Doha (Qatar) – Analfabetismo dilagante, gravi carenze infrastrutturali ed una situazione geopolitica che tiene alla larga qualsiasi investimento straniero: benvenuti nel deserto dell’alta tecnologia , una regione del Mondo che si estende dalle foreste del Suriname fino alle vette del Nepal. Nonostante le tecnologie informatiche possano portare ricchezza a tutte le moltitudini intrappolate nel baratro del divario digitale , la strada verso la digitalizzazione è tutta in salita.
Lo scenario è emerso durante la riunione plenaria dei paesi partecipanti alla Conferenza sullo Sviluppo Globale della Telecomunicazione , in corso a Doha. L’appuntamento, promosso dalla International Telecommunication Union e trasmesso in diretta web , ha visto la partecipazione di circa 600 funzionari e ministri provenienti dal medioriente, dall’America del Sud, dall’Africa e dal continente asiatico.
Il cosiddetto digital divide , secondo gli esperti dell’ONU, resta il principale ostacolo all’emancipazione degli stati meno ricchi. “Comunicazione e tecnologia sono alla base dello sviluppo economico e tecnologico di qualsiasi società, a qualsiasi latitudine”, ha dichiarato durante l’apertura dei lavori lo sceicco Abdullah Al Thani, primo ministro del Qatar, “ma bisogna partire dal presupposto che questi strumenti debbano unire e non dividere le popolazioni”.
L’obiettivo generale dei partecipanti è in linea con quanto auspicato al WSIS di Tunisi: portare Internet a tutte le popolazioni del Mondo entro e non oltre il 2015. Roberto Blois, segretario generale della ITU, ha le idee chiare: “Per raggiungere questo traguardo bisogna sviluppare tecnologie di alta qualità e di basso costo per fornire accesso alla Rete a tutto il pianeta”.
I progetti presentati riguardano soprattutto i paesi della Lega Araba , dove i cittadini connessi ad Internet sono solo il 3,7% della popolazione totale, pari ad oltre 300 milioni d’individui. Amr Salem, ministro delle telecomunicazioni siriano, sfrutta il clima favorevole in Qatar per avanzare richieste a nome di tutta la Lega Araba: “Manca un referente Internet per il mondo arabo”, ha detto rivolgendosi ai rappresentanti delle Nazioni Unite, “e le nostre reti non possono dipendere solamente da Stati Uniti o Unione Europea”.
L’Iran si è subito candidato per questo ruolo ed ha chiesto all’ITU di finanziare un ulteriore ampliamento dell’infrastruttura in fibra ottica . La possibile nascita di un hub mediorientale è stata accolta con estrema freddezza da alcuni osservatori occidentali, ma ha messo d’accordo tutti i paesi della zona: Qatar, Siria, Iraq, India, Pakistan, Afghanistan, Bangladesh, Cambogia, Nepal ed Indonesia. Kamal Mohamedpour, ministro iraniano delle comunicazioni, sostiene addirittura che “la Repubblica Islamica è chiamata dal destino a dare il suo contributo tecnologico per la pace nel mondo”.
Per Marc Furrer, portavoce della Confederazione Svizzera, la vera causa scatenante del digital divide è “l’atteggiamento delle potenze occidentali”. “Alcuni paesi del nord del Mondo sono in uno stato di ricchezza imbarazzante rispetto a quelli del sud”, ha detto, “perché laddove in molte regioni dell’Africa manca addirittura il telefono, in Occidente godiamo di un eccesso di tecnologia spesso a discapito di altre popolazioni distanti”.
I membri dell’ITU hanno inoltre siglato due trattati con Alcatel e Cisco , pesi massimi dell’industria delle telecomunicazioni. L’azienda francese si impegnerà a fornire 30 borse di studio da 30mila dollari ogni anno, destinate alla formazione di tecnici ed ingegneri: gli esperti, provenienti dalle zone più disagiate, avranno il compito di ritornare in patria e sviluppare infrastrutture digitali avanzate.
Gli americani di Cisco apriranno invece numerose scuole d’informatica per donne in Africa e nella regione mediorientale. Un’iniziativa accolta con molto entusiasmo da Mayassa bin Al Thani, figlia dell’Emiro di Doha: “L’accesso all’educazione tecnologica è fondamentale ed è il motore d’avviamento per raggiungere sviluppo culturale e sociale, attraverso la nascita di sistemi di comunicazione moderni che promuovano la partecipazione di tutte le persone”.
Tommaso Lombardi