Linux da utilizzare, ma pare oramai certa l’adozione di Firefox e Open Office come sostituti del browser Internet Explorer e della suite Office di Microsoft.

Recenti episodi dimostrano ad ogni modo che la migrazione a Linux e al codice aperto deve essere condotta con oculatezza e usando il giusto contributo di esperienza per andare in porto con successo : non più di una settimana fa il comune di Birmingham ha dovuto fare marcia indietro verso Windows per l’improvviso lievitare dei costi dell’operazione. Secondo i consulenti coinvolti nel caso, la giunta comunale ha deciso di fare tutto da sola, senza affidarsi ad esperti del settore, e il risultato è stato un fiasco totale.

Ma non in tutti gli ambienti europei Linux viene considerato la soluzione ideale: nel Regno Unito, in particolare, BECTA, società di consulenza che assiste il governo nell’adozione di tecnologie ICT in ambito educativo, esclude la fornitura di software open source per mezzo della propria struttura.

La denuncia viene da una interpellanza parlamentare supportata da 19 deputati, guidati da John Pugh , che sottolineano come la società sia prevenuta in favore dei grossi fornitori di software proprietario , escludendo per principio i piccoli fornitori come appunto quelli di piattaforme open. Secondo i parlamentari, la struttura di BECTA è “obsoleta”, e impedisce agli istituti scolastici di “beneficiare del software gratuito e di quello con codice aperto”. Una denuncia che ha guadagnato il plauso e il supporto delle istituzioni pro-open source, inclusa la Open Schools Alliance .

La società di consulenza da parte sua respinge fermamente le accuse, e dichiara di lavorare indistintamente sia con il software proprietario che con quello libero. Nessun razzismo tecnologico quindi, ma solo l’esigenza di avere garanzie certe sulle forniture : “L’accettazione nella nostra struttura passa per la valutazione delle capacità di un fornitore di consegnare e supportare una suite completa di tecnologie, e non un solo prodotto specifico”.

Le dichiarazioni sono in linea con le precedenti iniziative di BECTA. Sebbene un rapporto commissionato l’anno scorso sembrasse indicare le proprietà taumaturgiche e salva-bilanci dell’open source, una ricerca risalente a questo marzo ha mostrato come all’interno del database di 3.000 applicazioni educational mantenuto dall’azienda, solo 18 fossero capaci di girare su sistemi Linux .

Secondo quanto affermato di recente dal presidente di BECTA, Andrew Pinder, l’open source viene considerato da molti professori dell’IT come una “religione, un reale convincimento” sul fatto che “bit di tecnologia possano cambiare le cose”. Quello che non sono soliti fare i professori, secondo Pinder, è “organizzare le cose in maniera appropriata”.

Alfonso Maruccia

Link copiato negli appunti

Ti potrebbe interessare

Pubblicato il
29 nov 2006
Link copiato negli appunti